Tuesday, March 30, 2021

Auto al Grafene

Debutteranno in settembre le prime batterie auto a base di grafene. Le adotteranno i nuovi modelli della gamma Aion prodotti dalla casa automobilistica cinese GAC. Le prestazioni, promette il costruttore, sono “rivoluzionarie”. Tempi di ricarica più che dimezzati e una vita media molto più lunga. Mille km di autononia e ricarica in 8 minuti GAC, dopo averne annunciato l’introduzione l’estate scorsa, annuncia di aver iniziato i test su strada. Questi hanno dimostrato che la batteria può essere caricata a 6 gradi centigradi con un caricatore ad alta potenza da 600 Ah, raggiungendo l’80% della carica in soli 8 minuti. GAC però non ha ancora svelato contenuto energetico e altri dettagli come dimensioni e peso della nuova batteria. Si parla però di circa 1.000 km di autonomia. Ma l’azienda sostiene che la batteria ha già superato il cosiddetto “test di tiro” che ne verifica la sicurezza in caso di penetrazione meccanica delle celle. L’Aion V sarà il primo modello ad essere equipaggiato con questa batteria. L’inizio della produzione in serie è previsto per settembre 2021. Della serie Aion, GAC ha finora presentato Aion S come berlina elettrica (l’auto più venduta in Cina l’anno scorso) e Aion LX come e-SUV .
a tecnoligia 3DG per ridurre i costi GAC sostiene di aver risolto il principale problema delle batterie a base di grafene: il costo. Il grafene inizialmente costava fino a qualche centinaia di dollari al grammo; ma con la tecnologia di produzione 3DG, l’azienda afferma di aver ridotto i costi a un decimo del processo convenzionale. ll grafene, un foglio di atomi di carbonio legati insieme in un reticolo a nido d’ape, è ampiamente riconosciuto come un “materiale meraviglioso” a causa della miriade di attributi sorprendenti che possiede. È un potente conduttore di energia elettrica e termica, estremamente leggero chimicamente inerte e flessibile con un’ampia superficie. È anche considerato ecologico e sostenibile, con possibilità illimitate per numerose applicazioni. D.Solari

Monday, March 22, 2021

DRP . 137/2012

Art. 2 Accesso ed esercizio dell'attivita' professionale 1. Ferma la disciplina dell'esame di Stato, quale prevista in attuazione dei principi di cui all'articolo 33 della Costituzione, e salvo quanto previsto dal presente articolo, l'accesso alle professioni regolamentate e' libero. Sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali che non sono fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale. 2. L'esercizio della professione e' libero e fondato sull'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico. La formazione di albi speciali, legittimanti specifici esercizi dell'attivita' professionale, fondati su specializzazioni ovvero titoli o esami ulteriori, e' ammessa solo su previsione espressa di legge. 3. Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attivita' anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. E' fatta salva l'applicazione delle disposizioni sull'esercizio delle funzioni notarili. 4. Sono in ogni caso vietate limitazioni discriminatorie, anche indirette, all'accesso e all'esercizio della professione, fondate sulla nazionalita' del professionista o sulla sede legale dell'associazione professionale o della societa' tra professionisti.

Navetta 73

Studio Zuccon

Friday, March 19, 2021

Terapia Genica

Stefano Montanari

Stefano Montanari

L'approvazione di un vaccino è la maggiore speranza di poter mettere la parola fine alla pandemia di covid. Tuttavia, affinché si possa arrivare a un'immunità di gregge è necessario che si vaccini il maggior numero possibile di persone. Uno studio pubblicato su Nature Medicine, condotto su oltre 13.000 partecipanti di 19 diversi Paesi del mondo (tra cui l'Italia), individua quante persone assumerebbero un vaccino anti-covid, quante sono quelle indecise e quante, invece, sono sicure che non si vaccinerebbero. I risultati emersi mostrano che la risposta varia soprattutto in base al Paese, all'età e alla condizione sociale dei partecipanti. Scienza Pfizer: avremo presto un vaccino anti-covid efficace al 90%? QUESTIONE DI REDDITO. Quasi il 72% dei partecipanti si è detto propenso a vaccinarsi, il 14% niente affatto o poco, mentre il restante 14% è incerto. Gli abitanti dei Paesi asiatici con una "forte fiducia nel proprio governo centrale" sarebbero i più inclini a vaccinarsi: tra questi spicca la Cina con il 90% dei consensi. I russi sarebbero invece i meno propensi a vaccinarsi, con appena il 55% di pro-vax, forse anche in seguito alle numerose polemiche attorno al vaccino russo Sputnik. Anche l'età e lo stipendio incidono sulla risposta: a favore del vaccino sono più gli anziani (quelli più a rischio) dei giovani, e coloro che percepiscono un reddito alto rispetto a chi guadagna meno.

