Saturday, October 30, 2021

INC. esecuzione

Una lettura estensiva degli artt. 669-676 c.p.p. o di altre disposizioni comunque fondanti un intervento sul titolo esecutivo – si pensi, in particolare, alle previ- sioni “sostanziali” ex art. 2 c.p. e 30 co. 4 l. 11 marzo 1953, n. 87, quand’anche non dotate di uno specifico “canale processuale” di recepimento –, ma pure – in termini ben più dirompenti – “sconfessando” esplicitamente il carattere tas- sativo degli interventi post-iudicatum2. Noti, e indubbiamente meritevoli, gli obiettivi perseguiti da questo orienta- mento, che, per quanto qui più strettamente interessa, possono riassumersi nell’esigenza di non lasciare mai senza rimedio l’illegalità–latosensuintesa3 – della condanna o del trattamento sanzionatorio, seppure "cristallizzati dalla res iudicata4." Dirompenti, però, gli effetti che ne sono derivati, da un lato, sul prin- cipio di stretta legalità processuale – oggi costituzionalmente sancito dall’art. 111 co. 1 Cost.5 –, dall’altro, nei rapporti fra il giudizio di cognizione e quello di esecuzione: sotto questo secondo profilo è “esploso”, in particolare, il pro - blema dei limiti che il giudicato, nella componente accertativa, possa ancora opporre al giudice dell’esecuzione, ad evitare che il controllo in executivis, con un’ulteriore confusione di piani, sconfini in una forma di impugnazione straor- dinaria6. Se, infatti, quanto alle attribuzioni conferite a tale giudice dalla legge detti limiti sono positivamente delineati – si pensi all’art. 671 c.p.p., che per- mette l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato conti- nuato in quanto «non sia stata esclusa dal giudice della cognizione» –, nei “nuovi terreni” di intervento in executivis è ancora il diritto pretorio a tracciarli, ciò che sta conducendo ad intollerabili disparità di trattamento. «La strada era tracciata e il cammino successivo» – verso spazi sempre più ampi di ineseguibilità del giudi- cato – «ovviamente conseguente». 2 Ribadiscono invece con forza tale carattere, da ultimo, BONTEMPELLI, La resistenza del giudicato alla violazione del principio di legalità penale, in Rev. bras. der. proc. pen., 2018, n. 4, 1059 s.; CENTORAME, La cognizione penale in fase esecutiva, Torino, 2018, 77. 3 Cioè ascrivibile tanto ad una macroscopica “svista” del giudice di cognizione,quanto ad evenienze,suc- cessive al giudicato, che la legge non individui espressemente come fondanti un intervento “revocatorio”, quali la dichiarazione di incostituzionalità di una norma incidente sul trattamento sanzionatorio o l’emer- sione, per effetto della giurisprudenza delle Corti europee, dell’incompatibilità della condanna o della pena rispetto ad un precetto convenzionale o “comunitario”. 4 Per un'analisi generale del fenomeno cfr., fra gli altri, F. GAITO, La riapertura del processo, in questa rivista, 2017, 956 ss. 5 Sul tema, in termini particolarmente critici, CAPRIOLI, Il giudice e la legge processuale: il paradigma rovesciato, in Ind. pen., 2017, n. 3 (Appendice), 967; NEGRI, Splendori e miserie della legalità proces- suale, in questa rivista (stampa), 2017, n. 2, 440 s. 6 Sottolinea questo pericolo,fraglialtri,F.CENTORAME,La cognizione,cit.,77ss. 2 ARCHIVIO PENALE 2019, n. 3 Date queste premesse, ci si propone, una volta sinteticamente evidenziate le singole “direttrici” dell’espansione pretoria della giurisdizione esecutiva, di for- mulare qualche indicazione di “riordino”, nell’auspicio di un intervento legisla- tivo che, salvando quanto di buono il diritto vivente ha suggerito, riconduca ambiti di intervento e procedure della predetta giurisdizione alla legalità pro- cessuale costituzionalmente sancita, ciò che è tanto più necessario quando – come nel caso di specie – si tratti di superare il giudicato. 2. Giudice dell’esecuzione e pena costituzionalmente e/o convenzionalmente illegale. Un primo ampliamento degli spazi della giurisdizione esecutiva si regi- stra sul fronte della c.d. pena illegale: alla potestà, tradizionalmente riconosciuta al giudice dell’esecuzione e di cui può trovarsi fondamento positivo nell’art. 670 c.p.p., di dichiarare in tutto o in parte inesistente il titolo esecutivo recante una sanzione non prevista dalla legge o eccedente i limiti legali – purché l’ille- galità sia frutto di una mera svista, non di un errore valutativo, del giudice di cognizione –7, si è da alcuni anni “aggiunto” il potere del primo giudice di ride- terminare la pena a seguito della declaratoria di incostituzionalità di norme in- cidenti sul trattamento sanzionatorio 8, o in adeguamento a una decisione della Corte di Strasburgo accertativa dell’illegalità convenzionale della pena stessa9. Sotto il primo profilo, l’ormai pacifico orientamento della giurisprudenza ordi- naria e costituzionale è in sè condivisibile, alla sola condizione che se ne indi- viduino i corretti fondamenti normativi. In difetto di indicazioni legislative ad hoc, significative difficoltà si registrano, però, in ordine agli strumenti, ai confini ed agli effetti dell’operazione di ricalcolo della pena “incostituzionale”.

