Friday, March 31, 2023

Stalle tubo educatore

Astrolabio

Astrolabio Moderno

stalla lamellare niente condensa

Wolf: niente condensa con la stalla in legno È questo uno dei tanti vantaggi che Alfio Sassella e Sonia Marioli, conduttori dell’azienda Marioli Sonia a Talamona (So), hanno riscontrato dopo la costruzione della nuova struttura firmata Wolf System. «Le caratteristiche dello stabile garantiscono un maggior livello di benessere animale e vitelli visibilmente più in salute» Miglior salute dei vitelli, elevato livello di benessere animale e soddisfazione dal punto di vista sia estetico che funzionale. Sono i vantaggi che la scelta di una stalla in legno firmata Wolf System ha portato ai coniugi Alfio Sassella e Sonia Marioli, conduttori dell’azienda agricola Marioli Sonia a Talamona, in provincia di Sondrio. La costruzione della nuova stalla risale al 2010, quando Alfio e la moglie Sonia decisero di radunare i loro 50 capi, suddivisi in tre stalle diverse prese in affitto, sotto un unico tetto. Le bovine appartengono alla Original Braunvieh (Bruna originale), una razza antica e precedente all’attuale “Bruna alpina”. In Lombardia, nel Registro anagrafico della Bruna originale, ne sono censiti oggi 400 capi. Le caratteristiche di razza Come spiega Sassella, che oltre a essere allevatore è anche presidente dell’Associazione Original Braunvieh, «anticamente questa razza era a triplice attitudine: lavoro, carne e latte. Oggi è rimasta ovviamente solo a duplice attitudine: carne e latte. I vitelli maschi si caratterizzano per una resa elevata in carne, così come anche le vacche a fine carriera. Si tratta di una razza longeva, sia per le sue caratteristiche genetiche, sia per le condizioni di allevamento estensive (stalla e alpeggio). L’età media di una vacca di Original Braunvieh è infatti intorno ai 15 anni, con alle spalle anche 6/7 parti». Proprio per le sue caratteristiche genetiche, l’allevamento della Original Braunvieh va gestito in modo che le vacche, nei mesi invernali, restino in stalla, mentre, nei mesi estivi, possano pascolare negli alpeggi. In alpeggio da maggio a settembre Prosegue Sassella: «A maggio portiamo gli animali in alpeggio a circa 500 metri d’altitudine. Nella prima metà di giugno saliamo a 1.400 metri, mentre da luglio a settembre rimaniamo in alpeggio a quota 2.000-2.200 metri. L’alpeggio è di proprietà e si trova in Val Brembana vicino al Passo San Marco». Condensa in stalla un problema da risolvere Per i mesi che le vacche trascorrono in stalla, Sassella spiega quali erano le esigenze da soddisfare: «La nostra zona è molto umida, per cui avevamo necessità di un ambiente sempre areato che risolvesse il problema della condensa. Dunque, grazie alla presenza di un cupolino su tutta la linea di colmo, la ventilazione viene oggi favorita da tre finestre a vasistas poste in ogni campata. Questo garantisce un costante ricambio d’aria, per cui possiamo dire di avere ottenuto un maggior livello di benessere animale e vitelli visibilmente più in salute». La stalla La stalla è di 17,2 metri x 24. La sua copertura, così come quella del caseificio aziendale (vedi box), è in pannello a sandwich su assito in legno. La scelta è stata motivata da esigenze estetiche, ma anche allo scopo di evitare condense. Per il fienile si è scelto una copertura in lamiera grecata con feltro anticondensa. Il basamento della stalla è in muratura in sasso a vista. Le pareti sono coibentate. La stabulazione fissa un “ritorno alle origini” Le vacche dell’azienda Marioli sono a stabulazione fissa legate alla posta, «un ritorno alle origini in un contesto di innovazione - commenta Sassella -. Una delle caratteristiche di questa razza consiste infatti nel portamento delle corna. In ogni caso lo spazio a disposizione non avrebbe permesso di costruire una stalla libera. Invece, con la stabulazione fissa, i metri quadri necessari per capo sono inferiori. L’idea che la stabulazione fissa sia sinonimo di scarso benessere animale non corrisponde al vero, soprattutto nel nostro caso. Anzitutto, perché le poste che abbiamo realizzato lasciano molta libertà alle bovine e sono attente a tutte le esigenze degli animali. Secondariamente, perché la mandria rimane nei pascoli per circa cinque mesi all’anno nel caso delle vacche e fino a sette o otto mesi all’anno nel caso delle manze. Tutto ciò per dire che il tempo in cui l’animale rimane legato alla posta è veramente minimo». Prosegue Sassella: «Abbiamo posto particolare attenzione alla scelta delle attrezzature interne, optando anzitutto per una pavimentazione in gomma, che offre maggior comfort all’animale. Inoltre abbiamo deciso per un tipo di posta che permette agli animali un’ottima capacità di movimento in senso longitudinale e in senso trasversale. Non essendo presente un vero e proprio tubo educatore, si evitano escoriazioni sul collo degli animali».

Il Verbo

Serie di mappe concettuali e schemi di sintesi sui verbi, Italiano, grammatica italiana, classe quarta e quinta scuola primaria, scuola secondaria di primo e secondo grado: classificazione, modi finiti, modi indefiniti.