Wednesday, March 17, 2021

Il Carcere

Il carcere Le manette non sono certo l'obiettivo di Cartabia, né tantomeno una giustizia che guardi a un carcere dove il condannato sia destinato a "marcire". Tutt'altro. Tant'è che, oltre al ricorso ai riti alternativi, la Guardasigilli cita la sospensione del procedimento con la messa alla prova dell'imputato e la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Ed è un passaggio pregnante quello in cui Cartabia parla "del superamento dell'idea del carcere come unica effettiva risposta al reato". "La certezza della pena - dice la ministra - non è la certezza del carcere, che per gli effetti desocializzanti che comporta dev'essere invocato quale extrema ratio. Occorre valorizzare piuttosto le alternative al carcere, già quali pene principali". E qui Cartabia prende l'impegno "di intraprendere ogni azione utile per restituire effettività alle pene pecuniarie, che in larga parte oggi, quando vengono inflitte, non sono eseguite. In prospettiva sarà opportuno dedicare una riflessione anche alle misure sospensive e di probation, nonché alle pene sostitutive delle pene detentive brevi, che pure scontano ampi margini di ineffettività, con l'eccezione del lavoro di pubblica utilità". E infine Cartabia sostiene che sia ormai maturo il tempo "per sviluppare e mettere a sistema le esperienze di giustizia riparativa". Conclude così questo capitolo: "Perseguire lo scopo rieducativo della pena non costituisce soltanto un dovere morale e costituzionale - come si legge inequivocabilmente nell'art. 27 della Costituzione - ma è anche il modo più effettivo ed efficace per prevenire la recidiva e, quindi, in ultima analisi, per irrobustire la sicurezza della vita sociale".