Regola di Cramer

Friday, October 29, 2021

La Bolletta

Network Marketing

Francesco De POLI

“Il nostro – spiega Greco – è un progetto rivoluzionario, destinato a stravolgere il mercato dell’energia, ribaltando le classiche logiche che vedono un fornitore che emette la bolletta e un utente finale che paga passivamente e molto spesso non ha alcuna voce in capitolo”. “L’energia, da sempre, è vista come una fastidiosa tassa da pagare, alla quale adesso si è aggiunto anche il Canone Rai in bolletta che non fa che peggiorare il rapporto tra fornitore e consumatore – continua Greco. La nostra azienda, però, si differenzia da tutti gli altri player perché ha scelto di condividere gli utili con i propri partner. Quindi la prima fondamentale differenza è che noi non abbiamo clienti, abbiamo partner, con i quali condividiamo i nostri utili, e offriamo a chiunque la possibilità di ridurre sensibilmente o addirittura azzerare le bollette energetiche e il Canone Rai. Sono già migliaia i nostri ‘clienti’ che ricevono fatture con 0 euro da pagare, grazie all’Union Sharing Bonus; e saranno sempre di più, perché non esiste un solo motivo valido per non entrare a far parte di Union Energia”. Entrando di più nel dettaglio, Greco spiega che “Union Energia è un provider che ha deciso di tagliare tutta la filiera tradizionale dell’energia, interfacciandosi direttamente con l’utente finale, senza intermediari. Questo fa sì che, le quote che Union Energia avrebbe dovuto riversare alla filiera di agenzie, con i vari agenti e sub agenti, vengono condivise direttamente con gli utenti finali sia sotto forma di fisso che di ricorrente mensile. E non finisce qui. Come azienda che vanta una crescita esponenziale non potevamo permetterci di spingere alla condivisione di un qualcosa di nocivo. Per questo motivo Union Energia vende solo energia verde proveniente da fonti rinnovabili e certificata all’origine”. “In ultimo, ma non per importanza, in Union Energia la trasparenza in bolletta è totale sin da subito, e viene specificato nel dettaglio ogni singolo costo. Con questo sistema in maniera semplice, concreta e anche molto rapida, chiunque può ridurre o azzerare le proprie bollette energetiche ma addirittura anche le spese fisse di sistema e le tasse, cosa che nessun altro gestore in Italia è in grado di fare”, continua. Inoltre, “I nostri ‘clienti’ sono i nostri agenti. Chiunque lo desideri può entrare in fornitura da Union Energia per avere energia verde e può scegliere di condividere il messaggio con la propria cerchia di amici e parenti al fine di azzerare la propria bolletta. Se lo desidera, però, senza alcun limite minimo, senza alcun investimento, può sottoscrivere il mandato e iniziare a guadagnare una rendita mensile, vitalizia. Se decido di azzerare le mie bollette devo solo spiegare il progetto Union Energia a qualche amico e parente; per ogni amico o parente che entra in Union Energia si ha diritto ad una quota fissa una tantum e ad un ricorrente a vita, che è addirittura ereditabile dai figli”. “In questo modo, quella che nell’immaginario collettivo è vista come una fastidiosa tassa da pagare diventa un’incredibile opportunità di carriera, opportunità che hanno già colto oltre 5 mila persone”, spiega ancora. “Union Energia non regala energia. Union Energia ha scelto di destinare il costo commerciale che avrebbe dovuto sostenere per mantenere una filiera tradizionale, agli utilizzatori finali. In ogni bolletta, di qualsiasi fornitore, sono inseriti dei costi amministrativi grazie ai quali le aziende sostengono la propria struttura. Union Energia ha scelto di essere totalmente trasparente e spiegare sin dal primo giorno quali sono questi costi, ma soprattutto, avendo automatizzato ed informatizzato tutti i processi, può permettersi di redistribuire questo margine alla sua community”, tiene a precisare Greco, che parla con entusiasmo anche dei già 5 mila agenti già al lavoro: “Non è corretto nemmeno definirli agenti. Sono 5 mila fan del progetto, che oltre entrare in fornitura hanno deciso di sottoscrivere il mandato e molti di loro, dopo la felicità della bolletta a zero, stanno sperimentando quella del conto corrente che cresce, il tutto lavorando in SmartWorking”. “Questo ci rende doppiamente orgogliosi perché, oltre a veder crescere il nostro progetto, stiamo dando un’opportunità di guadagno a molte persone, in un momento storico particolare nel quale la situazione lavorativa è drammatica con la disoccupazione a doppia cifra”, conclude Greco. (red.)

