Wednesday, March 27, 2024

Ponti Strallati "Schemi statici" CNI

Stretto di Messina

Progetto TIPO

Cassoni mare tipo Cofferdam

Rescissione del Giudicato o incidente di esecuzione DIRITTO

Rescissione del Giudicato

Rescissione del Giudicato

La rescissione del giudicato: esegesi di una norma imperfetta (di Gianrico Ranaldi) > La rescissione del giudicato è un istituto di nuovo conio, introdotto dall’art. 11 l. 28 aprile 2014, n. 67, in funzione oggettivamente complementare rispetto ai nuovi “meccanismi” del procedimento in absentia. L’art. 625-ter c.p.p., che ne costituisce la matrice ed è disposizione contenutisticamente essenziale, lascia irrisolte alcune questioni problematiche che, seppur implicitamente, pone: modulo procedurale, rimedi esperibili contro il diniego, conseguenze rispetto all’azione risarcitoria che sia stata eventualmente esperita. Ad ogni modo, la rescissione ex art. 625-ter c.p.p., introduce un ulteriore tassello verso la compiuta apertura del giudicato. Procedimento in absentia LA RESCISSIONE DEL GIUDICATO NEL NUOVO “SCENARIO” DEL PROCESSO PENALE L’istituto della rescissione del giudicato, previsto dall’art. 625-ter c.p.p., è stato inserito nel codice di rito dall’art. 11, comma 5, della l. 28 aprile 2014, n. 67, rubricata «Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili» [1]. Segnatamente, la rescissione del giudicato funge da complemento imprescindibile della rinnovata fisiologia disciplinare del procedimento in absentia – che tende ad assicurare l’effettività delle situazioni giuridiche processuali attive, invece che il rispetto, per così dire, solo “in apparenza” delle garanzie partecipative al giudizio [2]– introducendo una ulteriore ipotesi di apertura del giudicato [3], la cui “concretizzazione” pone il condannato, ovvero il sottoposto a misura di sicurezza, con sentenza passata in giudicato, nella condizione di esercitare il diritto di difendersi provando, optando, se del caso, per l’ac­cesso ad un procedimento semplificato [4]. Ad ogni modo, la scarna enunciazione normativa ed il carattere inedito dell’istituto impongono il tentativo di chiarirne presupposti, formalità, modalità applicative ed effetti decisori, tra l’altro, a “margine” di un “autorevole” pronuncia della Suprema Corte [5], che vale quale efficace strumento per la definizione dei confini operativi dell’istituto. L’ART. 625-TER C.P.P.: CAPISALDI DI UN ISTITUTO DI NUOVO CONIO I capisaldi della rescissione del giudicato corrispondono con le questioni che l’art. 625-ter c.p.p. affronta e risolve: impugnabilità oggettiva e soggettiva [6], termine da osservare e regole modali “minime” per l’utile esperimento dello specifico rimedio giuridico processuale, oggetto della prova e, quindi, descrizione della “materia del contendere” nel giudizio da celebrarsi dinanzi alla Corte di cassazione. Sotto il primo profilo, sono legittimati all’introduzione del rimedio il condannato ed il sottoposto a misura di sicurezza nei cui confronti si è proceduto in assenza per tutta la durata del processo, qualora la sentenza sia passata in giudicato; per conseguenza, la rescissione può essere chiesta rispetto ad una sentenza pronunciata in giudizio contro la quale non sia ammessa impugnazione diversa dalla revisione (art. 648 c.p.p.). Sennonché, ad onta dei toni della disposizione – che fa riferimento genericamente al condannato o al sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato che sia rimasto assente per tutta la durata del processo – non è a discutersi che [continua..]