Sunday, March 26, 2023

Buoni P

Capitale sociale

Il capitale sociale è una somma di risorse – economiche e materiali – costitutive di un'azienda; è di fatto il punto di partenza di ogni attività commerciale. Dal capitale sociale, infatti, si attinge principalmente per recuperare, in fase iniziale, tutto ciò che serve ad avviare l’azienda: i macchinari, le attrezzature, i soldi che servono per pagare spese e stipendi. Il suo valore viene stabilito in accordo con gli altri soci ed è reso esplicito già nello statuto. Ma nel corso del ciclo di vita di un’azienda, l’ammontare del capitale sociale può crescere e fornire così una maggiore garanzia di solvibilità ai soci coinvolti. Ecco come funziona e che ruolo riveste all’interno della gestione finanziaria della tua impresa. Che cos’è il capitale sociale di un’azienda Al momento della sua costituzione, un’azienda ha bisogno di un capitale iniziale per poter dare il via alla sua attività. Un capitale iniziale che non deve per forza limitarsi al denaro, ma che include anche beni materiali (come macchinari e attrezzature) e immateriali (brevetti o prestazione d’opera) che sono essenziali per l’azienda. Queste risorse – di qualsiasi natura esse siano – vengono conferite in azienda da chi l’ha fondato a titolo di capitale iniziale. Nel caso di azienda con un unico fondatore, il capitale iniziale sarà definito come capitale proprio. Ma quando l’attività commerciale nasce da più soci fondatori si parlerà allora di capitale sociale. Il capitale sociale è allora la somma di tutte le risorse messe a disposizione dai soci, risorse materiali o immateriali e considerate secondo il loro valore in denaro. Si può parlare di capitale sociale anche utilizzando l’espressione «capitale di rischio». Infatti, il capitale sociale è la somma di risorse soggetta al rischio di investimento e che, in caso di fallimento dell’impresa, verrebbe liquidata per intero allo scopo di pagare i debiti insoluti. Le risorse conferite dai soci non devono necessariamente essere di pari valore: ogni socio può infatti contribuire all’azienda in misura diversa. Se prendiamo come esempio un’azienda di tre soci, con capitale sociale iniziale di 60mila euro, potremmo trovarci di fronte a una situazione in cui: Socio n°1 ha messo a disposizione 20mila euro; Socio n°2 ha conferito 25mila euro; Socio n°3 ha contribuito con 15mila euro. Il totale è appunto 60mila euro ma, come possiamo vedere, i conferimenti iniziali di ogni singolo socio hanno un valore diverso. Questa differenza nel valore comporta ovviamente una differenza anche nella quota di partecipazione. Ogni socio sarà quindi proprietario di una quota di partecipazione sociale in proporzione a quanto ha contribuito alla costituzione del capitale sociale. Nello specifico, seguendo questo esempio, al socio n°1 spetterà il 33%; al socio n° 2 invece circa il 41%; per ultimo, al socio n° 3 toccherà il 25%. Le quote di partecipazione rappresentano un elemento di primaria importanza nelle società, perché è proprio sulla base di queste che vengono attribuiti diritti e oneri dei soci in relazione alla gestione dell’azienda. Da cosa è formato il capitale sociale? L’esempio riportato nel paragrafo precedente ci mostra un’azienda con un capitale iniziale di 60mila euro, cifra che corrisponde al valore nominale del capitale sociale. Come abbiamo già detto, infatti, il conferimento di ogni socio viene considerato in base al suo valore economico, ma può essere messo a disposizione in forma di bene materiale o immateriale. A tal proposito è bene fare una distinzione tra diverse tipologie di conferimento. Alla costituzione del capitale sociale si può contribuire infatti con conferimenti: in denaro; di azienda; in natura; di diritti di godimento; di crediti ceduti; di contratti. Inoltre, nel caso delle società di persone, anche le prestazioni d’opera possono valere come contributo al capitale sociale. Com’è chiaro, la natura dei conferimenti è varia e ampia. Distinguere tra le diverse tipologie di partecipazione al capitale sociale è però utile a stabilire la modalità di conferimento. Il conferimento in denaro, per esempio, al momento della sottoscrizione, può essere versato anche parzialmente. Nello specifico, quando un socio contribuisce con una somma di denaro, al momento del suo ingresso in azienda può versare liquidità per un importo pari al 25% del conferimento totale. Il resto del denaro rimane comunque di proprietà dell’azienda, ma potrà essere messo a disposizione successivamente. Diverso è il caso dei conferimenti non in denaro – siano essi in natura o di azienda e così via – che va invece reso disponibile integralmente. Dunque, se per esempio un socio decide di contribuire con un bene immobile, questo deve essere dato all’azienda per intero e nell’immediato. In seguito nello statuto dell’azienda verrà inserito il valore economico di ogni conferimento, così come calcolato da un perito specializzato. Dunque il capitale sociale è – sulla carta – un valore economico, ma nel concreto può essere formato da: beni mobili, quindi macchinari o attrezzature; beni immobili, cioè locali o terreni; crediti di un socio verso terzi; rami d’azienda o intere aziende; marchi e brevetti; prestazioni d’opera (per le società di persone) ecc. IT - WP previsione di cassa Capitale sociale, patrimonio sociale e patrimonio netto Le risorse del capitale sociale sono quindi fondamentali per un’azienda. È grazie a queste che la tua attività può iniziare a muovere i primi passi, e procedere con l’assunzione di personale o la produzione di beni a partire da materie prime. Ma proseguendo nel suo ciclo di vita, la disponibilità di risorse subisce ovviamente delle variazioni. Infatti, non appena prende il via l’attività di produzione vera e propria, il capitale sociale è affiancato da: riserve legali, statutarie e straordinarie; utili portati a nuovo, cioè liquidità che non viene conferita in alcuna riserva; utili d’esercizio, e quindi il profitto vero e proprio. Queste tre voci, insieme al capitale sociale, costituiscono il patrimonio netto, un ammontare di risorse da utilizzare nell’auto-finanziamento della tua azienda, e che ti fornisce il necessario per coprire eventuali debiti commerciali e finanziari. Il patrimonio sociale è invece un insieme più ampio. Include non solo il patrimonio netto – e quindi anche il capitale sociale – ma, più in generale, -tutti i beni di cui è titolare una società._ Per spiegarlo in altre parole, il patrimonio sociale corrisponde alla somma di attivo e passivo di un’azienda. Il capitale sociale si può modificare? Ci sono diverse ragioni per prendere in considerazione una variazione del capitale sociale. Una di queste è, per esempio, il fabbisogno di liquidità. Se la tua azienda ha problemi di liquidità, aumentare il capitale sociale potrebbe scongiurare il rischio di liquidazione giudiziaria. Il capitale sociale, però, è un valore indicato nello statuto costitutivo dell’azienda. Pertanto la sua variazione rientra tra le operazioni straordinarie da mettere in atto in caso di necessità. Esistono due strade possibili per aumentare il capitale sociale: una gratuita e una a pagamento. Si parla di aumento gratuito del capitale sociale, quando il capitale sociale viene accresciuto trasferendo in esso una parte della liquidità già accantonata a riserva. In quel caso, il capitale sociale aumenta con la liquidità di cui l’azienda già dispone perché propria del suo patrimonio netto. Questa operazione, dunque, non modifica il patrimonio sociale. L’aumento a pagamento del capitale sociale riguarda invece il conferimento di liquidità extra, che può arrivare dai soci già coinvolti o da nuovi ingressi. Il nuovo gettito di liquidità contribuirà all’aumento del patrimonio sociale e servirà a supportare l’azienda in caso di situazione finanziaria critica. È chiaro, a questo punto, che il capitale sociale può anche diminuire. Come già sappiamo, le perdite d’esercizio riducono il patrimonio sociale dell’azienda e vanno coperte con gli accantonamenti a riserve obbligatori per legge. Qualora le riserve dovessero terminare, le perdite saranno gestite con le risorse del capitale sociale. A quel punto però il rischio di una crisi di liquidità – con conseguente fallimento – si farà sempre più concreto. IT - CTA - Cash flow previsionale Con Agicap proteggi il capitale sociale, monitorando il tuo cash flow Il capitale sociale della tua azienda le garantisce stabilità finanziaria. Ma una gestione imprecisa della liquidità aziendale può compromettere gravemente i tuoi investimenti e quelli dei tuoi soci. Agicap è un software di gestione della tesoreria che ti mostra un quadro completo del tuo flusso di cassa grazie al monitoraggio in tempo reale di entrate e uscite. Agicap ti guida nelle decisioni aziendali offrendoti scenari di previsioni affidabili, costruiti sui dati importati in automatico dai tuoi tool aziendali. Tenere sotto controllo il flusso di cassa ti aiuta a mantenere in equilibrio il denaro in entrata e in uscita, così da scongiurare il rischio di una crisi di liquidità e proteggere il capitale sociale da ogni possibile riduzione.