Energia

La filiera dell'energia elettrica si caratterizza di varie fasi, inizia con il processo di produzione della materia prima, che successivamente viene trasportata e poi distribuita fino a raggiungere le nostre case. Prima della liberalizzazione del mercato, la filiera produttiva era gestita totalmente da Enel (in veste di monopolista statale di settore) e suddivisa in tre momenti: Generazione; Trasmissione/Dispacciamento; Distribuzione Misura e Vendita. Dopo il processo di liberalizzazione del Mercato (avviato alla fine degli anni '90 con il noto Decreto Bersani) alle tre suddette fasi se né sono affiancate altre due relative alla vendita all'ingrosso e la vendita al dettaglio. La legge, tra le diverse novità, ha imposto alle aziende di non possedere (in maniera né diretta né indiretta tramite aziende consociate) più del 50% della produzione totale, favorendo l'ingresso nel mercato libero di nuovi operatori focalizzati principalmente nella vendita di energia in grandi quantità (a rivenditori, industrie, altre attività) e in piccoli lotti (verso i consumatori finali). Inoltre, con la separazione della filiera è stato necessario stabilire una pianificazione integrata per l'adeguamento della rete di trasmissione, in precedenza gestita e coordinata, insieme alla capacità di produzione, da un unico soggetto (Enel). L'attività di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica è tuttora concentrata nelle mani di pochi operatori per motivi sia economici sia di sicurezza del sistema elettrico nazionale. In ultimo ma non meno importante, nel decennio successivo al 2000 si è registrato un aumento della capacità di generazione dell'energia grazie al sempre più crescente utilizzo d'impianti di cogenerazione e delle fonti rinnovabili. Questo aumento è stato accelerato anche dalle politiche pubbliche che hanno incentivato questo tipo di soluzioni, come il progressivo sviluppo nella produzione delle auto elettriche e la costruzione di parcheggi intelligenti come avvenuto nella città di Piacenza. La bolletta è troppo alta
Il processo della filiera produttiva dell'energia elettrica è costituita da quattro fasi: Generazione. L'energia elettrica, assente in natura, va generata trasformando in elettricità l’energia ricavata da fonti primarie. In Italia, la produzione maggiore dipende ancora oggi da fonti non rinnovabili (come il petrolio, il gas naturale e il carbone) anche se l'impiego di fonti rinnovabili (energia geotermica, idroelettrica, solare ed eolica) è in continuo aumento. Per soddisfare il fabbisogno energetico italiano, il Paese deve acquistare energia elettrica da altre Nazioni (principalmente Francia e Svizzera). Trasmissione / Dispacciamento. La fase di trasmissione / dispacciamento dell'energia elettrica è affidata a Terna (il gestore della rete di trasmissione nazionale) che a sua volta consegna l'energia alla rete di distribuzione regionale e locale. Terna possiede e gestisce 74.442 km di linee elettriche e 431stazioni di trasformazione e smistamento. Distribuzione. La distribuzione dell'energia elettrica avviene tramite una rete complessa di cavi capaci di trasportare la materia energia fino all’utente finale, attraverso le cabine primarie (che trasformano l’elettricità ad alta tensione in elettricità a media tensione), le cabine secondarie (dalla media tensione alla bassa tensione) e i trasformatori. Le società di distribuzione (i distributori come E-distribuzione) che operano in regime di concessione, gestiscono e mantengono le reti locali dell’energia elettrica a bassa tensione. Metering o Utenze. L'ultima fase della filiera produttiva affidata alle società di vendita che la L'aspetto economico della filiera produttiva dell'energia elettrica Analizzando la filiera dell'energia elettrica da un punto di vista economico (vedi immagine sottostante) siamo in grado di distinguere diverse fasi (tra loro successive) appartenenti a tipologie di mercato diverse (principalmente libero o monopolistico) che incidono sull'attività di vendita all'ingrosso e al dettaglio. Qual è il prezzo per la produzione di energia nella bolletta? L'importo totale della bolletta della luce è suddiviso in varie componenti, ognuna delle quali è a copertura delle diverse attività necessarie al sistema elettrico. Nel dettaglio: Spesa materia prima energia (PE) che comprende il prezzo dell’energia, le perdite di rete, i costi di dispacciamento e altre voci; Spesa per il trasporto e gestione del contatore, l'onere per il trasporto e distribuzione dell'energia sulla rete di trasmissione nazionale, lettura dei contatori e gestione dei dati delle letture; Spesa oneri di sistema, i costi sostenuti da tutti i clienti finali per le attività d'interesse generale del sistema elettrico; Totale imposte e IVA; Altre imposte, spese-extra non sempre presenti come ad esempio spese di attivazione, deposito cauzionale, interessi di mora, ecc. La spesa che sosteniamo per la produzione di elettricità è contenuta all'interno del Prezzo dell'Energia (PE) o spesa per la materia prima. Questo è il costo dovuto al fornitore per l'acquisto della materia prima, ossia l'elettricità. I fornitori nel Mercato libero, possono scegliere liberamente il prezzo dell'energia da proporre ai clienti, mentre nel mercato tutelato le condizioni economiche e contrattuali sono stabilite dall'alto (cioè dall' Stato e dall'ARERA) e uguali tra tutti gli operatori. Come vengono pagati i produttori di energia? I produttori di energia vengono pagati per l'energia che producono e immettono nella rete in due modi diversi: tramite contratti bilaterali, stipulati tra produttore e fornitore, o tramite la borsa elettrica. L'organizzazione della borsa elettrica, attivata nel 2004, è simile a un'asta, nella quale produttori e operatori presentano offerte di vendita e acquisto. Per questo motivo il prezzo dell'energia al cliente finale riflette e segue l'andamento del prezzo di riferimento della borsa: il prezzo unico nazionale. Che cos'è il Portale Produttori di Enel? Il portale produttori di Enel è l'area digitale dedicata ai produttori di energia da fonti rinnovabili che desiderano connettersi (o sono già collegati) alla rete di distribuzione di E-distribuzione, il distributore locale del Gruppo Enel. Come viene prodotta l'energia elettrica in Italia? Il nostro fabbisogno di energia elettrica è soddisfatto in parte dalla produzione nazionale e, per la restante quota, dalle importazioni dall'estero, provenienti in particolare da Francia, Svizzera e Slovenia. Per quanto riguarda la produzione italiana, la maggior parte dell'energia proviene da Qual è stato l'andamento della produzione di energia negli ultimi 5 anni? Nel 2020, anno fortemente influenzato dallo straordinario evento pandemico, la produzione nazionale lorda di energia elettrica in Italia è stata pari a 281,5 TWh, rispetto ai 293,9 TWh del 2019, registrando una contrazione pari al 4,2% rispetto all’anno precedente. Il settore termico è quello che ha subito una maggiore diminuzione, passando da 176.171 a 163.541 GWh (-7,2%). La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è aumentata lievemente, trainata in particolare dall'energia solare cresciuta del 5,3% rispetto al 2019. La domanda di energia sulla rete è stata soddisfatta per il 41,2% dalle fonti energetiche rinnovabili (idroelettrica rinnovabile, eolica, fotovoltaica, geotermica e biomasse), con un dato pari a 116.054 GWh (+1,3% rispetto all’anno precedente). l grafico mostra l'andamento della produzione elettrica dal 2016 al 2020 (dati provvisori) per fonte. La produzione termoelettrica include le centrali convenzionali alimentate da combustibili solidi (carbone), gas naturale e altri prodotti petroliferi. Per idroelettrico da pompaggio si intendono quelle centrali che utilizzano l'energia prodotta in eccesso, ad esempio di notte, per riempire un serbatoio, in grado poi di generare elettricità quando richiesto. La crescita della produzione da impianti rinnovabili ha messo in ginocchio le centrali termoelettriche. In questi ultimi anni si è parlato molto di capacity payment, ossia di un sistema per aiutare il settore termoelettrico in crisi. Il meccanismo dovrebbe premiare quegli impianti tradizionali in seria difficoltà perché attualmente poco operativi, come le centrali a ciclo combinato a gas. Tali impianti, alcuni a rischio di chiusura, entrano in funzione molto rapidamente e garantiscono al sistema elettrico una certa flessibilità. La produzione di energia elettrica nel 2020 in Italia Il grafico sottostante, mostra la quota di produzione lorda per fonte rinnovabile. In particolare, il peso del termoelettrico convenzionale (comprensivo dei rifiuti soliti urbani, RSU, non biodegradabili) in Italia contribuisce alla generazione lorda per oltre il 50%; seguito dall'idroelettrico (pari al 18% del totale), solare ed eolico (12%) e infine termoelettrico rinnovabile (composto da geotermico, bioenergie e RSU) con un 10% sul totale della generazione. Dati tratti dalla Relazione annuale 2020 di ARERA sono da intendersi in percentuale. Chi sono i principali produttori di energia elettrica in Italia? La figura seguente mostra il contributo dei principali gruppi societari alla produzione lorda nell'ultimo anno. Nel 2020, quasi tutte le aziende hanno registrato una contrazione dell'energia elettrica o situazioni praticamente invariate rispetto all’anno precedente. "Enel" (15,8%), "Eni" (8,0%), "Edison" (7,0%) si confermano in testa alla classifica in termini di quota di produzione, seguiti da "A2A" (6,0%), EPH, acronimo della compagnia ceca Energetický a průmyslový holding (5,3%) e Iren (3,6%). Dati tratti dalla Relazione annuale 2020 di ARERA sono da intendersi in percentuale. Come cambierà la produzione di energia elettrica nel futuro? La politica energetica, perseguendo l'obiettivo della sostenibilità ambientale, contribuirà quindi allo sviluppo d'impianti di generazione da fonti rinnovabili e soluzioni convenzionali sempre più efficienti e tecnologiche. In un prossimo futuro i produttori di piccole dimensioni aumenteranno e le recenti normative riguardanti i sistemi efficienti di utenza (SEU) ne sono una prova. I SEU sono impianti di produzione di energia con potenza inferiore a 20 MW, alimentati da fonti rinnovabili o in cogenerazione. Tali sistemi devono essere connessi a un'unità di consumo di un solo cliente finale, che può essere diverso dal produttore e collegati alla rete pubblica. I piccoli soggetti produttori diventeranno quindi sempre più attivi nel mercato dell'energia portando a una necessaria evoluzione delle smart grid. La rete elettrica sarà "intelligente" e riuscirà a gestire i flussi variabili di energia in maniera ottimale.