Cartabia

Friday, March 22, 2024

Eccidio di Rovetta

Progettazione impianti all'interno dell'Urbano ne parla il Prof. Solari

Pubblichiamo il parere del Dipartimento competenze e compensi del CNAPPC Consiglio nazionale degli architetti, in risposta a un quesito dell’Ordine di Milano in merito alle competenze degli architetti nella progettazione degli impianti fotovoltaici. Il discorso del presidente parte dalla normativa relativa (D.M. 22.1.2008 n. 37) che non precisa quale figura professionale debba redigere il progetto dell’impianto e rinvia alla disciplina degli Albi e alla giurisprudenza. La conclusione cui giunge la precisa argomentazione : sia in base alla giurisprudenza ordinaria che a quella amministrativa, l’architetto ha piena competenza nella materia impiantistica entro l’ambito urbano, per esempio un impianto di pubblica illuminazione o reti di adduzione e scarico e in genere di urbanizzazione come la stessa viabilità. Ma leggiamo interamente l’interessante excursus sulla normativa e sulla giurisprudenza. “Con riferimento al quesito posto con la nota in oggetto (Rif. Vs. mail del 6 novembre 2012, prot, n. 1 2 1115, ndr) appare utile evidenziare che, fermo restando quanto sancito con gli artt. 51 e 52 del R.D. 23 ottobre 1925, n. 2537, la materia specificamente relativa al quesito è trattata dal D.M. 22.1.2008 n. 37 (Regolamento in materia di attività di installazione di impianti all’interno degli edifici), ove l’art. 5 così recita: “Il progetto per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento [degli impianti] è redatto da un professionista iscritto agli albi professionali secondo le specifiche competenze tecniche richieste”.
La norma, tuttavia, non precisa quali siano le figure professionali competenti a redigere progettazioni impiantistiche rinviando, di conseguenza, alla disciplina degli albi professionali ed a tutta la relativa e copiosa produzione giurisprudenziale in materia. Secondo taluna giurisprudenza amministrativa, solo le opere di impiantistica “strettamente connesse con singoli fabbricati” parrebbero rientrare nella competenza professionale dell’architetto. Tale orientamento si affermerebbe nel caso in cui non si potesse accedere a un’interpretazione più ampia della nozione di “edilizia civile” di cui al R.D. n. 2357 del 1925, riferibile non solo alla mera realizzazione di edifici bensì anche ad altri generi di impianti e di opere risultando tale restrittiva interpretazione incompatibile con la norma transitoria contenuta nell’art . 54, comma 3, R.D. n. 2537 del 1925, (cfr. Cons. Stato , sez. III , parere 11 dicembre 1984, n. 1538; IV sez., 19 febbraio 1990, n. 92; sez. V, 6 aprile 1998, n. 416; IV sez. 22 maggio 2000, n. 2938 e 12 settembre 2000, n. 4808). Il Consiglio di Stato, poi, con l’ordinanza n. 20 dell’8 gennaio 2002, nel ritenere illegittima la clausola di un bando relativo all’affidamento di un incarico di progettazione di opere di edilizia civile che avrebbe escluso dalla partecipazione gli architetti, ha evidenziato un ulteriore aspetto sulle competenze impiantistiche degli architetti, affermando che: ”pur non potendosi addivenire, sulla base della normati va vigente, ad una sostanziale equiparazione del titolo di laurea in architettura con quello in ingegneria (più spiccatamente caratterizzato quest’ultimo in senso tecnico scientifico), deve accedersi ad una interpretazione della nozione di edilizia civile sufficientemente estesa, che non si limiti pertanto l’opera di progettazione dell’illuminazione viaria pubblica in ambito comunale ad un fenomeno di mera applicazione di energia elettrica, potendo essa invece costituire un efficace mezzo di valorizzazione dei singoli fabbricati e del complessivo patrimonio edilizio comunale”. La giurisprudenza ordinaria, di contro, adotta un’interpretazione univoca in materia di impianti affini o connessi a progetti di opere edilizie con affermazione di una competenza degli architetti nel merito. Secondo la Suprema Corte di Cassazione, infatti, la tesi In base alla quale “la progettazione di un impianto di illuminazione non può essere ricompresa fra le attività consentite all’architetto … è infondata: anzitutto deve rilevarsi l’insussistenza nella normativa di un divieto di tal genere” ed ancora “se sussiste una competenza professionale dell’ingegnere per i progetti di impianti di illuminazione elettrica , evidentemente, con riferimento al citato art. 52 primo comma, ritenendo tali progetti affini o comunque connessi a quelli relativi alle opere di edilizia civile, alle stesse conclusioni deve giungersi per l’architetto, attesa la completa equiparazione che l’articolo suddetto prevede tra le due professioni per le materie ivi indicate” (Cass. Civ. Sez. II 29.3 .2000 n. 3814; Casso Civ. Sez. II 5.11.1992 n. 11994; V. anche Corte d’Appello Milano 22.8.2000 n. 2154). Detto orientamento conduce a presupporre che almeno tale genere di impiantistica possa essere ricompresa nella nozione di “opere di edilizia civile” di cui all’art. 52, co. I. Si può, quindi, asserire che la progettazione di un impianto di illuminazione pubblica sul territorio comunale rientra nelle competenze professionali dell’architetto (cfr. altresì Cass. Civ., II sez., 5 novembre 1992, n. 11994) delineando, in tal modo, un orientamento che inizia a trovare accoglimento presso taluni tribunali amministrativi regionali (T.A.R. Basilicata Potenza, 03 aprile 2006 , n. 161, per un caso di progettazione dell’illuminazione di un campo di calcio). Da ultimo la giurisprudenza amministrativa ha ulteriormente chiarito la questione precisando, con la decisione del Consiglio di Stato, IV Sezione, n. 48 66/2009, ancora una volta, la competenza degli architetti nella progettazione di impianti all’interno di edifici e, quindi, a servizio di essi atteso che la sentenza, partendo dalla lettura dell’art .s z del R.D. 2537/ 1925, testualmente afferma: “Sono quindi esclusivo appannaggio della professione di ingegnere solo le opere di carattere più marcatamente tecnico scientifico (ad esempio le opere di ingegneria idraulica di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale, )”; “…il concetto di edilizia civile, viene interpretato estensivamente, facendovi ricadere le realizzazioni tecniche anche di carattere accessorio che vengono collegate al fabbricato mediante l’esecuzione delle necessarie opere murarie…”. Si tratta di una tendenza interpretativa che la Sezione del Consiglio di Stato ritiene di condividere e fare propria, perché consona ad una lettura aggiornata e coerente della norma, che privilegi il momento unitario della costruzione dell’opera di edilizia civile, senza artificiose frammentazioni, e che tenga conto sia della trasformazione dei sistemi produttivi che dell’evoluzione tecnologica, anche nelle applicazioni civili. Nel caso di specie, si può affermare che il concetto di “opere di edilizia civile” debba essere esteso oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici riguardanti il fabbricato e, quindi, non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento ed elettrici compresi nell’edificazione. In conclusione, quindi, in ossequio alle disposizioni di legge sopraindividuate e a quant’altro argomentato, non si può che ritenere valido quanto espresso nella materia sia dalla giurisprudenza ordinaria che da quella amministrativa quando affermano la piena competenza dell’architetto nella materia impiantistica entro l’ambito urbano (ad esempio un impianto di pubblica illuminazione o reti di adduzione e scarico e in genere di urbanizzazione come la stessa viabilità). Preme solo aggiungere che il V Conto Energia (D.M. 5 luglio 2012) individua l’impianto fotovoltaico integrato con caratteristiche innovative ovvero un impianto costituito da moduli non convenzionali e componenti speciali concepiti per sostituire o integrare elementi architettonici preesistenti. Appare di tutta evidenza come per simili realizzazioni l’architetto assuma un ruolo fondamentale avendo la formazione giusta per affrontare e risolvere, positivamente, la progettazione del fotovoltaico integrato negli edifici, con adozione di moduli che, mentre generano energia elettrica, integrano e sostituiscono elementi caratterizzanti la stessa facies architettonica e decorativa delle fabbriche oggetto di tali interventi”.