Cartabia

La giustizia penale Cartabia ricorda subito che il suo primo impegno assunto, quello sulla prescrizione, "va onorato". E cita l'ordine del giorno da lei stessa proposto e approvato con il decreto Milleproroghe con cui la maggioranza sottoscrive l'impegno "ad adottare le necessarie iniziative di modifica normativa e le opportune misure organizzative volte a migliorare l'efficacia e l'efficienza della giustizia penale assicurando al procedimento una durata media in linea con quella europea, nel pieno rispetto della Costituzione, dei principi del giusto processo, dei diritti fondamentali della persona e della funzione rieducativa della pena". Un passo che ha sminato, al momento, la querelle infinita sulla prescrizione. Ma il nodo della prescrizione andrà risolto comunque. Secondo Cartabia "un processo dalla durata ragionevole di per sé lo risolverebbe relegandolo a evento eccezionale". Cartabia ricorda l'ultima proposta di Bonafede, il cosiddetto lodo Conte-bis: "Il testo dell'articolo 159 del codice penale all'esame del Parlamento propone una distinzione tra la posizione dell'imputato assolto da quella del condannato nel giudizio di primo grado (l'effetto sospensivo, infatti, riguarderebbe solo quest'ultimo), prevedendo poi un recupero del tempo sospeso, ai fini del calcolo del corso della prescrizione, nel caso di annullamento della sentenza di condanna di primo grado, a seguito di impugnazione". È la proposta sul tavolo che però tuttora divide la politica. E dalle parole di Cartabia si comprende che il suo obiettivo è andare oltre. La commissione che sta studiando la questione guarderà avanti. A soluzioni assunte da Paesi con un sistema simile al nostro con "rimedi di tipo compensativo per le ipotesi in cui si registri una dilatazione eccessiva dei tempi processuali non ascrivibile a responsabilità dell'imputato". Oppure proposte che "distinguono il tempo necessario a prescrivere in due arcate temporali distinte, la prima, il tempo dell'oblio, presidiata dalla prescrizione sostanziale; la seconda, il tempo del processo, presidiata dalla prescrizione processuale". Ma, come dice Cartabia, non è ancora tempo di anticipare una soluzione. Parole che ovviamente piacciono alle forze garantiste della maggioranza. Soprattutto quando Cartabia cita la direttiva del Parlamento europeo del 2016 sulla presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Norme che Enrico Costa di Azione ha già chiesto di inserire nella legge di Delegazione europea in discussione alla Camera. La prima raccomandazione alle toghe Dalla Cartabia arriva la prima rampogna ai pubblici ministeri quando dice che "c'è la necessità che l'avvio delle indagini sia sempre condotto con il dovuto riserbo, lontano da strumenti mediatici per l'effettiva tutela della presunzione di non colpevolezza". Al lavoro il gruppo penale Sarà l'ex presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi a presiedere il gruppo di lavoro che in via Arenula si occuperà della riforma della giustizia penale. Come vice presidenti ecco l'ex presidente dells Cassazione Ernesto Lupo e Gian Luigi Gatta, direttore della rivista giuridica Sistema penale e docente alla Statale di Milano. E ancora magistrati come Carlo Citterio, presidente della seconda sezione penale della corte di appello di Venezia, Luigi Orsi, sostituto procuratore generale in Cassazione, Rodolfo Sabelli, procuratore aggiunto a Roma ed ex presidente dell'Anm. Poi l'avvocato milanese Francesco Arata, Fabrizio D'Arcangelo, magistrato assistente alla Consulta, Mitja Gialuz, ordinario di diritto processuale penale a Genova, Luca Luparia Donati, avvocato e docente a Milano, Vittorio Manes, docente di diritto penale a Bologna, Grazia Mannozzi dell'università dell'Insubria, Serena Quattrocolo, docente dell'università del Piemonte orientale e Andrea Simoncini, che insegna diritto costituzionale Firenze. Il carcere Le manette non sono certo l'obiettivo di Cartabia, né tantomeno una giustizia che guardi a un carcere dove il condannato sia destinato a "marcire". Tutt'altro. Tant'è che, oltre al ricorso ai riti alternativi, la Guardasigilli cita la sospensione del procedimento con la messa alla prova dell'imputato e la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Ed è un passaggio pregnante quello in cui Cartabia parla "del superamento dell'idea del carcere come unica effettiva risposta al reato". "La certezza della pena - dice la ministra - non è la certezza del carcere, che per gli effetti desocializzanti che comporta dev'essere invocato quale extrema ratio. Occorre valorizzare piuttosto le alternative al carcere, già quali pene principali". E qui Cartabia prende l'impegno "di intraprendere ogni azione utile per restituire effettività alle pene pecuniarie, che in larga parte oggi, quando vengono inflitte, non sono eseguite. In prospettiva sarà opportuno dedicare una riflessione anche alle misure sospensive e di probation, nonché alle pene sostitutive delle pene detentive brevi, che pure scontano ampi margini di ineffettività, con l'eccezione del lavoro di pubblica utilità". E infine Cartabia sostiene che sia ormai maturo il tempo "per sviluppare e mettere a sistema le esperienze di giustizia riparativa". Conclude così questo capitolo: "Perseguire lo scopo rieducativo della pena non costituisce soltanto un dovere morale e costituzionale - come si legge inequivocabilmente nell'art. 27 della Costituzione - ma è anche il modo più effettivo ed efficace per prevenire la recidiva e, quindi, in ultima analisi, per irrobustire la sicurezza della vita sociale". La riforma del Csm Battezzato come "non commendevole" il caso Palamara, Cartabia considera "improcrastinabile" la riforma del Csm "per rispondere alle giuste attese dei cittadini verso un ordine giudiziario che recuperi prestigio e credibilità". E anticipa il suo giudizio favorevole sull'esigenza "di disciplinare la procedura di conferimento degli incarichi direttivi e semi-direttivi secondo criteri di trasparenza ed efficienza". Ugualmente Cartabia condivide la scelta di prevedere "un periodo di permanenza minima (quadriennale) nell'esercizio delle funzioni direttive, corrispondente al tempo necessario per consentire al dirigente di acquisire consapevolezza profonda delle caratteristiche e criticità di funzionamento dell'ufficio, elaborare scelte linee di innovazione organizzativa, sperimentarne l'efficacia, approntare i necessari correttivi". Quanto alla legge elettorale Cartabia si dice convinta che "non si debba nutrire l'illusoria rappresentazione di un intervento sul sistema elettorale del Csm che possa di per sé offrire una definitiva soluzione alle criticità che stanno interessando la magistratura italiana, le quali attingono invero a un sostrato comportamentale e culturale che nessuna legge da sola può essere in grado di sovvertire". Ma qualunque sia la scelta "dovrà radicarsi nella consapevolezza della fisiologica e peraltro ineliminabile pluralità delle culture della magistratura, rifuggendo dalla semplificazione che confonde il valore del pluralismo con le degenerazioni del correntismo". Cartabia lancia poi due ipotesi. La prima riguarda "la possibilità di assicurare un contingentamento della presenza nel Csm di giudici e pubblici ministeri che rifletta la proporzione tra le due categorie nella magistratura di merito". E poi quella del rinnovo parziale del Csm: "Ogni due anni potrebbero essere rinnovati la metà dei laici e la metà dei togati. Una previsione che potrebbe rivelarsi utile sia ad assicurare una maggiore continuità dell'istituzione, sia a non disperdere le competenze acquisite dai consiglieri in carica, sia a scoraggiare logiche spartitorie che poco si addicono alla natura di organo di garanzia che la Costituzione attribuisce al Consiglio". Una proposta e la sua praticabilità su cui Cartabia dice: "Dal punto di vista costituzionale, si tratta di comprendere se un tale obbiettivo sia alla portata di una legge ordinaria, cioè se sia possibile interpretare i quattro anni citati dall'articolo 104 della Costituzione come riferiti ai membri singolarmente considerati e non all'organo nel suo complesso". Una frase, quest'ultima che dovrebbe piacere all'ex consigliere Piercamillo Davigo che ha perduto il suo posto al Csm proprio sull'interpretazione di questo passaggio. Un coro di applausi Andando a memoria è difficile trovare un intervento di un ministro della Giustizia che, una volta pronunciato, non abbia suscitato polemiche, ma messo d'accordo (quasi) tutti. Al punto che nemmeno FdI, partito all'opposizione, contesta la "professoressa", come molti la appellano dopo la riunione della commissione Giustizia. Ecco all'opera un super falco da sempre come Francesco Paolo Sisto, il forzista divenuto sottosegretario alla Giustizia che ovviamente sfrutta la bacchettata di cartabia ai pm troppo loquaci, peraltro aggiunta a braccio rispetto al testo scritto. Sisto replica: "Non possiamo che apprezzare il richiamo della ministra ai principi costituzionali del giusto processo nonché l'attenzione posta al tema del processo mediatico, con tutte le sue conseguenza in barba al principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva. Non è più tollerabile che una semplice informazione di garanzia, atto unilaterale del pm, equivalga a una sentenza di colpevolezza inappellabile. Né può andare avanti il malcostume delle conferenze stampa post arresti, accompagnato dal mancato rispetto del diritto all'oblio, vero moltiplicatore di sofferenze. Il cittadino va protetto da tutto questo". Da Forza Italia ecco un'altra voce soddisfatta, quella di Pierantonio Zanettin, anche lui da iscriversi nella categoria dei falchi. Lui apprezza la ministra "perché nella sua audizione ha fatto riferimento all'ordine del giorno sulla ragionevole durata dei processi e sulla riforma della prescrizione, impegnandosi ad attuarlo in tempi rapidi". Zanettin soprattutto "registra con grande soddisfazione una netta discontinuità rispetto alla stagione manettara dell'ex ministro Bonafede". Anche Enrico Costa di Azione, fino a ieri anti Bonafede (peraltro seduta proprio alle sue spalle...) sempre e comunque, indirizza alla "prof" un "è proprio brava" e dichiara: "Oggi la Cartabia, con stile, ma con grande fermezza ha stroncato il processo mediatico. E ha condiviso l'impegno per assicurare una più compiuta attuazione della Direttiva Ue sulla presunzione di innocenza. Musica per le orecchie di chi, come noi di Azione, combatte quotidianamente le distorsioni della comunicazione giudiziaria. Un importante segnale al Parlamento chiamato ad esprimersi la prossima settimana sull'emendamento da noi presentato per recepire immediatamente la direttiva Ue".