OTIA

Saturday, March 25, 2023

Topografia

. Oggetto del Casellario Il Testo Unico delle disposizioni in materia di casellario, il D.P.R. 14/11/2002, n. 313, ha regolamentato l’Istituto con una disciplina ad hoc, in virtù della quale sono state formalmente abrogate le previsioni contenute negli artt. 685 e ss. c.p.p., che in passato governavano la materia. Lo stesso Testo Unico ha elaborato una nitida nozione del Casellario giudiziale, da intendersi quale “registro nazionale che contiene l’insieme dei dati relativi a provvedimenti giudiziari e amministrativi riferiti a soggetti determinati” (art. 2, comma 1, lett. a). Invero, il legislatore del 2002 ha riunito sotto la medesima cornice normativa anche le disposizioni in materia di Anagrafe delle sanzioni amministrative (ovvero l’archivio dei dati relativi ai provvedimenti che applicano agli enti con personalità giuridica, alle società e associazioni, anche prive di personalità giuridica, le sanzioni amministrative per gli illeciti dipendenti da reato ai sensi del D.Lgs. 08/06/2001, n. 231) e quelle relative al Casellario dei carichi pendenti (cioè l’archivio dei dati relativi a provvedimenti giudiziari riferiti a soggetti che hanno la qualità di imputato, ovvero agli enti cui è contestato l’illecito amministrativo da reato). Il D.Lgs. 12/05/2016, n. 74 ha ulteriormente interpolato il corpus originario del Testo Unico, arricchendolo con l’introduzione del Casellario giudiziale europeo, ovverosia l’insieme dei dati relativi a provvedimenti giudiziari di condanna adottati negli Stati membri dell’Unione europea nei confronti di cittadini italiani. 2. Provvedimenti iscritti nel casellario In ambito penale, il Casellario assurge a vero e proprio organo della memoria penalistica; infatti, i provvedimenti che vengono iscritti nel Casellario, tassativamente annoverati dal Testo Unico (art. 3, comma 1), ineriscono a: le sentenze di condanna definitive e i decreti penali definitivi, inclusi i provvedimenti promananti da organi giurisdizionali stranieri, laddove siano stati oggetto della procedura di riconoscimento di cui agli artt. 730 ss. c.p.p. Per converso, sono esclusi i provvedimenti concernenti contravvenzioni per le quali la legge ammette la definizione in via amministrativa, o l’oblazione limitatamente alle ipotesi di cui all’art. 162 c.p., sempre che per quelli esclusi non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena; i provvedimenti di proscioglimento definitivi che hanno prosciolto l’imputato, ovvero hanno dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, ovvero hanno disposto una misura di sicurezza, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p. (i.e. per particolare tenuità del fatto); i provvedimenti con cui il Giudice dispone la sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 420-quater c.p.p. (sospensione del processo per assenza dell’imputato); i provvedimenti giudiziari definitivi relativi alle pene, compresa la sospensione condizionale, alle misure di sicurezza, alle pene accessorie, agli effetti penali della condanna e alla dichiarazione di abitualità, professionalità o di tendenza a delinquere; i provvedimenti giudiziari relativi alle misure alternative, alla liberazione condizionale, alla conversione delle pene detentive in pene pecuniarie; i provvedimenti adottati dal Pubblico Ministero, segnatamente quelli di sospensione dell’ordine di esecuzione, di detrazione del periodo di c.d. pre-sofferto, ovvero di cumulo di pene concorrenti. banner black friday 2020 Da ultimo, la novella introdotta con il D.Lgs. 02/10/2018, n. 122 - in attuazione dell’art. 1, commi 18 e 19, L. 23/06/2017, n. 103 - ha aggiunto al novero dei provvedimenti iscrivibili anche le sentenze che dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 464-septies c.p.p. L’art. 3, comma 1, lett. f) del Testo Unico, così come risultante dall’interpolazione operata dal D.Lgs. 16/03/2015, n. 28, prescrive l’iscrizione dei provvedimenti definitivi contenenti la declaratoria di non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p. 3. Erogazione dei servizi certificativi Il nucleo dell’attività istituzionale del Casellario è costituito dall’erogazione dei servizi certificativi a favore degli organi della giurisdizione penale, delle Pubbliche Amministrazioni, degli enti incaricati di pubblici servizi e, più in generale, di tutti i soggetti interessati (si pensi alla persona cui le iscrizioni si riferiscono, ma anche a soggetti terzi quale il datore di lavoro). In particolare, gli uffici che esercitano la giurisdizione penale, nonché quelli del Pubblico Ministero, hanno il diritto di ottenere “per ragioni di giustizia” il certificato del Casellario giudiziale, del Casellario dei carichi pendenti, nonché dell’Anagrafe delle sanzioni amministrative e dei carichi pendenti relativi agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, in ordine a tutte le iscrizioni esistenti riferite ad un determinato soggetto o a un determinato ente (art. 21, comma 1, e art. 30 del D.P.R. cit.). Previa autorizzazione del Giudice procedente, il Pubblico Ministero e il difensore hanno altresì diritto di ottenere la certificazione relativa alle persone che acquistano la qualifica di persona offesa, ovvero di testimone, “per le finalità riconosciute dal codice di procedura penale” (art. 22). 4. Ufficio periferico del Casellario L’ufficio periferico del Casellario, istituito presso ogni Procura della Repubblica, rilascia al soggetto interessato, che ne faccia richiesta, il certificato del Casellario giudiziale, contenente i provvedimenti in materia penale, civile e amministrativi a lui riferibili; a tal fine, nessun obbligo di motivazione grava sul richiedente. A partire dal 26/10/2019 (i.e. la data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 122/2018), il certificato del Casellario giudiziale riassume gli ex certificati penale e civile, di cui ai previgenti artt. 25 e 26 TU, e, al contempo, contiene l’attestazione relativa alla sussistenza o meno di iscrizioni nel Casellario giudiziale europeo per i cittadini italiani. 