Dimensionamento impianto Fotovoltaico

Monday, March 18, 2024

Quadro Elettrico Sezionatore Generale

Quadro elettrico

Il tuo Inglese

Cavallo Vapore

Cavallo vapore, cos’è, come si calcola e perché si chiama così l’unità di misura della potenza Il cavallo vapore è un’unità di misura della potenza e corrisponde alla potenza media fornita da un cavallo da tiro. Cavallo vapore, cos’è, come si calcola e perché si chiama così l’unità di misura della potenza Il cavallo vapore, con simbolo CV, è una delle unità di misura che definiscono la potenza di un sistema. Anche se non è l’unità di misura ufficiale proposta dal sistema internazionale (cioè il watt), ricopre ancora un ruolo centrale soprattutto per quanto riguarda l’industria dei trasporti. Ma perché si chiama cavallo vapore? Equivale davvero alla potenza media di un cavallo? Scopriamolo insieme! Cos'è il cavallo vapore La potenza di un cavallo Cos'è il cavallo vapore Il cavallo vapore è una delle unità di misura della potenza. Questa si definisce come la capacità di compiere un lavoro in un certo lasso di tempo e nel sistema internazionale si misura in watt (W) o con suo multiplo, il kilowatt (kW) Il cavallo motore, o meglio il cavallo motore europeo, definito DIN (da Deutches Institut fur Normung), è quindi un modo alternativo per misurare la potenza ed equivale a circa 735,5 W, ovvero al lavoro necessario per spostare un oggetto di 75 kg ad una velocità di un metro al secondo. Esiste poi il cavallo motore britannico, simboleggiato con HP da horsepower, per identificare una potenza data da 745,3 W. Un HP corrisponde quindi a un valore leggermente più elevato rispetto al cavallo motore europeo. Ma questa unità di misura è davvero nata dal valore di potenza media La potenza di un cavallo Ebbene sì. Proprio James Watt a fine ‘700 stava costruendo dei motori a vapore per rimpiazzare i cavalli, impiegati nei mulini. Per definire il prezzo del motore, si basò sul numero di cavalli necessari per generare la stessa potenza. Stimò una potenza di 33 mila libbre forza con la velocità di un piede al minuto, che battezzò 1 HP, basandosi sulla potenza media che un cavallo poteva fornire durante una giornata intera di lavoro. Ecco perché l'unità di misura si chiama così! I cavalli però sono capaci di generare una potenza massima, o di picco, molto più elevata, di circa 12-15 HP, ma solo per pochi secondi. Già all’epoca i costruttori di mulini sapevano che dovevano far lavorare i cavalli solo al 10% della loro potenza massima, per mantenerli vigorosi e in salute nel tempo. Per generare una potenza giornaliera di 1 HP, il metabolismo di un cavallo aumenta di circa 4 volte rispetto a quello basale, ovvero quello a totale riposo. Questo rapporto, valido per i cavalli, è molto simile a quello di altri vertebrati che svolgono attività con costanza.