I miei corsi

Saturday, March 13, 2021

Laterizi

Materiale ceramico a pasta porosa, utilizzato sin dalla preistoria nell'edilizia, che costituisce un importantissimo materiale da costruzione. Viene creato con argilla depurata, pressata in forme stabilite, asciugata e cotta in forni appositi[1]. Sono laterizi il mattone pieno e forato, la pignatta, la tavella, la volterrana, il coppo, la tegola, vari ornamenti architettonici ed elementi utilizzati in edilizia[2]. L'impiego costruttivo del laterizio nasce per soddisfare delle necessità costruttive in zone pianeggianti e vallive, prive di altri materiali da costruzione, come il legno o la pietra, ma ricche di argilla[3]. Il processo di cottura dei mattoni può essere attribuito ai Sumeri, estendendosi poi all'intera Mesopotamia. Tale processo era complesso e costoso, facendo divenire il mattone un materiale prezioso e simbolico. Esempi di questa evoluzione sono le fortificazioni della porta Istar a Babilonia nel VII secolo a.C.. I primi leganti erano già nati nella zona mesopotamica durante la III dinastia Ur, intorno al XX secolo a.C., basati su impasti molto liquidi di argille, fino ad arrivare all'introduzione della calce in Campania attorno al 300 a.C.. Gli antichi greci e gli etruschi conoscevano il laterizio ma lo utilizzavano solo per le coperture e per rivestimento[4]. L'impiego costruttivo del laterizio nasce per soddisfare delle necessità costruttive in zone pianeggianti e vallive, prive di altri materiali da costruzione, come il legno o la pietra, ma ricche di argilla[3]. Il processo di cottura dei mattoni può essere attribuito ai Sumeri, estendendosi poi all'intera Mesopotamia. Tale processo era complesso e costoso, facendo divenire il mattone un materiale prezioso e simbolico. Esempi di questa evoluzione sono le fortificazioni della porta Istar a Babilonia nel VII secolo a.C.. I primi leganti erano già nati nella zona mesopotamica durante la III dinastia Ur, intorno al XX secolo a.C., basati su impasti molto liquidi di argille, fino ad arrivare all'introduzione della calce in Campania attorno al 300 a.C.. Gli antichi greci e gli etruschi conoscevano il laterizio ma lo utilizzavano solo per le coperture e per rivestimento[4].

Giardino all' italiana

Di origine tardo-rinascimentale ed è caratterizzato da una suddivisione geometrica degli spazi ottenuta con l'utilizzo di filari alberati e siepi, di sculture vegetali di varia forma ottenute con la potatura di cespugli sempreverdi (topiarie), specchi d'acqua geometrici, spesso accostati ad elementi architettonici quali fontane e statue. Ha profondamente influenzato l'intera storia del giardinaggio, risultando decisivo anche per la nascita del giardino alla francese e, per contrasto, del giardino all'inglese. sviluppatosi in Italia attorno alla metà del XVI secolo, è l'evoluzione del giardino medievale. Il primo giardino geometrico all'italiana viene tradizionalmente riferito all'ingegno di Niccolò Tribolo, che lavorò a Firenze ai giardini della villa di Castello, della villa Corsini e poi ai Giardini di Boboli, fornendo un modello che venne poi sviluppato scenograficamente nei secoli XVII e XVIII. Solo nel XIX secolo il giardino informale, o parco all'inglese, fornì un nuovo modello paesaggistico, che in alcuni casi comportò la sostituzione dei giardini geometrici e in altri li affiancò semplicemente, venendo destinato ad altre zone. Tra Otto e Novecento il formalismo ebbe un revival con l'attività di paesaggisti come Cecil Pinsent, ma in definitiva si può dire che non sia mai tramontato. Una caratteristica che si ritrova in tutti giardini formali sono le decorazioni al suolo fatte con aiuole, siepi di sempreverdi (spesso bosso), e le decorazioni floreali disegnate su prato o su un fondo di ghiaia colorata. Oltre ai singoli cespugli potati con forme geometriche, i giardini formali presentano spesso grandi gruppi di piante o complessi vegetali di alberi o arbusti potati secondo forme geometriche, come ad esempio alberi, alti anche oltre i 20 metri, potati a spalliera, tali da realizzare vere e proprie architetture vegetali. Con la stessa logica, nei giardini formali, sono realizzati labirinti, tunnel, colonnati e anfiteatri (teatri di verzura). Nel giardino formale la pavimentazione è realizzata in terra battuta, ghiaia colorata o prato all'inglese. Un altro elemento spesso presente è il giardino segreto, una zona riservata, nascosta nella vegetazione o murato, utilizzato per la coltivazione di piante rare o per distendersi fuori dalla vista degli altri.