Tuesday, October 26, 2021

Al Pari di Kennedy

Certificazione impianto elettrico DiCo

Se hai in previsione di vendere casa, ti troverai a fare i conti con le certificazioni da fornire ai futuri acquirenti per portare a termine la compravendita. Tra queste rientra la dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico, il documento che garantisce che l’impianto dell’immobile rispetta la legge vigente sancita dal Decreto ministeriale 37/2008, evoluzione della Legge 46/90. La dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico non è una certificazione indispensabile per portare a termine l’atto di vendita: un immobile, infatti, può essere venduto anche in assenza di un impianto elettrico a norma. C’è da dire, però, che questo documento incide sul valore economico dell’appartamento, pertanto vale la pena procurarsi la certificazione prima di procedere con la compravendita. Di cosa parliamo in questo articolo: Dichiarazione conformità impianto elettrico: cos’è e quando è obbligatoria Dichiarazione conformità impianto elettrico: come ottenerla e dove richiederla Certificazione impianto elettrico e vendita di un immobile Quali sono i costi della dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico Dichiarazione conformità impianto elettrico: cos’è e quando è obbligatoria La dichiarazione conformità dell’impianto elettrico, anche detta DiCo, è una certificazione ufficiale stilata dalla ditta installatrice con cui si attesta che il lavoro è stato svolto a regola d’arte e nel pieno rispetto della normativa vigente. All’interno del documento il professionista riporta le caratteristiche dell’impianto e dei materiali utilizzati, i dati del proprietario dell’immobile, dell’impresa e del tecnico che ha svolto il lavoro oltre allo schema e alla relazione del progetto. La ditta, ultimati i lavori, si occuperà di conservare la certificazione nei propri archivi e di fornirne copia allo Sportello Unico dell’Edilizia del Comune di riferimento e al proprietario dell’immobile. Dunque, se hai deciso di apportare delle modifiche al tuo appartamento e intendi intervenire sull’impianto elettrico, la ditta che incaricherai sarà tenuta a fornirti la dichiarazione di conformità una volta ultimati i lavori. Questa è solo una delle situazioni in cui la legge prevede che tu sia in possesso della certificazione, vediamo ora in quali altre occasioni è necessario tenerne conto: rifacimento o modifica dell’impianto o della sua potenza; installazione di un nuovo impianto elettrico; qualsiasi ristrutturazione dell’appartamento riguardante anche l’impianto elettrico; cambio di destinazione d’uso dell’immobile (ad esempio da abitazione a locale commerciale); allaccio di nuove utenze.  Per stabilire se il certificato di conformità sia necessario o meno, è importante anche considerare la data di realizzazione dell’impianto. Impianti installati prima del 1990: sono considerati a norma se dotati di sezionamento e protezione contro le sovracorrenti posti all’origine dell’impianto, di protezione contro i contatti diretti, di protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA [DM 37/2008, Art. 6 Comma 3]; impianti installati tra il 1990 e il 27/03/2008: non è necessaria la certificazione DiCo, ma la Dichiarazione di rispondenza (DiRi), compilata da un tecnico certificato. Se l’impianto del tuo immobile è stato installato dopo il 27/03/2008 dovrai invece disporre della dichiarazione conformità dell’impianto elettrico: vediamo come ottenerla e dove richiederne copia. Dichiarazione conformità impianto elettrico: come ottenerla e dove richiederla Hai contattato una ditta specializzata per mettere mano all’impianto elettrico? Assicurati che si tratti di professionisti abilitati e che al termine dei lavori ti forniscano il documento necessario per certificare che l’intervento è stato eseguito nel rispetto della legge. Se invece non hai in programma alcuna operazione, ma non disponi della dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico e intendi averne una copia, puoi richiederla alla ditta che aveva effettuato l’installazione. Qualora questa non fosse in grado di fornirti il documento (che dovrebbe comunque possedere per legge) potrai farne richiesta alla sede della Camera di Commercio in cui l’impresa è iscritta. Certificazione impianto elettrico e vendita di un immobile Come abbiamo visto, a meno che l’immobile da vendere non disponga di un impianto a norma, la certificazione dell’impianto elettrico non rientra tra i documenti che per legge occorre fornire all’acquirente. Questo significa che puoi vendere un immobile con impianto a norma solo fornendo la DiCo a chi lo acquista e che puoi mettere in atto la compravendita anche se l’impianto non è conforme alla legge. In quest’ultimo caso saranno le parti coinvolte a stabilire come procedere. L’acquirente, infatti, potrebbe pretendere la regolarizzazione dell’impianto e la disposizione della certificazione da parte del venditore oppure accettare di comprare l’immobile privo di impianto elettrico a norma e sobbarcarsi la spesa dell’intervento. Il notaio si occuperà infine di includere l’accordo raggiunto all’interno dell’atto di vendita. Come potrai immaginare, questa scelta influisce sul prezzo finale dell’immobile. Per questo ti consigliamo di procurarti la dichiarazione di conformità prima di vendere casa: ti permetterà di limitare il margine di contrattazione sul prezzo d’acquisto dell’immobile. Quali sono i costi della dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico Ora che conosci il vantaggio di disporre di un impianto elettrico a norma, ti sarà utile accertarti di avere la certificazione necessaria per attestarlo. Se, invece, il tuo impianto non rispetta la legge vigente, è giunto il momento di coinvolgere una ditta installatrice e regolarizzare la situazione. Nel caso di un nuovo impianto, il costo dell’intervento è di solito incluso nel prezzo complessivo, ma l’azienda potrebbe scegliere di suddividere le voci, fermo restando che la dichiarazione conformità impianto elettrico non è un’opzione facoltativa. Per la certificazione di un impianto, invece, il prezzo medio è di circa 200,00€ che può salire fino a 600,00€ in caso di intervento di adeguamento. Il costo varia, inoltre, in base alla necessità di coinvolgere o meno un ingegnere iscritto all’albo. Infatti, per un immobile con una superficie inferiore a 400mq o un impianto con potenza al di sotto di 6kw, è sufficiente la presenza di un tecnico abilitato. In caso contrario sarà necessaria la firma di un ingegnere e il prezzo della dichiarazione conformità impianto elettrico può arrivare anche fino a 35€/mq. Visto che non esiste un prezzo univoco per questo tipo di intervento, il nostro consiglio è di richiedere sempre più di un preventivo e valutare le offerte delle ditte coinvolte. Accertati di possedere la dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico della tua abitazione e, se non disponi del documento, occupati di recuperarlo o di ottenerlo prima di vendere: rappresenterà un valore aggiunto determinante per il prezzo finale del tuo immobile.