ABSOLUTE

Il cantiere nautico Absolute Yachts è diventato interessante nel panorama nautico mondiale. Abbiamo visitato il moderno impianto di Podenzano, dove Absolute gestisce in modo autonomo ogni fase del ciclo di vita delle barche. Ai buoni numeri finanziari dell’azienda fa eco una sofisticata tecnica costruttiva di tutti i loro modelli. Absolute Yachts è uno dei pochi cantieri nautici al mondo che può vantare un bilancio che alla voce indebitamento riporta uno zero tutto tondo. Bisogna partire da questo dato per spiegare la continua ascesa di questa azienda tutta italiana che ha fatto del rigore finanziario la sua forza. La doppia A come rating bancario, 63 milioni di euro di fatturato, un Ebitda del 19,5 per cento e una liquidità di 19 milioni consentono di affrontare i mercati internazionali con la necessaria serenità.
L’aspetto economico finanziario è solo la premessa di una filosofia imprenditoriale basata sulla concretezza e sull’idea di una società solidale. Le persone che lavorano in cantiere sono parte di una grande famiglia dove ognuno è chiamato a dare il proprio contributo con la precisa consapevolezza dell’importanza del ruolo che ricopre. Operai, artigiani, impiegati, progettisti e dirigenti si muovono all’unisono per ottenere il meglio. Sergio Maggi e Angelo Gobbi hanno fondato Absolute con una visione futurista nel fare industria nautica, valorizzando la loro lunga esperienza nel settore. La grande svolta è arrivata con l’ingresso nella società di Patrizia Gobbi, Paola Carini, Giuseppe Bertocci e Angelo Gobbi che ne ha assunto la presidenza. I soci lavorano tutti nell’azienda, ognuno di loro si occupa di un aspetto specifico senza risparmio di energia fisica e intellettuale. I risultati sono immediatezza e condivisione a tutti i livelli, la consapevolezza degli obiettivi e dei metodi stabiliti per raggiungerli, la soddisfazione di lavorare in una squadra coesa. In un clima di questo tipo è naturale trovare elementi materiali e immateriali di gratificazione sia individuale che collettivi. Negli ultimi dieci anni è diventata un’azienda con circa 90 imbarcazioni prodotte all’anno suddivise in quattro linee da 40 a 73 piedi, Flybridge, Sport Line, Sport Yacht e Navetta (l’ultima nata è Navetta 48). Grazie a 40 dealer, il marchio è distribuito in 20 paesi nel mondo. Abbiamo avuto il piacere di visitare gli stabilimenti esattamente dieci anni dopo la costruzione del nuovo cantiere. Già allora ci sembrava figlio di una visione innovativa grazie a scelte che facevano intuire un percorso industriale votato alla qualità, sia del sito sia delle persone che vi operano. La barca è un prodotto che richiede una grande quantità di lavoro manuale, eseguito da mani esperte, il processo industriale deve tenere conto di questo aspetto e per avere un risultato ottimale, sia dal punto di vista della qualità sia da quello della competitività economica, deve esserci un valido progetto di fondo. A Podenzano abbiamo avuto la bella sensazione di trovarci in un’industria vera dove tutto è pensato nei minimi dettagli per ottenere il meglio da ogni azione. Negli ultimi dieci anni sono stati raddoppiati il magazzino verticale robotizzato e i sistemi di ventilazione del reparto laminazione; è stato messo in opera un sistema di alimentazione automatico della resina, è stato realizzato un nuovo centro di lavoro a controllo numerico per la falegnameria e il sistema di stoccaggio e movimentazione automatica del legno compensato. Absolute Yachts gestisce in modo autonomo ogni fase del ciclo di vita delle barche: concept, design, ingegnerizzazione, modellazione, realizzazione stampi e attrezzaggio della produzione, laminazione e assemblaggio strutturale, allestimento impianti e arredi, collaudi, logistica di consegna e messa in servizio. La superficie coperta destinata alla produzione è di 30 mila metri quadrati in un’area complessiva di 58 mila. «Vogliamo far comprendere chi siamo e dove stiamo andando, il mondo nautico è cambiato. La nostra azienda, nel momento in cui c’è stato bisogno di fare sacrifici, ha compiuto quello che probabilmente nessun altro imprenditore della nautica ha prospettato, sono state investite ulteriori risorse economiche, oliato nuovamente e riordinato la macchina». Anche nei momenti di picco della crisi finanziaria mondiale, nella quale il consumo di beni di lusso si è ridotto notevolmente, l’azienda ha retto: «Ci siamo adattati, abbiamo cambiato modelli e diversificato i Paesi dove distribuire le nostre barche. Nel 2013 c’è stata una ripresa del volume d’affari, abbiamo conquistato nuovi mercati permettendo al fatturato una crescita costante, oggi nella nostra sede operano 240 persone che realizzano circa 90 imbarcazioni all’anno».