5. Condanne e provvedimenti che non devono risultare dal casellario Il legislatore ha previsto all’art. 24 TU che nel certificato del Casellario giudiziale richiesto dall’interessato non debba figurare alcuna traccia delle iscrizioni concernenti:. Oggetto del Casellario Il Testo Unico delle disposizioni in materia di casellario, il D.P.R. 14/11/2002, n. 313, ha regolamentato l’Istituto con una disciplina ad hoc, in virtù della quale sono state formalmente abrogate le previsioni contenute negli artt. 685 e ss. c.p.p., che in passato governavano la materia. Lo stesso Testo Unico ha elaborato una nitida nozione del Casellario giudiziale, da intendersi quale “registro nazionale che contiene l’insieme dei dati relativi a provvedimenti giudiziari e amministrativi riferiti a soggetti determinati” (art. 2, comma 1, lett. a). Invero, il legislatore del 2002 ha riunito sotto la medesima cornice normativa anche le disposizioni in materia di Anagrafe delle sanzioni amministrative (ovvero l’archivio dei dati relativi ai provvedimenti che applicano agli enti con personalità giuridica, alle società e associazioni, anche prive di personalità giuridica, le sanzioni amministrative per gli illeciti dipendenti da reato ai sensi del D.Lgs. 08/06/2001, n. 231) e quelle relative al Casellario dei carichi pendenti (cioè l’archivio dei dati relativi a provvedimenti giudiziari riferiti a soggetti che hanno la qualità di imputato, ovvero agli enti cui è contestato l’illecito amministrativo da reato). Il D.Lgs. 12/05/2016, n. 74 ha ulteriormente interpolato il corpus originario del Testo Unico, arricchendolo con l’introduzione del Casellario giudiziale europeo, ovverosia l’insieme dei dati relativi a provvedimenti giudiziari di condanna adottati negli Stati membri dell’Unione europea nei confronti di cittadini italiani. 2. Provvedimenti iscritti nel casellario In ambito penale, il Casellario assurge a vero e proprio organo della memoria penalistica; infatti, i provvedimenti che vengono iscritti nel Casellario, tassativamente annoverati dal Testo Unico (art. 3, comma 1), ineriscono a: le sentenze di condanna definitive e i decreti penali definitivi, inclusi i provvedimenti promananti da organi giurisdizionali stranieri, laddove siano stati oggetto della procedura di riconoscimento di cui agli artt. 730 ss. c.p.p. Per converso, sono esclusi i provvedimenti concernenti contravvenzioni per le quali la legge ammette la definizione in via amministrativa, o l’oblazione limitatamente alle ipotesi di cui all’art. 162 c.p., sempre che per quelli esclusi non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena; i provvedimenti di proscioglimento definitivi che hanno prosciolto l’imputato, ovvero hanno dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, ovvero hanno disposto una misura di sicurezza, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p. (i.e. per particolare tenuità del fatto); i provvedimenti con cui il Giudice dispone la sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 420-quater c.p.p. (sospensione del processo per assenza dell’imputato); i provvedimenti giudiziari definitivi relativi alle pene, compresa la sospensione condizionale, alle misure di sicurezza, alle pene accessorie, agli effetti penali della condanna e alla dichiarazione di abitualità, professionalità o di tendenza a delinquere; i provvedimenti giudiziari relativi alle misure alternative, alla liberazione condizionale, alla conversione delle pene detentive in pene pecuniarie; i provvedimenti adottati dal Pubblico Ministero, segnatamente quelli di sospensione dell’ordine di esecuzione, di detrazione del periodo di c.d. pre-sofferto, ovvero di cumulo di pene concorrenti. banner black friday 2020 Da ultimo, la novella introdotta con il D.Lgs. 02/10/2018, n. 122 - in attuazione dell’art. 1, commi 18 e 19, L. 23/06/2017, n. 103 - ha aggiunto al novero dei provvedimenti iscrivibili anche le sentenze che dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 464-septies c.p.p. L’art. 3, comma 1, lett. f) del Testo Unico, così come risultante dall’interpolazione operata dal D.Lgs. 16/03/2015, n. 28, prescrive l’iscrizione dei provvedimenti definitivi contenenti la declaratoria di non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p. 3. Erogazione dei servizi certificativi Il nucleo dell’attività istituzionale del Casellario è costituito dall’erogazione dei servizi certificativi a favore degli organi della giurisdizione penale, delle Pubbliche Amministrazioni, degli enti incaricati di pubblici servizi e, più in generale, di tutti i soggetti interessati (si pensi alla persona cui le iscrizioni si riferiscono, ma anche a soggetti terzi quale il datore di lavoro). In particolare, gli uffici che esercitano la giurisdizione penale, nonché quelli del Pubblico Ministero, hanno il diritto di ottenere “per ragioni di giustizia” il certificato del Casellario giudiziale, del Casellario dei carichi pendenti, nonché dell’Anagrafe delle sanzioni amministrative e dei carichi pendenti relativi agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, in ordine a tutte le iscrizioni esistenti riferite ad un determinato soggetto o a un determinato ente (art. 21, comma 1, e art. 30 del D.P.R. cit.). Previa autorizzazione del Giudice procedente, il Pubblico Ministero e il difensore hanno altresì diritto di ottenere la certificazione relativa alle persone che acquistano la qualifica di persona offesa, ovvero di testimone, “per le finalità riconosciute dal codice di procedura penale” (art. 22). 4. Ufficio periferico del Casellario L’ufficio periferico del Casellario, istituito presso ogni Procura della Repubblica, rilascia al soggetto interessato, che ne faccia richiesta, il certificato del Casellario giudiziale, contenente i provvedimenti in materia penale, civile e amministrativi a lui riferibili; a tal fine, nessun obbligo di motivazione grava sul richiedente. A partire dal 26/10/2019 (i.e. la data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 122/2018), il certificato del Casellario giudiziale riassume gli ex certificati penale e civile, di cui ai previgenti artt. 25 e 26 TU, e, al contempo, contiene l’attestazione relativa alla sussistenza o meno di iscrizioni nel Casellario giudiziale europeo per i cittadini italiani. 5. Condanne e provvedimenti che non devono risultare dal casellario Il legislatore ha previsto all’art. 24 TU che nel certificato del Casellario giudiziale richiesto dall’interessato non debba figurare alcuna traccia delle iscrizioni concernenti:
le condanne delle quali è stato ordinato che non si faccia menzione nel certificato a norma dell’art. 175 c.p., purché il beneficio non sia stato revocato; le condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e alle condanne per reati estinti a norma dell’art. 167, comma 1, c.p.; le condanne per i reati per i quali si è verificata la causa speciale di estinzione prevista dall’art. 556 c.p.; le condanne in relazione alle quali è stata definitivamente applicata l’amnistia e a quelle per le quali è stata dichiarata la riabilitazione, senza che questa sia stata in seguito revocata; la pronuncia di patteggiamento, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, e i decreti penali; le condanne per fatti che la legge ha cessato di considerare come reati, quando la relativa iscrizione non è stata eliminata; i provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p., quando la relativa iscrizione non è stata eliminata; i provvedimenti riguardanti misure di sicurezza conseguenti a sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere, quando le misure sono state revocate; i provvedimenti che riguardano l’applicazione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale semplice o con divieto o obbligo di soggiorno; i provvedimenti giudiziari emessi dal Giudice di pace; i provvedimenti giudiziari relativi ai reati di competenza del Giudice di pace emessi da un Giudice diverso, limitatamente alle iscrizioni concernenti questi reati; i provvedimenti di interdizione, di inabilitazione e relativi all’amministrazione di sostegno, quando esse sono state revocate; i provvedimenti che ai sensi dell’art. 464-quater c.p.p. dispongono la sospensione del procedimento con messa alla prova; le sentenze che ai sensi dell’articolo 464-septies c.p.p. penale dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova. La non menzione dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova e della sentenza che dichiara estinto il reato per esito positivo della probation è stata introdotta solo con il D.Lgs. n. 122/2018, a seguito dell’intervento del Giudice delle leggi che ha censurato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 1 nella formulazione previgente alla cennata modifica, “nella parte in cui non prevede che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti dall’interessato non siano riportate le iscrizioni dell’ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato ai sensi dell’art. 464-quater, c.p.c. e della sentenza che dichiara l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 464-septies, c.p.p.” (Corte cost., sent. n. 231/2018). 6. Casellario dei carichi pendenti Alla funzione di memoria penalistica risponde, altresì, il Casellario dei carichi pendenti, nel cui ambito sono iscrivibili quali provvedimenti afferenti la materia penale: i provvedimenti giudiziari che determinano l’assunzione della qualità di imputato sia nel processo ordinario che in quello da celebrare innanzi al Giudice di pace, inclusi il provvedimento di revoca della sentenza di non luogo a procedere, nonché il decreto di citazione che segna l’avvio del giudizio di revisione; ogni altro provvedimento che decide sull’imputazione emesso nelle fasi e nei gradi successivi del procedimento (art. 6 del D.P.R. cit.). Tutti i provvedimenti ˗ al pari di quelli ascrivibili al Casellario giudiziale ˗ devono essere iscritti non già nel loro contenuto integrale, ma per estratto, vale a dire soltanto con l’indicazione degli elementi essenziali (artt. 4 e 7). 7. Anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato Nell’Anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato vengono iscritti: i provvedimenti giudiziari definitivi che applicano agli enti le sanzioni amministrative previste dal D.Lgs. n. 231/2001; i provvedimenti giudiziari definitivi relativi all’esecuzione delle suddette sanzioni; qualsiasi altro provvedimento che concerne i provvedimenti già iscritti (art. 9). 8. Anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi Afferiscono all’Anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi dipendenti da reato: i provvedimenti giudiziari con i quali viene contestato all’ente l’illecito amministrativo dipendente da reato; ogni altro provvedimento giudiziario che decide sulla contestazione dell’illecito amministrativo emesso nelle fasi e nei gradi successivi (art. 12). 9. Organizzazione del Casellario giudiziale Per quanto attiene ai profili organizzativi del Casellario giudiziale, deve evidenziarsi che la raccolta dei dati si perfeziona mediante un sistema informativo automatizzato, appositamente disciplinato dal D.M. 25/01/2007. In particolare, la banca dati del Casellario giudiziale confluisce in un sistema unico, unitamente al Casellario dei carichi pendenti, all’Anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e all’Anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi, nonché al Casellario giudiziale europeo. L’iscrizione dei provvedimenti tassativamente indicati dal legislatore è prerogativa dell’Ufficio Iscrizione istituito presso l’Autorità Giudiziaria che ha emesso il provvedimento d’interesse, mentre l’Ufficio centrale del Casellario giudiziale, che garantisce il composito funzionamento del sistema, è incardinato presso il Ministero della Giustizia (art. 2, lett. p). La competenza a decidere su tutte le questioni concernenti le iscrizioni, le eliminazioni e i certificati del Casellario giudiziale e dei carichi pendenti spetta al Tribunale in composizione monocratica del luogo dove ha sede l’ufficio locale nel cui ambito territoriale è nata la persona alla quale è riferita l’iscrizione o la relativa certificazione. Per le persone nate all’estero, o delle quali non è stato accertato il luogo di nascita nel territorio dello Stato, è competente il Tribunale di Roma. In ordine alle questioni concernenti le iscrizioni e i certificati dell’Anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato sociale e dell’Anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi dipendenti da reato sociale è chiamato a decidere il Tribunale di Roma in composizione monocratica, con