Tuesday, October 19, 2021

Professore ordinario in Meccanica Agraria, Università di Bologna dal 2016, Professore associato dal 2010-2016 e ricercatore dal 2000-2010. Ha conseguito il titolo di dottore di Ricerca in Ingegneria dei Materiali presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, l’abilitazione alla professione di Ingegnere nel Dicembre 1998 e la laurea in Ingegneria Meccanica, presso l’Università di Bologna nell’ottobre 1998. Nella attività di ricerca si è prevalentemente occupato di studiare i problemi connessi al progetto e alla verifica dell’affidabilità di trattrici agricole con particolare riferimento ai test accelerati per la verifica strutturale della macchina e della trasmissione. Si è anche occupato di macchine per la zootecnia, dell'uso di biomasse per produrre energia e di altre macchine agricole. È stato coordinatore locale di due progetti PRIN e di un FIRB ed è responsabile scientifico di numerose convenzioni di ricerca con aziende costruttrici di trattori e di macchine operatrici. È autore di 140 pubblicazioni di cui 40 su riviste censite da Scopus. È stato direttore del Journal of Agricultural Engineering dal 2014 al 2018, è stato responsabile della redazione dal 2006 al 2014. E' editor di uno special issue per il Biosystems Engineering. Revisore per numerose riviste del settore dell’ingegneria agraria. Dal maggio 2018 è Direttore del nuovo Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari e membro del Senato Accademico dell'Università di Bologna. Dal 2015 al 2018 è stato vice direttore del Dipartimento di scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna.

Thursday, October 14, 2021

Sofa session impariamo .