Saturday, March 16, 2024

Conferenza stampa Ponte Stretto di Messina

Sorgel perché chiudere lo Stretto di Gibilterra

Herman Sorgel è un architetto e filosofo tedesco nato il 2 aprile 1885 a Ratisbona, ideatore di un utopico e megalomane progetto, presentato nel 1927, quindi in un periodo in bilico tra la grande fiducia nel progresso ingegnerista e i primi segnali della Grande Depressione, detta anche crisi del 29′ o crollo di Wall Street, la grave crisi economica e finanziaria che sconvolse l’economia mondiale alla fine degli anni 20′ dello scorso secolo. E’ difficile tracciare un tratto omogeneo dell’andamento economico degli anni 20′, dato che esso era
determinato dalle condizioni specifiche in cui ciascun Paese uscito dalla Prima Guerra Mondiale, versava, ma vi erano alcuni tratti comuni: la perdita di risorse, la necessità di ricostruirle, di riconvertire l’industria bellica, la difficoltà nel riaprire i canali commerciali internazionali, la differenza sociale interna tra chi aveva approfittato delle speculazioni belliche e chi, al contrario, vedeva perdere il valore del proprio reddito reale.

Ipotesi di Ponte a tre Campate stretto di Messina

Torna all’attenzione del Mit la possibilità di riconsiderare la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. Un’opera necessaria? Onerosa? Il ministro Paola De Micheli durante il question time al Senato dichiara che è in corso un “approfondimento” che “richiede un’attenta valutazione delle problematiche tecnico-costruttive, delle ricadute occupazionali, ambientali e trasportistiche e, più in generale, degli esiti di una puntuale analisi costi/benefici. A questo seguirà una compiuta verifica e valutazione dell’opera da parte di tutte le forze politiche e dei territori interessati” (Fonte: La Gazzetta del Sud). A questo link, trovi gli ultimi sviluppi del progetto, osteggiato da Legambiente (approfondisci qui). Un progetto confuso C’è molta confusione intorno a questa infrastruttura, a partire dallo stato di progetto raggiunto fino ad arrivare alle aree interessate dell’infrastruttura sullo stretto di Messina. A questo si aggiungono aspetti non trascurabili, ovvero il costo dell’opera e l’effettiva necessità. A questo proposito abbiamo, nuovamente, contattato l’ingegnere Giovanni Saccà attento conoscitore dell’evoluzione progettuale del ponte sullo Stretto di Messina. Ripercorriamo qui di seguito i passi nevralgici legati alla possibile realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. Anche se, alla luce dei recenti avvenimenti, potrebbe prendere corpo l’ipotesi del tunnel subalveo, ovvero:
Il concorso del 1969; La società dello Stretto di Messina ed i finanziamenti erogati; Analisi delle criticità; La convenienza di un attraversamento mediante tunnel. Qui di seguito un’analisi critica preliminare della contestualizzazione dell’infrastruttura e l’ipotesi non troppo remota del tunnel subalveo. 1969 – Concorso Internazionale di idee per il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente La storia che riguarda la progettazione dell’attraversamento stabile dello Stretto parte a fine ‘800 (1870). Tralasciando la lunghissima storia precedente, il principio corrisponde al “Concorso Internazionale di idee per il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente”, bandito il 28 maggio 1969. La finalità del concorso fu quella di affrontare il problema della realizzazione di un collegamento stabile ferroviario a doppio binario e autostradale a sei corsie nel rispetto delle normative dell’epoca (circolare n.384 del Ministero LL.PP. e circ. delle FF.SS.). Nel 1970, in risposta al bando furono presentati 143 tra progetti ed idee. ponte sullo stretto di Messina Figura 1 – Tipologie delle soluzioni di attraversamento stabile premiate (http://www.siciliaintreno.org/, pubblicazione ing. Saccà) Tra i concorrenti non mancarono i più qualificati studi e società di progettazione del mondo, tra cui Musmeci e Nervi. Considerando solo le proposte accettate dalla commissione giudicatrice, furono proposte le seguenti soluzioni: 45 proposte per ponte a una o più campate; 9 proposte per la soluzione “tunnel”; 21 proposte