le forme stabilite dall’art. 666 c.p.p., in quanto applicabili. le condanne delle quali è stato ordinato che non si faccia menzione nel certificato a norma dell’art. 175 c.p., purché il beneficio non sia stato revocato; le condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e alle condanne per reati estinti a norma dell’art. 167, comma 1, c.p.; le condanne per i reati per i quali si è verificata la causa speciale di estinzione prevista dall’art. 556 c.p.; le condanne in relazione alle quali è stata definitivamente applicata l’amnistia e a quelle per le quali è stata dichiarata la riabilitazione, senza che questa sia stata in seguito revocata; la pronuncia di patteggiamento, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, e i decreti penali; le condanne per fatti che la legge ha cessato di considerare come reati, quando la relativa iscrizione non è stata eliminata; i provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p., quando la relativa iscrizione non è stata eliminata; i provvedimenti riguardanti misure di sicurezza conseguenti a sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere, quando le misure sono state revocate; i provvedimenti che riguardano l’applicazione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale semplice o con divieto o obbligo di soggiorno; i provvedimenti giudiziari emessi dal Giudice di pace; i provvedimenti giudiziari relativi ai reati di competenza del Giudice di pace emessi da un Giudice diverso, limitatamente alle iscrizioni concernenti questi reati; i provvedimenti di interdizione, di inabilitazione e relativi all’amministrazione di sostegno, quando esse sono state revocate; i provvedimenti che ai sensi dell’art. 464-quater c.p.p. dispongono la sospensione del procedimento con messa alla prova; le sentenze che ai sensi dell’articolo 464-septies c.p.p. penale dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova. La non menzione dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova e della sentenza che dichiara estinto il reato per esito positivo della probation è stata introdotta solo con il D.Lgs. n. 122/2018, a seguito dell’intervento del Giudice delle leggi che ha censurato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 1 nella formulazione previgente alla cennata modifica, “nella parte in cui non prevede che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti dall’interessato non siano riportate le iscrizioni dell’ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato ai sensi dell’art. 464-quater, c.p.c. e della sentenza che dichiara l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 464-septies, c.p.p.” (Corte cost., sent. n. 231/2018). 6. Casellario dei carichi pendenti Alla funzione di memoria penalistica risponde, altresì, il Casellario dei carichi pendenti, nel cui ambito sono iscrivibili quali provvedimenti afferenti la materia penale: i provvedimenti giudiziari che determinano l’assunzione della qualità di imputato sia nel processo ordinario che in quello da celebrare innanzi al Giudice di pace, inclusi il provvedimento di revoca della sentenza di non luogo a procedere, nonché il decreto di citazione che segna l’avvio del giudizio di revisione; ogni altro provvedimento che decide sull’imputazione emesso nelle fasi e nei gradi successivi del procedimento (art. 6 del D.P.R. cit.). Tutti i provvedimenti ˗ al pari di quelli ascrivibili al Casellario giudiziale ˗ devono essere iscritti non già nel loro contenuto integrale, ma per estratto, vale a dire soltanto con l’indicazione degli elementi essenziali (artt. 4 e 7). 7. Anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato Nell’Anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato vengono iscritti: i provvedimenti giudiziari definitivi che applicano agli enti le sanzioni amministrative previste dal D.Lgs. n. 231/2001; i provvedimenti giudiziari definitivi relativi all’esecuzione delle suddette sanzioni; qualsiasi altro provvedimento che concerne i provvedimenti già iscritti (art. 9). 8. Anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi Afferiscono all’Anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi dipendenti da reato: i provvedimenti giudiziari con i quali viene contestato all’ente l’illecito amministrativo dipendente da reato; ogni altro provvedimento giudiziario che decide sulla contestazione dell’illecito amministrativo emesso nelle fasi e nei gradi successivi (art. 12). 9. Organizzazione del Casellario giudiziale Per quanto attiene ai profili organizzativi del Casellario giudiziale, deve evidenziarsi che la raccolta dei dati si perfeziona mediante un sistema informativo automatizzato, appositamente disciplinato dal D.M. 25/01/2007. In particolare, la banca dati del Casellario giudiziale confluisce in un sistema unico, unitamente al Casellario dei carichi pendenti, all’Anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e all’Anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi, nonché al Casellario giudiziale europeo. L’iscrizione dei provvedimenti tassativamente indicati dal legislatore è prerogativa dell’Ufficio Iscrizione istituito presso l’Autorità Giudiziaria che ha emesso il provvedimento d’interesse, mentre l’Ufficio centrale del Casellario giudiziale, che garantisce il composito funzionamento del sistema, è incardinato presso il Ministero della Giustizia (art. 2, lett. p). La competenza a decidere su tutte le questioni concernenti le iscrizioni, le eliminazioni e i certificati del Casellario giudiziale e dei carichi pendenti spetta al Tribunale in composizione monocratica del luogo dove ha sede l’ufficio locale nel cui ambito territoriale è nata la persona alla quale è riferita l’iscrizione o la relativa certificazione. Per le persone nate all’estero, o delle quali non è stato accertato il luogo di nascita nel territorio dello Stato, è competente il Tribunale di Roma. In ordine alle questioni concernenti le iscrizioni e i certificati dell’Anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato sociale e dell’Anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi dipendenti da reato sociale è chiamato a decidere il Tribunale di Roma in composizione monocratica, con le forme stabilite dall’art. 666 c.p.p., in quanto applicabili.