Tempo

Il dato dell'esperienza umana è che tutto ciò che interessa i nostri sensi sia ciò che appare come energia o materia, ovvero, le loro trasformazioni. La materia, come più intuibile riferimento, "è", e (contestualmente) "diviene" (ossia assume altra forma). L'ovvietà di questa asserzione non tragga in inganno: essa sottende una contraddizione, perché l'essere di un oggetto è certificato dalla sua identità (nel tempo), ovvero dal suo permanente esistere; il divenire, invece, presuppone la trasformazione, ovvero la diversità (della forma), per cui impone un "prima" e un "dopo", vale a dire un (intervallo di) "tempo" che scientificamente invece è senza spiegazione. In filosofia occidentale il tempo trae origine dalla trasformazione. La percezione umana del "tempo" è la proiezione che la coscienza costruisce in modo che la realtà di cui siamo parte si sarebbe materialmente modificata. Se una persona osserva una formica che si muove, la diversità delle posizioni assunte, o se un uomo presta attenzione al susseguirsi dei pensieri di un individuo o ai battiti del suo cuore, fatti fisiologici, e in ultima analisi, fisici, ciò appare ad una mente umana che è trascorso un "intervallo di tempo", tempo che però presuppone una logica circolare poiché la sua spiegazione è anche la sua definizione. Si evidenzia "intervallo", apparente in una cornice temporale, a significare che il tempo è apparentemente una "durata" (unico sinonimo di tempo), e come tale ha un inizio e una fine come assioma ma senza alcuna dimostrazione. Molto di ciò che riguarda la percezione del tempo sembra dipendere dalla mente: il passato è un ricordo, derivato dalla memoria del vissuto; il presente una comprensione, una lettura del reale secondo il "linguaggio dei valori" adottato dal soggetto al momento della percezione; il futuro una previsione, una proiezione dei costrutti intellettuali, sia razionali sia passionali, da cui spesso ci si lascia guidare, mentre scientificamente tutto il tempo esiste simultaneamente e continuamente senza distinzione tra passato e futuro, mentre il presente formalmente non esisterebbe in quanto ogni atto necessita di una latenza come minimo del lasso della velocità-luce. I paradossi di Zenone (che molti secoli dopo sarebbero stati di aiuto nello sviluppo del calcolo infinitesimale) sfidavano in modo provocatorio la nozione comune di tempo. Il paradosso più celebre è quello di Achille e la tartaruga: secondo il suo ragionamento, attenendosi strettamente alle regole logiche, l'eroe greco (detto "pié veloce" in quanto secondo la mitologia greca era "il più veloce tra i mortali") non raggiungerebbe mai una tartaruga. L'esempio è molto semplice: supponiamo che inizialmente Achille e la tartaruga siano separati da una distanza x e che la velocità dell'eroe corrisponda a 10 volte quella dell'animale. Achille comincia a correre fino a raggiungere il punto x dove si trovava la tartaruga ma essa, nel frattempo, avrà percorso una distanza uguale a 1/10 di x. Achille prosegue e raggiunge il punto "x + 1/10 di x" mentre la tartaruga ha il tempo di compiere una distanza di 1/100 di x (1/10 di 1/10 di x), distanziando nuovamente l'inseguitore. Continuando all'infinito Achille riuscirà ad avvicinarsi sempre di più all'animale il quale però continuerà ad avere un sempre più piccolo ma comunque sempre presente distacco. La paradossale conclusione di Zenone era: Achille non raggiungerà mai la tartaruga. La posizione di Parmenide è assai diversa da quella dell'allievo Zenone: questi infatti sosteneva che l'"ancoraggio metafisico" del reale, l'essenza stessa della realtà, fosse eterno e che, dunque, il tempo fosse una posizione della doxa ('opinione'), di quella sapienza che non è propria di chi sa veramente. In seno all'essere (che è l'essenza del mondo), in sintesi, non c'è tempo né moto.