corrispondenti a ponti galleggianti, istmi, dighe o altro. Furono assegnati 12 premi, di cui: 6 primi premi ex aequo di 15 milioni di lire; 6 secondi premi ex aequo di 3 milioni di lire. 1971 – 1985 Nasce la società Stretto di Messina S.p.A. Come naturale prosecuzione dell’iter avviato con il Concorso Internazionale, il 17 dicembre 1971 fu approvata la Legge n. 1158/1971 “Collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia ed il continente”, che dichiarò l’opera di prevalente interesse nazionale. E successivamente, in sede di Parlamento Europeo, l’opera fu considerata di primario interesse per il riequilibrio degli scompensi regionali nell’ambito della CEE. In attuazione della Legge 1158/1971, nel 1981 fu costituita la società concessionaria Stretto di Messina S.p.A. atta a gestire l’attività di progettazione, realizzazione e gestione in esercizio del collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente. Questo dopo aver riesaminato e approfondito tutte le tipologie dei progetti premiati nel 1970. Nel 1985, attraverso un decreto Interministeriale, sono assentite in concessione alla Società Stretto di Messina le attività di: progettazione realizzazione gestione dell’opera per il collegamento stabile tra la Sicilia e il Continente. Conseguentemente Stretto di Messina stipula con Anas e Ferrovie dello Stato una convenzione per regolare la predisposizione dello studio di fattibilità e del progetto di massima dell’infrastruttura. 1988 – Relazione finanziamenti erogati L’11 giugno 1988 il Ministro dei Trasporti Santuz trasmise alla Presidenza la “Relazione sui finanziamenti erogati per lo studio del progetto dell’attraversamento stabile dello stretto di Messina”. Gli studi erano relativi alle tre soluzioni tipologiche originali elaborate dalla Concessionaria Stretto di Messina S.p.A: ponti aerei; gallerie alvee; gallerie subalvee. Tutte le soluzioni studiate dalla Società Stretto di Messina S.p.A. risultavano fattibili però con costi, difficoltà e tempi diversi. In particolare, il ministro Santuz nella sua relazione sottolinea quanto segue: “La ripetuta Consulta estera optò a favore della tipologia aerea, con particolare riguardo ad un ponte sospeso a campata unica, escludendo la soluzione subalvea per motivi sismici, di circolabilità stradale e ferroviaria, per l’abnorme lunghezza degli accessi, per l’elevato costo e tempi di esecuzione, considerando inoltre teoricamente fattibile, ma non valida, la soluzione con gallerie in alveo ancorate sui fondali dello Stretto”. La soluzione consiste in un’opera a cui corrispondono le seguenti caratteristiche: ponte stradale e ferroviario; campata unica avente una lunghezza di 3.300 m. 1997 – Approvazione Csllpp del progetto del 1992 per il Ponte sullo Stretto di Messina Come risulta nella scheda n.65 del Sistema Informativo Legge Opere Strategiche (SILOS) della Camera dei Deputati, nel 1997 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approvò il progetto presentato nel 1992 (voto n.220 del 10 ottobre). Dopo tali decisioni tutti gli studi e le progettazioni della Società Stretto di Messina S.p.A. si concentrarono sul progetto che venne denominato “Ponte sullo stretto di Messina” anziché “Collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia ed il continente”, come previsto dalla legge 1158/1971. 2006 – Contratto tra la società Stretto di Messina S.p.A. e Società Impregilo Il 26 marzo del 2006, a seguito dell’esito di una apposita gara internazionale, fu sottoscritto il contratto tra la Società Stretto di Messina Spa e la Società Impregilo, capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo d’imprese (RTI), per l’affidamento a Contraente generale della progettazione definitiva, esecutiva e della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina e dei suoi collegamenti stradali e ferroviari. Il contratto del valore di 3,9 miliardi di euro prevedeva: dieci mesi per la progettazione definitiva ed esecutiva (scheda n. 65); cinque anni per la realizzazione dell’opera. 2009 – 2013: sorgono problemi ed insolvenze Analizziamo qui di seguito, in modo didascalico, cosa non ha funzionato dopo la firma del contratto.