Intubamento canne fumarie

L’installazione di canne fumarie a doppia parete è principalmente utilizzata nei casi in cui si debba realizzare un nuovo condotto di evacuazione dei fumi esterno all’edificio. Tale condizione può verificarsi, ad esempio, in ambito civile/residenziale a seguito della sostituzione del generatore (in termini di potenza, funzionamento o combustibile) oppure quando un camino già esistente presenti segni di malfunzionamento e/o inadeguatezza non sanabili con interventi di manutenzione. Abbiamo visto come in questi casi esistano sistemi in grado di riutilizzare i condotti o i cavedi già esistenti mediante l’operazione di intubamento, tuttavia questo intervento non è sempre possibile, prevalentemente per ragioni di spazio o per l’incompatibilità di funzionamento del nuovo condotto (pressione positiva/negativa, funzionamento a umido/a secco, ecc.) rispetto a condotti attigui, installati nello stesso cavedio, asserventi altri generatori (norma UNI 10845). In altri ambiti le canne fumarie a doppia parete trovano impiego nell’evacuazione dei prodotti della combustione da gruppi elettrogeni, motopompe, gruppi antincendio, turbine, sistemi di cogenerazione. Caratteristica delle canne fumarie a doppia parete è quella di essere costituite, appunto, da due condotti circolari concentrici distanziati in misura variabile; il condotto interno è l’effettivo condotto di evacuazione dei fumi, quello esterno è elemento protettivo e di finitura, l’intercapedine tra i due, infine, funge generalmente da strato coibente o, in determinati casi, da canale d’aspirazione per l’apporto dell’aria comburente al generatore asservito. La parete interna, ossia quella a contatto con i fumi, può essere: in acciaio inox; in materiale plastico; in materiale ceramico refrattario. La progettazione della canna fumaria va eseguita secondo i Metodi di calcolo termico e fluido dinamico – UNI 13384 (-1 per camini asserviti a un solo apparecchio e -2 per camini asserviti a più apparecchi) garantendo il corretto dimensionamento in relazione ai fattori ambientali e tecnici, tenendo conto delle caratteristiche del generatore, delle dispersioni termiche e di pressione ammissibili in esercizio; sulla base di questi elementi viene effettuata la scelta del materiale più idoneo. Il materiale più diffuso per la realizzazione della parete interna di canne fumarie a doppia parete è senz’altro l’acciaio inox AISI 316L, acciaio inossidabile austenitico di alta qualità contenente cromo (18%), nichel (8%) e molibdeno (3%), che garantisce un’altissima resistenza alla corrosione dei fumi e delle condense da essi prodotti; l’acciaio inox è senz’altro il prodotto più versatile e che meglio si adatta ad ogni tipologia di installazione. Si stanno tuttavia più recentemente diffondendo pareti interne realizzate con materiali differenti: il materiale plastico (polipropilene) è specifico per i generatori alimentati a gas o gasolio a condensazione e per i canali di esalazione per cappe da cucina; la ceramica refrattaria, a fronte di un ridottissimo spessore, è particolarmente adatta per caminetti e stufe data la sua perfetta impermeabilità e la caratteristica di rimanere inalterata in caso di incendio di fuliggine. L’intercapedine può essere: materiale coibente; ad aria statica; ad aria ventilata. Come detto in precedenza, la coibentazione delle canne fumarie ha un ruolo determinante nel mantenere efficiente l’intero impianto: un buon tiraggio evita reflussi di fumo e il mantenimento della temperatura dei fumi al di sopra di un certo valore evitando così il formarsi di condense le quali, se sovrabbondanti, possono danneggiare i canali e l’impianto stesso. Si è detto anche come essa sia fondamentale per la sicurezza nel caso di installazioni interne a salvaguardia di contatto umano accidentale e nell’attraversamento di materiali combustibili (solette, solai, coperture, ecc.). I coibenti più diffusi sono le lane minerali, le quali, a seconda dello spessore e della densità, assicurano un elevato isolamento. Nelle canne fumarie coibentate inox-inox in genere lo spessore dello strato di lana roccia varia dai 25 ai 50 mm per impianti tradizionali, mentre la sua densità può arrivare a 110 kg/m3 per impianti con funzionamento in pressione positiva elevata (classe H2) e con temperature di esercizio continuo fino a 600°C (gruppi elettrogeni, gruppi antincendio, ecc. come detto in apertura). Le canne fumarie in polipropilene abbinate ad uno strato di lana di roccia di 50 mm garantiscono, anche nei casi di temperature esterne molto rigide, l’isolamento necessario per l’evacuazione dei fumi freddi tipici delle caldaie a condensazione. Le canne fumarie con parete interna in ceramico refrattario e coibente di spessore 60 mm ad alta densità sono un’ottima soluzione per le abitazioni ad alta efficienza energetica in quanto capaci di eliminare i ponti termici nei punti strutturali più critici. Le canne fumarie con intercapedine cosiddetta ad aria statica hanno il vantaggio di avere ingombri ridotti, in quanto prive di un materiale coibente vero e proprio: la distanza tra le pareti interna ed esterna è di appena 10 mm nei quali è una lama d’aria, privata di ogni moto convettivo, a fare da isolante; questa tipologia di canna fumaria è per installazioni esterne, utilizzabile per generatori con scarico in pressione positiva fino a 200 Pa e temperatura massima di esercizio fino a 200°C ed è idonea anche per i generatori a condensazione. Differente, invece, è il funzionamento delle canne fumarie con intercapedine d’aria ventilata. Tale sistema è idoneo per generatori di tipo C, per generatori a condensazione e per caminetti a gas. Tramite il condotto interno (in inox o materiale plastico) avviene l’evacuazione dei prodotti della combustione, mentre, attraverso l’intercapedine ventilata generalmente dello spessore di 25 mm si apporta al generatore l’aria necessaria per la combustione; questa tipologia di canna fumaria può essere utilizzata anche nel caso di intubamento di camini o vani tecnici esistenti con funzionamento in pressione positiva, sfruttando l’intercapedine tra i condotti come sezione libera di ventilazione (nel caso di combustibili gassosi e liquidi con funzionamento a secco e a umido, nel caso di combustibili solidi con funzionamento a secco). La parete esterna può essere: in acciaio inox (generalmente AISI 304); in rame; in acciaio zincato verniciato. Prestazionalmente queste tre soluzioni si equivalgono, le sostanziali differenze sono di aspetto estetico ed economico. Le canne fumarie a doppia parete inox-inox sono altamente impattanti sull’architettura dal punto di vista estetico e per tale ragione esistono dei limiti per il loro utilizzo, ad esempio negli interventi su edifici vincolati, nei centri storici o comunque in aree sulle quali siano prescritte determinate scelte progettuali e di finitura. La parete esterna in rame sopperisce a questi limiti garantendo inoltre una maggiore durabilità, tuttavia il pregio del materiale incide sul prezzo che risulta decisamente più caro; più versatile è la soluzione con parete esterna in acciaio elettrozincato verniciato. La zincatura dell’acciaio costituisce uno strato protettivo sul quale può essere applicata una verniciatura del colore che meglio si adatta alla specifica esigenza architettonica. A livello costruttivo, tali canne fumarie sono costituite da elementi componibili mediante sistema d’innesto cosiddetto “a bicchiere” che ne semplifica l’assemblaggio e riduce i tempi di installazione; in corrispondenza degli innesti tra un componente e l’altro, sulla parete esterna, vengono poste delle fascette di giunzione atte a garantire la stabilità degli stessi alle sollecitazioni di tipo meccanico (dilatazioni termiche, fenomeni esterni). Gli stessi innesti, infine, sono dotati, nei casi di funzionamento in pressione positiva e temperature fino ai 200°C, di guarnizioni siliconiche che vanno ad abbattere eventuali perdite di carico del valore della pressione durante il passaggio dei fumi. Nelle canne fumarie a doppia parete in metallo, alcuni fabbricanti dotano gli elementi di una flangia longitudinale di connessione saldata tra la parete interna e quella esterna per conferire loro una maggiore solidità. È obbligatorio impiegare esclusivamente materiali in possesso di marcatura CE, secondo quanto previsto dal D.P.R. 246/03, decreto di recepimento della Direttiva Prodotti da Costruzione 89/106/CEE: la marcatura CE definisce le prestazioni (in termini di classe di temperatura, tenuta alla pressione, distanza da materiali combustibili, ecc.) che il prodotto è in grado di garantire in sicurezza. Tali prestazioni sono identificate tramite la designazione di prodotto, la cosiddetta placca camino compilata ed apposta dall’installatore, che codifica le caratteristiche tecniche che il prodotto deve garantire durante il funzionamento. Introdotta per la prima volta dalla UNI EN 1443/2005 “Camini: requisiti generali” tale designazione di carattere generale dev’essere affiancata alla designazione rispetto alla norma armonizzata di prodotto corrispondente al materiale impiegato: UNI EN 1856 -1 e -2 per i materiali metallici, UNI EN 14471 per i materiali plastici e UNI EN 1457 per condotti ceramici.