Friday, March 24, 2023

LOGICA DEL CASELLARIO EUROPEO

SVIZZERA

Rescissione

Art. 629-bis - Rescissione del giudicato 1. Il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.2. La richiesta è presentata alla corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, a pena di inammissibilità, personalmente dall’interessato o da un difensore munito di procura speciale autenticata nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3, entro trenta giorni dal momento dell’avvenuta conoscenza del procedimento. 3. La corte di appello provvede ai sensi dell’articolo 127 e, se accoglie la richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado. Si applica l’articolo 489, comma 2. 4. Si applicano gli articoli 635 e 640. Rassegna giurisprudenziale Rescissione del giudicato (art. 629-bis) In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, la disciplina di cui all'art. 24, commi 6-bis e ss. DL 137/2020, convertito con modificazione dalla L. 176/2020, in quanto riferita a tutti gli atti di impugnazione comunque denominati, trova applicazione anche in relazione all'istanza di rescissione del giudicato, nonostante la sua natura di impugnazione straordinaria (Sez. 5, 24111/2022) In tema di rescissione del giudicato, l'effettiva conoscenza del procedimento, ostativa alla revoca della sentenza di condanna emessa nei confronti di imputato assente, deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di "vocatio in iudicium", sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa non sia seguita la notifica dell'atto introduttivo del giudizio in detto luogo, ancorché a mano di soggetto diverso dal destinatario, ma comunque legittimato a ricevere l'atto (Sez. 3, 23853/2022). Ai fini del positivo accesso all'istituto della rescissione del giudicato ciò che conta non è tanto la pura e semplice mancanza di una conoscenza effettiva del processo, da cui, per effetto a cascata, è derivata la mancata partecipazione ad esso dell'imputato, ma ciò che rileva è la "incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo", per tale dovendosi intendere quella ignoranza che non sia derivata né da negligenza dimostrata dall'imputato né dal mancato rispetto da parte di questo di precise disposizioni normative che avrebbero imposto a lui l'adempimento di un qualche obbligo strumentale, appunto, alla informazione della pendenza del processo a suo carico (Sez. 3, 19433/2022). In tema di rescissione, nel caso si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato con disposizioni transitorie il passaggio dall'una all'altra, ai fini dell'individuazione della norma applicabile, concernente non già l'an dell'impugnazione, bensì il quomodo, si deve fare riferimento non al momento di emissione della sentenza passata in giudicato, bensì a quello nel quale il condannato in assenza è venuto a conoscenza del provvedimento e può esercitare il diritto di impugnazione straordinaria (Sez. 5, 380/2022). La conoscenza, costituente presupposto necessario e legittimante la dichiarazione di assenza dell’imputato, deve riguardare non l’esistenza del procedimento a carico dell’indagato, poi divenuto imputato, bensì l’esercizio dell’azione penale e quindi lo svolgimento del processo; pertanto, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari e l’incolpevole mancata conoscenza del processo non è esclusa né dalla notifica all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, né dalla notifica a persona diversa dall’imputato, ma con esso convivente, del decreto di citazione a giudizio, non incidendo il sistema di conoscenza legale in base a notifiche regolari sulla conoscenza effettiva del processo (Fattispecie nella quale la corte di appello aveva rigettato l’istanza di rescissione del giudicato proposta dalla ricorrente, ritenendo che la stessa dovesse considerarsi a conoscenza del procedimento celebrato a suo carico poiché l’avviso di conclusione delle indagini preliminari risultava notificato a mani della madre con lei convivente e la notifica del decreto di citazione era stata tentata presso il medesimo indirizzo, nonostante risultasse non effettuata a causa del trasferimento dell’imputata presso altra località non conosciuta. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la revoca della sentenza di primo grado, sospendendone l’esecuzione e disponendo la trasmissione degli atti al tribunale competente per l’ulteriore corso) (Sez. 2, 38121/2021). In tema di rescissione del giudicato, l'effettiva conoscenza del processo, che legittima l'aver proceduto in assenza, deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di "vocatio in iudicium" e non può desumersi dalla mera nomina di un difensore di fiducia, con elezione di domicilio presso di lui, effettuata nella fase delle indagini preliminari, nel caso in cui detto difensore si sia cancellato dall'albo e non vi sia prova alcuna del fatto che l'interessato fosse stato avvertito di tale cancellazione o che comunque ne fosse al corrente (Sez. 5, 19949/2021). Le nullità che abbiano riguardato la citazione dell’imputato e/o del difensore, coperte dal giudicato, pongono il condannato nella condizione di proporre richiesta di rescissione del giudicato, ai sensi dell’art. 629 bis, allegando l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che, da quelle, sia derivata (Sez. 1, 37052/2020). In tema di rescissione del giudicato, sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all’art. 625-ter, in tutti i casi in cui l’imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall’applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell’avviso di udienza (Sez. 2, 14787/2017). La rescissione del giudicato, come già stabilito dall’abrogato art. 625-ter ed ora dall’art. 629-bis comma 1, può essere richiesta dal condannato o dal sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato , nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo , qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata celebrazione del processo, tale rimedio, tuttavia, è esperibile solo con riguardo a procedimenti definiti successivamente all’entrata in vigore della L. 67/2014 (Sez. 2, 45431/2018). La richiesta finalizzata alla rescissione del giudicato, di cui all’art. 625-ter, che per la sua natura di mezzo di impugnazione deve essere depositata nella cancelleria del giudice di merito la cui sentenza è stata posta in esecuzione con allegazione dei documenti a sostegno, e che è esaminata dalla Corte di cassazione secondo la procedura camerale di cui all’art. 611, si applica solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420-bis, come modificato dalla L. 67/2014. Ai procedimenti contumaciali trattati secondo la normativa antecedente continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art. 175, comma 2 nel testo previgente (SU, 36848/2014). L’art. 629-bis - che ha sostituito l’art. 625-ter - consente al condannato, giudicato in absentia, di ottenere la rescissione del giudicato “qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo”. Tale norma va letta in correlazione con l’art. 420-bis, che prescrive di procedere in assenza dell’imputato “che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio”, nonché qualora “risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo. Sulla base della norma suddetta è sufficiente, quindi, per procedere in absentia, che l’imputato abbia eletto o dichiarato il domicilio, ovvero sussista la prova che abbia conoscenza del “procedimento”. Conseguentemente, questa Corte ha già statuito che sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all’art. 625-ter (ora, art. 629-bis), in tutti i casi in cui l’imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall’applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell’avviso di udienza (Sez. 5, 44179/2018). La rescissione del giudicato ex art. 625-ter non si applica al caso in cui l’imputato sia stato dichiarato assente avendo eletto domicilio presso il difensore d’ufficio, poiché, ai sensi degli artt. 420-bis, commi 2 e 3, e 175, comma 2, dall’elezione di domicilio deriva una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato, sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento (Sez. 5, 36855/2016). L’analisi del testo della disposizione che regola le modalità di proposizione dell’istanza prevista dall’art. 629-bis evidenzia la necessità della presentazione dell’impugnazione “personalmente”, ovvero a mezzo del difensore munito di procura speciale. Tale indicazione, che ripete quella già contenuta nel previgente art. 625-ter, esalta pacificamente la circostanza della presentazione dell’impugnazione con le sole modalità ivi specificate, senza la possibilità di ricorrere a sistemi di invio e comunicazione (quale, appunto, l’invio mediante il servizio postale); e ciò in ragione del carattere straordinario dell’impugnazione in esame e dell’espressa previsione di cause di inammissibilità, per la violazione delle regole attinenti appunto alle modalità di presentazione dell’impugnazione (che derogano alla generale previsione dell’articolo 582, comma 1, in quanto contemplano esclusivamente la presentazione personale – da parte del condannato o del difensore munito di procura speciale –, escludendo l’alternativa della presentazione «a mezzo di incaricato» o con un’altra modalità di invio (Sez. 2, 37880/2018). È inammissibile la richiesta di rescissione del giudicato presentata, con atto sottoscritto dal condannato, mediante spedizione postale di raccomandata A/R da parte del difensore, insieme all’atto di nomina ed alla procura speciale rilasciatagli (Sez. 5, 45851/2016). La richiesta ex art. 629-bis è ammissibile solo ove essa sia presentata personalmente dall’interessato, ovvero dal difensore munito di procura speciale, non essendo consentite modalità alternative di proposizione dell’istanza, quale quella dell’invio attraverso il servizio postale (Sez. 2, 37880/2018). In tema di rescissione del giudicato, il termine di trenta giorni per la presentazione della relativa richiesta decorre, non già dal momento in cui il condannato ha avuto compiuta conoscenza degli atti del processo e della sentenza conclusiva, bensì da quello in cui lo stesso ha avuto conoscenza del procedimento, ferma restando, in caso di particolare complessità della vicenda processuale, la possibilità per lo stesso di chiedere la restituzione nel termine per esercitare pienamente il diritto all'impugnazione straordinaria (Sez. 4, 36560/2021).