Tunnel della Manica per parlare di un possibile intervento sotto lo stretto di Messina a parlarne è il Prof. Solari

Il tunnel ferroviario della Manica - inaugurato il 6 maggio 1994 - è un'opera che idealmente doveva unire l'Europa alla sua isola principale, la Gran Bretagna, anche se la Brexit ha poi mortificato questa valenza. E' chiamato in inglese Channel Tunnel, in francese Tunnel sous la Manche, in italiano Eurotunnel anche se questo è il nome della società concessionaria della sua gestione fino al 2086. La American Society of Civil Engineers (società americana degli ingegneri civili) ha dichiarato il tunnel una delle «sette meraviglie del mondo moderno». Lungo 50 km, di cui 39 sotto il mare, che unisce Folkestone nel Kent a Coquelles, vicino a Calais, passando sul fondo del Canale della Manica, è collocato alla profondità media di 45 metri sotto il fondale marino. È il tunnel con la parte sottomarina più lunga al mondo e, nella sua lunghezza complessiva, è secondo solo al tunnel Seikan in Giappone, che corre in buona parte sotto montagne. Il tunnel della Manica invece per circa 39 chilometri è sotto il mare, contro 23 del Seikan. L'attraversamento dura circa 20 minuti; una corsa su un treno-navetta ne dura in totale circa 35. I treni Eurostar attraversano il tunnel a velocità inferiori alle loro possibilità tecniche, per adeguarsi alla velocità dei treni-navetta. Offre tre servizi principali su rotaia: un treno-navetta per gli autoveicoli, il servizio passeggeri Eurostar tra Londra, Parigi e Bruxelles e il trasporto merci. L'intera opera consiste in tre gallerie parallele. Due sono gallerie ferroviarie di 7,6 metri di diametro distanziate circa 30 metri al centro vi è la galleria di servizio che ha il doppio scopo di fornire accesso agli operai addetti alla manutenzione e di fornire una via di fuga sicura in caso di emergenza, come l'incendio che nel 2008 ha provocato quattordici feriti di cui sei intossicati, mentre gli altri otto hanno riportato ferite lievi dovute allo scoppio di vetri. I due tunnel ferroviari sono inoltre collegati direttamente ogni 250 metri da condotti per lo sfogo della pressione cioè per alleviare l'«effetto pistone» dovuto alla compressione dell'aria provocata dal transito del treno in corsa. L'idea del collegamento tra le sponde della Manica ha origini remote, con studi già prodotti all'inizio del secolo scorso. Nel 1957 viene costituito il Tunnel sous la Manche Study Group, che tre anni dopo suggerisce la realizzazione di due tunnel ferroviari principali ed una galleria di servizio. Il progetto viene avviato nel 1973, ma si interrompe due anni dopo per problemi finanziari dopo aver realizzato 250 metri di un tunnel di prova. L'idea è stata rilanciata nel 1984 dai governi francese e britannico, che aprono una gara d'appalto tra società private. Sono quattro le proposte che giungono: due tunnel ferroviari, un tunnel automobilistico ed un ponte. Dei quattro progetti, viene scelto quello più simile alla proposta del 1973; l'annuncio viene dato il 20 gennaio 1986 ed i due governi siglano un trattato in proposito, il Fixed Link Treaty a Canterbury il 12 febbraio successivo. Trattato che verrà ratificato nel 1987. Gli scavi dei tunnel ferroviari si congiungono il 22 maggio ed il 28 giugno 1991, ogni incontro è accompagnato da una cerimonia di festeggiamento. Di ogni coppia di «talpe» che si sono incontrate, quella francese viene smantellata, quella inglese invece viene indirizzata a scavare verso il lato esterno e murata sul posto. Sul lato inglese sono stati rimossi 4 milioni di metri cubi di roccia calcarea, la maggior parte dei quali scaricati sotto la Shakespeare Cliff vicino a Folkestone, strappando al mare una superficie di circa 36 ettari oggi chiamata Samphire Hoe e destinata a parco pubblico. Gli scavi finirono 7 mesi dopo e contemporaneamente terminarono le 2 gallerie ferroviarie a Folkestone in Inghilterra e a Calais in Francia. Il 6 maggio 1994 ci fu l'inaugurazione dell'Euro Tunnel con la presenza della Regina Elisabetta II e il presidente francese Francois Mitterand. Il costo complessivo dell'intera opera è stato di circa 10 miliardi di sterline (11.436.693.301 euro). Il tunnel sta ancora operando in perdita ed il valore delle azioni che hanno finanziato l'opera ha perso il 90% del proprio valore tra il 1989 ed il 1998. La società Eurotunnel ha annunciato una perdita di 1,33 miliardi di sterline nel 2003 e 570 milioni di sterline nel 2004 ed è in costante negoziato con i creditori. A propria difesa Eurotunnel cita un traffico insufficiente (solo il 38% dei passeggeri ed il 24% delle merci previste in fase di progetto) e un gravoso carico di interessi sul debito. Parte dell'insuccesso commerciale dell'operazione sembra essere causato dalle eccessive tariffe di transito. Il tunnel è gestito dalla società Eurotunnel (Eurotunnel plc in Inghilterra, Eurotunnel SA in Francia).