Norme UNI per Camini

Wednesday, October 13, 2021

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Calcolo della Prescrizione

Due "ARCHITETTI" alla Casa Bianca

Sopravissuto a kennedy e morto nel 2009 .. Former Defence Secretary Robert McNamara died on Monday, aged 93. He will be remembered most as a leading architect of America's involvement in the Vietnam War. ADVERTISING AFP - Robert McNamara, the US secretary of defense whose broad career as an industry leader and a global financial aid revolutionary was overshadowed by his role as key architect of the Vietnam war, died Monday aged 93, The Washington Post reported. From 1961 to 1968, McNamara oversaw the escalation of US combat efforts in the highly divisive Vietnam war that became known as one of the biggest military blunders in US history -- and a war McNamara himself came to describe as "terribly wrong." He was also an early advocate of counter-insurgency operations and a primary architect of Cold War nuclear policy. A trained economist, he also helped turn around the Ford auto company in the post-World War II era and then used his talents to improve the image of the World Bank during his long tenure as president from 1968 to 1981. Brilliant -- arrogant, some would say -- certain of himself and a whirlwind of energy, McNamara was a key member of president John F. Kennedy's cabinet, a team famously described as "The Best and the Brightest" in author David Halberstam's seminal book on the Vietnam war. But in later years McNamara came to regret his Vietnam role, although he remained silent until the publication of his controversial 1995 memoirs "In Retrospect: The Tragedies and Lessons of Vietnam." Top US officials "who participated in the decisions on Vietnam acted according to what we thought were the principles and traditions of this nation," McNamara wrote. "We made our decisions in light of those values. Yet we were wrong, terribly wrong. We owe it to future generations to explain why." But his term as defense secretary did not start out that way, when Kennedy asked McNamara, then 44, to be his defense secretary soon after the young president was elected. "I don't object to its being called McNamara's war," he wrote of Vietnam in 1964. "I think it is a very important war and I am pleased to be identified with it and do whatever I can to win it." Under McNamara's watch the US military role in Vietnam escalated from a few hundred Americans advising South Vietnam's military to some 17,000 soldiers by 1964. And US involvement in the war escalated even more dramatically following the Gulf of Tonkin incident that year, in which, based on suspect intelligence reports, the US alleged North Vietnamese torpedo boats had fired on two US destroyers. President Lyndon B. Johnson -- who took over when Kennedy was assassinated in 1963 -- ordered retaliatory air strikes on North Vietnam, and by mid-1968 the number of US soldiers sent to fight in Vietnam had risen to 535,000. "If it was anyone's war in those early periods, it wasn't LBJ's war, it wasn't (top US general) Maxwell Taylor's war. It was McNamara's war," Barry Zorthian, who headed Vietnam operations for the US Information Service, the government's public diplomacy arm, told AFP Monday. "He was very controversial," added Zorthian, who said he traveled in 1964 with McNamara from Saigon to Hue and witnessed the defense secretary's "can-do attitude" toward the war. "His mood was upbeat. 'What do you need?'" Zorthian recalled McNamara saying. "'Whatever you need you'll get it.'" By the time the war ended in 1975 more than 58,000 US soldiers had been killed, as well as more than three million Vietnamese from the North and South and around 1.5 million Laotians and Cambodians. But McNamara had already left as defense secretary, increasingly at odds with the administration's policies. "Although he loyally supported administration policy," reads his official Pentagon biography, "McNamara gradually became skeptical about whether the war could be won" by sending in more troops and intensifying the bombing. McNamara "became increasingly reluctant to approve the large force increments requested by the military commanders," the biography reads. After years of clashes with Johnson and the top military brass, and facing a growing anti-war movement at home, McNamara resigned in early 1968. Robert Strange McNamara -- the odd middle name was his mother's maiden name -- was born June 9, 1916 in San Francisco, California, the son of a wholesale shoe firm sales manager. He studied economics and philosophy at the University of California at Berkeley, then obtained a masters degree in business administration at Harvard. McNamara entered the US Army Air Force in 1943. Weak eyesight prevented him from flying, so he worked at an office that analyzed the efficiency of US bombing raids. After the war he was one of 10 ex-Air Force statisticians that Henry Ford II hired to turn around his automotive company. The team, dubbed the Whiz Kids, turned Ford into the second most popular US auto brand. McNamara shot up the ranks and become company president -- the first ever outside of the Ford family -- in November 1960. One month later he accepted the job as Kennedy's secretary of defense. In 1968, when he left the Pentagon, McNamara went on to head the World Bank and "shaped the bank as no one before him," according to the institution's official biography. During his tenure, which ended in 1981, McNamara focused the bank on representing the needs of its developing member countries and aggressively sought funding for development projects.

Tuesday, October 12, 2021

Incidente di esecuzione

3. Giudice dell’esecuzione e fenomeni di successione normativa incidenti sulla legalità della condanna. Un secondo ambito di ampliamento giurisprudenziale dell’incidente esecutivo coinvolge i casi in cui fenomeni di successione norma- tiva, non riconducibili alle tradizionali – e codificate – ipotesi di abrogazione o dichiarazione di incostituzionalità di una norma incriminatrice, mettano in di- scussione l’an – non soltanto la species o il quantum sanzionatorio – della con- danna irrevocabile. Tramite un adattamento interpretativo dell’art. 673 c.p.p., un’ormai pacifica giurisprudenza, sul presupposto che il contrasto fra una norma incriminatrice nazionale e una norma di diritto UE si traduca – almeno nel caso in cui la seconda sia sopravvenuta alla prima – in un fenomeno di abolitio criminis, ri- conosce al giudice dell’esecuzione il potere di revocare la condanna, per il reato “comunitariamente” illegittimo, in adempimento dell’obbligo, fondato sull’art. 11 Cost., di disapplicare la norma che lo prevede41. Seppure il richiamo “di- retto” dell’art. 673 c.p.p. susciti qualche perplessità – data la differenza fra l’abrogazione, a cui la disposizione testualmente si riferisce, e la disapplica- zione42 –,l’interventoinexecutivistrovacomunquesolidofondamentonell’art. 40 V.,infra,§3. 41 Cass.,Sez.III,3giugno2014,n.30591,SeckTalla,inwww.cortedicassazione.it;Id.,Sez.I,23settembre 2011, Isoken, in DeJure; Id., Sez. I, 20 aprile 2011, Sall, in Cass. pen., 2011, 3763; Id., Sez. I, 28 aprile 2011, Tourghi, ivi, 2011, 3766. 42 Mentre, infatti, il primo istituto risolve un’antinomia attraverso il criterio cronologico, il secondo la risolve attrevareso il criterio gerarchico. 12 ARCHIVIO PENALE 2019, n. 3 2 co. 2 c.p., la cui lettera – «nessuno può essere punito per un fatto che, se- condo una legge posteriore, non costituisce reato e se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e tutti gli effetti penali» – lascia più ampi margini interpre- tativi43: ben possono qualificarsi ‘legge’, infatti, gli atti normativi comunitari, e finanche le sentenze della Corte di Giustizia, alle quali cui il nostro Giudice delle leggi ha riconosciuto efficacia erga omnes e rango para-legislativo44. Nulla osta, allora, a individuare per via analogica nell’art. 673 c.p.p. il canale proces- suale dell’intervento del giudice esecutivo: non si tratta, infatti, di applicare per analogia un rimedio post-iudicatum – operazione certamente non consentita – , ma di applicare per analogia ad un intervento post-iudicatum, comunque le- gislativamente previsto nell’an, la disciplina più adatta a calibrarne il quomodo, ciò che, in una prospettiva di favor rei, appare pienamente legittimo45. Di un’estensione della portata dell’art. 673 c.p.p. si è peraltro discusso – e si sta ancora discutendo – anche con riguardo alla condanna in contrasto col prin- cipio convenzionale di legalità penale, con particolare riguardo al caso in cui il conflitto, fra la norma incriminatrice interna e l’art. 7 CEDU, discenda dalla valenza che, sul piano convenzionale, è attribuita a fenomeni “successori” – in mitius o in peius – di mera fonte giurisprudenziale, in ragione della nozione autonoma di law – comprensiva appunto del diritto giurisprudenziale – adottata a Strasburgo. Sul fronte della retroattività in mitius la Corte costituzionale, come è noto, ha bloccato sul nascere il tentativo di estendere l’art. 673 c.p.p. all’abolitio criminis di matrice giurisprudeziale, escludendo che tale disposizione, in quanto «non prevede l’ipotesi di revoca della...condanna...in caso di mutamento giurispru- denziale – intervenuto con decisione delle Sezioni Unite della Corte di cassa- zione – in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge penale come reato», confligga, fra l’altro, con gli artt. 25 co. 2 Cost., 117 Cost. e 7 CEDU. In termini decisamente tranchant, la Corte ha fatto leva, oltreché su una certa 43 DEAMICIS,L’efficaciadirettadelladirettivacomunitariasuirimpatrinell’ordinamentointerno,inCass. pen., 2011, 3773; MASERA - VIGANÒ, Addio all’art. 14: nota alla sentenza El Dridi della Corte di Giustizia UE in materia di contrasto all’immigrazione irregolare, in Rivista AIC, 2011, n. 3, 14. 44 Fralealtre,Cortecost.n.113del1985eId.n.389del1989.Indottrina,VIGONI,Relativitàdelgiudicato ed esecuzione della pena detentiva, Milano, 2009, 192. 45 Dopoavernenegatol’applicazionediretta,ritengonol’art.673applicabileperanalogiaCass.,Sez.I,20 gennaio 2011, Titas Lucas, in DeJure; Id., Sez. VII, 6 marzo 2008, Bujilab, in Mass. Uff., n. 239960. In dottrina GAMBARDELLA, Lex mitior e giustizia penale, Torino, 2013, 218 ss.; MANGIARACINA, Quale sorte per il giudicato nazionale a fronte di un revirement delle Sezioni unite?, in Dir. pen. proc., 2013, 1100. 13 ARCHIVIO PENALE 2019, n. 3 ambiguità della giurisprudenza di Strasburgo46, da un lato, sulla diversa portata del principio convenzionale di legalità penale rispetto all’omologo principio costituzionale – dato che solo quest’ultimo è comprensivo del principio di ri- serva di legge formale –, dall’altro, sul principio di soggezione del giudice alla sola legge, il quale sarebbe gravemente minato se il giudice esecutivo, in virtù dell’intervento additivo richiesto, fosse tenuto a revocare la condanna a fronte di una decisione “abolitiva” delle Sezioni unite che, seppure non condividesse, non avrebbe alcuna possibilità di contestare47.