Thursday, March 4, 2021

La potatura degli alberi nei nostri giardini è molto spesso un’operazione obbligatoria per permettere la tranquilla convivenza tra persone e piante, ma è necessario farla nel modo corretto, ed è fondamentale ricordarsi sempre che gli alberi sono vivi, che ad ogni nostra azione corrisponderà una loro reazione: la bravura di chi andrà a potare sarà proprio nel prevederla, così da ottenere i risultati desiderati. Per capire come si esegue una corretta potatura, bisogna per prima cosa smentire alcuni concetti, che possono forse sembrare banali, ma che ogni giorno ci accorgiamo essere presenti nell’idea di potatura di chi conosce poco le piante. Innanzitutto, non è assolutamente vero che gli alberi “hanno bisogno di essere tagliati”, né tanto meno che “tagliandoli si rinforzano”. Tutt’altro. Le piante esistono da molto più tempo di noi, ci hanno visto arrivare e con ogni probabilità ci vedranno andare via…non hanno assolutamente bisogno dell’uomo. Ricordiamoci che ogni volta che potiamo un’ albero, lo facciamo esclusivamente per i nostri interessi: per indurli a fare più frutti e per raccoglierli più facilmente, per togliere i rami che danno fastidio al passaggio delle auto o che vanno sul balcone, per avere alberi più belli da vedere, per alleggerire i rami troppo pesanti che magari con una nevicata o col vento possono diventare pericolosi. Come si vede, i vantaggi sono sempre nostri! L’idea che tagliandoli si rinforzano, poi, è un’impressione totalmente scorretta, dovuta alla reazione di certe piante in seguito ad un taglio drastico. Ogni volta che tagliamo un ramo, togliamo una parte indispensabile per l’albero, ovvero le foglie: non dimentichiamoci che le piante si nutrono dalle foglie, con la fotosintesi, e non dalle radici come spesso si crede. Se togliamo una parte eccessiva di rami, e quindi di foglie (presenti al momento del taglio o pronte a svilupparsi nella primavera che arriva), l’albero si troverà in condizione di avere troppo poca energia rispetto a quella di cui necessita, poiché il nutrimento prodotto dalle foglie non serve solo a loro, ma anche ai rami, al fusto e alle radici. Come dicevamo, alcuni alberi (pensiamo al tiglio, o al platano) hanno la capacità di reagire a questa situazione emettendo rapidamente nuovi rami che, sviluppandosi molto in fretta, andranno a sopperire alla carenza di energia ricreando la chioma persa. Ciò è possibile perché queste piante sono capaci di immagazzinare al loro interno grandi quantità di energia, e sono inoltre in grado di produrre particolari tipi di gemme, chiamate avventizie, che si sviluppano solo in situazioni di stress, come ad es. una drastica potatura. Il risultato di questa reazione sarà quindi la produzione di moltissimi rami, che però, data la grande velocità con cui si accrescono, risulteranno molto deboli, proprio perché l’obiettivo dell’albero in questa situazione è di nutrirsi il prima possibile, e non creare una struttura solida. Questi rami risulteranno attaccati all’albero in modo precario e formati da legno debole, e saranno soggetti a facili rotture. Detto questo, si può ben capire che, anche se si rende necessaria una riduzione della dimensione dell’albero, una potatura di tipo drastico è del tutto inutile, e le conseguenze saranno: – formazione di numerosi rami che rapidamente riportano l’albero alle sue dimensioni iniziali; – formazione di rami che negli anni diventeranno pericolosi; – aumento dell’azione di patogeni, come funghi, che nei grossi tagli trovano facile ingresso; – perdita di importanti radici che non possono essere nutrite, cui segue una riduzione della stabilità dell’albero – totale perdita del valore estetico dell’albero ornamentale. Possiamo quindi dire che interventi di questo tipo non solo sono dannosi per gli alberi, ma anche inutili sprechi di denaro, poiché si avrà o il risultato descritto, o spesso, se il tipo di albero in questione non sopporta tagli drastici (ad es. le betulle, o i pini) addirittura il deperimento e la conseguente morte dell’albero che non è in grado di reagire.

Tuesday, March 2, 2021

Fideiussione

Fideiussione a garanzia d’affitto Quando si stipula un contratto di locazione per affittare un immobile ad uso commerciale o abitativo, il proprietario può richiedere una fideiussione come garanzia d’affitto. Con questo contratto, il locatore si assicura la copertura dei canoni mensili o del deposito cauzionale da parte di un istituto di credito; per cui, se l’affittuario non dovesse corrispondere tali somme, è il fideiussore terzo a coprirne le spese.

Art. 116 Cp