Friday, March 15, 2024

Ponte sullo Stretto di Messina

Prospettiva impalcato
“La necessità ormai evidente di andare oltre il Mediterraneo induce ad una prospettiva epocale apparentemente visionaria. Se è vero come nessuno può negare che l’Italia è il molo naturale verso il Mediterraneo, ad una visione strategica che interessa già l’oggi (e siamo già notevolmente in ritardo) ma soprattutto le prossime generazioni, non può negarsi che sia l’Africa il vero futuro dell’Europa! Ed è ovvio che da questo come da molti altri punti di vista, in questa prospettiva geopolitica è l’Italia a giocare il ruolo principale utilizzando quel “ponte liquido” che è il Mediterraneo, come è stato nel passato più o meno recente e com’è oggi ancor più pregnante visto anche il raddoppio del Canale di Suez“.
15 Aprile 1947: Jackie Robinson Infrange la Barriera Del Colore Sono queste le parole del Prof. Ing. Enzo Siviero, Rettore dell’Università eCAMPUS, Bridge Builder, nel corso del suo intervento dal titolo “Ponti mediterranei“. Siviero è intervenuto ad un convegno dell’Istituto Italiano di Navigazione, “Trasporti, Infrastrutture, Logistica di un Paese diviso a Metà“. Le torri di perforazione sono alte di media 300 mt e possono posizionarsi in posizioni particolari sui fondali meno profondi sullo stretto di Messina; al convegno è intervenuto il Prof. Solari. Ponte sullo Stretto e Mare Nostrum
“Non a caso Turchia (e lo stesso Egitto) unitamente a Russia e Cina stanno pressoché spadroneggiando nel Mare (non più) Nostrum approfittando di un’Europa intrinsecamente debole, incapace di una politica unitaria visti gli interessi contrastanti di taluni, non pochi, suoi membri – prosegue Siviero -. Ebbene il Sud è indiscutibilmente il vero trampolino di lancio verso l’Africa, così come l’Africa si proietterà verso l’Europa tramite il Mezzogiorno. In una prospettiva geostrategica gli investimenti al sud sono vieppiù necessari certamente per lo stesso sud ma anche e soprattutto per il nord che avrebbe tutto da guadagnare per la propria vocazione oggi mutata dovendo guardare a sud sia per le proprie esportazioni verso il nuovo immenso mercato africano sia per ricevere e far transitare le merci verso il centro e il nord Europa anziché come avviene oggi riceverle dai porti tedeschi e olandesi ben attrezzati per accogliere le navi in transito nel Mediterraneo”. “Altro che Marco Polo o Matteo Ricci!” “Ma vi è di più in una visione ancora più ampia, guardando a Est con le vie della seta (ONE BELT ONE ROAD) la Cina approda al Pireo con la prospettiva di raggiungere tramite i Balcani, e nuove infrastrutture ferroviarie ormai in esecuzione, il centro Europa . E così l’Italia (non solo il Sud) resterà tagliata fuori – chiosa l’ingegnere –. Altro che Marco Polo o Matteo Ricci!“.
“Immaginando anche collegamenti stabilì Tunisia Sicilia (TUNeIT) e Puglia Albania GRALBeIT) che da oltre un decennio vengono proposti da chi scrive senza alcun riscontro da parte di chi ci governa, l’ingegneria visionaria (ma non troppo…) che ha fatto la storia del progresso, il Sud e l’Italia stessa sarebbero la cerniera tra tre continenti Africa Europa Asia. Ovvero una eccezionale piattaforma logistica ben più importante a livello globale, andando oltre il Mediterraneo”, prosegue l’esperto. Il Ponte sullo Stretto, tassello fondamentale
“È chiaro quindi che con questi presupposti il Ponte sullo Stretto di Messina sarebbe un piccolo ma fondamentale tassello di un disegno più complesso (indiscutibilmente praticabile purché lo si voglia…) capace di dare prospettive concrete per i nostri giovani (soprattutto del sud) perché restino a costruire il proprio futuro a partire dai loro luoghi di origine. Da questo punto di vista (e non solo…) il ponte sullo stretto di Messina, da me denominato ponte mediterraneo, va visto come asset strategico per l’Italia che guarda al Mediterraneo“.

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