Danni da cattiva combustione

Monday, October 11, 2021

Un po' di Ergonomia

Benessere naturale: il verde in ufficio un ricercatore e il _Prof. Danilo Giovanni Maria de' Solari hanno spiegato come circondarsi di piante da curare in ufficio ci renda più sereni e in salute. La produttività dei dipendenti in ufficio aumenterebbe addirittura del 15%. “La nostra ricerca suggerisce che chi sceglie di investire nelle piante in ufficio viene ripagato attraverso un aumento della qualità della vita e della produttività dei lavoratori”, afferma Nieuwenhuis. Precedenti studi hanno dimostrato che la presenza di piante può abbassare lo stress fisiologico, aumentare la capacità di attenzione e migliorare il benessere naturale. Cosa aspetti a fare un salto al vivaio? Illuminazione ufficio: la qualità della luce È risaputo che la luce naturale gioca un ruolo importante per il nostro benessere e questo vale anche per l’illuminazione in ufficio. Uno studio della California Energy Commission ha mostrato che le performance dei lavoratori seduti vicino a una finestra risultano migliori di un range che va dal 10% al 25% aumentando anche le capacità mentali e di memoria. Lavorare con la luce che proviene da una finestra è la migliore situazione possibile, ma come fare se non possiamo sfruttare la luce naturale nel nostro ambiente di lavoro? La luce del LED può essere una buona soluzione. Accesa al mattino e spenta nel pomeriggio può imitare modelli di luce naturali per aumentare la produttività e migliorare l’umore. Pareti colorate e benessere aziendale Il colore degli ambienti dell’ufficio influisce sulla concentrazione e sulla produttività, promuovendo il benessere aziendale. Secondo uno studio della University of Texas, a ogni colore corrisponde una specifica sensazione: rosso: è il colore dell’energia, attrae l’occhio e promuove l’attività fisica e l’emozione. arancione: questo colore agevola l’interazione ed è quindi particolarmente indicato per sale riunioni o altri spazi sociali, anche se potrebbe non essere il miglior colore per la produttività giallo: stimola la creatività e l’ottimismo e si presta bene per uffici ad alto impatto creativo verde: è un colore calmante, affatica meno gli occhi se esposto per lunghi periodi blu: è il colore più universalmente produttivo. È calmante e stabile, aiuta la maggior parte delle persone che si concentrano su attività ad alta intensità viola: questo colore stimola la soluzione dei problemi, pur non essendo un colore molto popolare in arredamento di lavoro

Vigili del fuoco

Tiraggio canna fumaria

QUANDO IL CAMINO NON TIRA E FA FUMO IN CASA Se hai problemi di tiraggio del camino o il tuo camino fa fumo in casa continua a leggere questo articolo, troverai alcuni semplici consigli per migliorare il tiraggio. Per un corretto tiraggio del camino sono fondamentali le dimensioni e la pulizia della canna fumaria. Non deve essere piccola altrimenti impedirebbe il flusso di fuoriuscita dei fumi ma nemmeno sovradimensionata, se la canna fumaria è troppo grande infatti, i fumi si raffreddano ed escono con difficoltà. Per la lunghezza della canna fumaria bisogna considerare l’altitudine del luogo in cui ci si trova; in montagna, essendoci minore pressione atmosferica, è necessaria una maggiore lunghezza della canna fumaria. Il tiraggio dipende anche dalle condizioni atmosferiche, infatti nelle giornate di bassa pressione (quando piove o nevica) il fumo sale con maggior difficoltà. Per agevolare la fuoriuscita del fumo dalla canna fumaria si puo’ installare una ventola che favorisce la fuoriuscita dei fumi. Altro fattore determinante è l’isolamento termico della canna fumaria che permette di non far raffreddare i fumi troppo in fretta. Il tiraggio migliora sensibilmente quando la canna fumaria è pulita. È bene quindi provvedere a eliminare la fuliggine incrostata e che impedisce un corretto scarico. Noi de Gli Spazzacamino di Manlio consigliamo di effettuare l’operazione di pulizia annualmente prima della messa in funzione del camino. COME MIGLIORARE LA FUORIUSCITA DEI FUMI DEL CAMINO Mantenere pulita la canna fumaria. Ridurre la bocca del camino con una lastra di materiale ignifugo o refrattario. Assicurarsi che non ci siano barriere intorno al comignolo (alberi o muri di altre abitazioni). Poggiare sul fondo del camino una lastra che si surriscaldi facilmente mantenendo caldi i fumi che usciranno più velocemente.

Canne fumarie per non distruggere il Camino