Sunday, March 19, 2023

Presidi

– Da qualche settimana si è creato un vasto movimento di sostegno ai circa 100 docenti che in tutta Italia continuano a svolgere la funzione di “presidi incaricati” o, come comunemente definiti, di “precari della dirigenza”. L’istituto dell’incarico di presidenza sembrava “defunto” con le ultime tornate concorsuali a posti di dirigente scolastico, nell’ottica del perseguimento della via maestra, indicata all’art. 97 della Costituzione, di “super concorsi” salvifici, rapidi e capaci, secondo l’idea del legislatore, di risolvere i gravosi problemi che affliggono la dirigenza scolastica. E’ necessario allora ripercorrere brevemente, senza tediare più di tanto, la storia normativa recente dell’istituto di cui sopra. – Da qualche settimana si è creato un vasto movimento di sostegno ai circa 100 docenti che in tutta Italia continuano a svolgere la funzione di “presidi incaricati” o, come comunemente definiti, di “precari della dirigenza”. L’istituto dell’incarico di presidenza sembrava “defunto” con le ultime tornate concorsuali a posti di dirigente scolastico, nell’ottica del perseguimento della via maestra, indicata all’art. 97 della Costituzione, di “super concorsi” salvifici, rapidi e capaci, secondo l’idea del legislatore, di risolvere i gravosi problemi che affliggono la dirigenza scolastica. E’ necessario allora ripercorrere brevemente, senza tediare più di tanto, la storia normativa recente dell’istituto di cui sopra. Il D.Lgs. n. 59/1998, nel ribadire la linea secondo la quale fosse negata la possibilità in via ordinaria di conferire posti dirigenziali a chi non avesse conseguito la relativa qualifica mediante concorso, stabilì pure che essa dovesse decorrere dallo svolgimento della prima tornata di concorsi dirigenziali e dalla redazione delle conseguenti graduatorie. Fino a quel momento l’art. 28 bis, comma 3, di quest’ultimo decreto stabilì che non solo fosse possibile nella scuola conferire incarichi di presidenza, ma che anzi essi sarebbero stati titolo valutabile proprio ai fini concorsuali. L’art. 28 bis è poi divenuto l’art. 29 del D.Lgs. n. 165/2001, ed è tuttora vigente. Il legislatore, dunque, nel prevedere l’anzidetta eccezione all’impianto giuridico complessivo della dirigenza, ha tenuto presente le particolari necessità delle istituzioni scolastiche, che esigono, in ogni caso, la continua presenza di un responsabile. L’incarico di presidenza è regolato contrattualmente dall’art. 69 del CCNL/1995, espressamente richiamato nell’art. 146 del CCNL/2007. Tuttavia, la legge 43 del 31/03/2005, art. 1/sexies ha previsto che, a decorrere dall’anno scolastico 2006/2007, non siano più disposti nuovi incarichi di presidenza, fatta salva la conferma degli incarichi già assegnati. I posti vacanti di dirigente scolastico sono conferiti con incarico di reggenza. L’impianto normativo vigente ha tuttavia consentito a chi ne avesse titolo di continuare a svolgere la funzione, anche in mancanza della “idoneità” concorsuale, da conseguire negli ultimi concorsi banditi, di cui uno in corso, che, come è noto, sono infarciti di errori, sconvolti dalle inchieste giudiziarie e dagli annullamenti disposti dalla Magistratura Amministrativa. Nel caos determinato da concorsi mal gestiti, dichiarati illegittimi, o dall’uso indiscriminato dell’istituto della reggenza, che comporta l’assegnazione senza scrupoli ai dirigenti scolastici(pochi) di una pluralità devastante di istituti scolastici, i “presidi incaricati” rimasti hanno garantito la stabilità, l’efficienza, la continuità di direzione in molte scuole, talvolta nelle sedi più disagiate. Esistono dunque ancora dei “precari della dirigenza”, dei presidi a termine illegittimamente utilizzati dal legislatore per coprire le falle di un sistema ormai in cancrena. Questi soggetti hanno dimostrato competenze sul campo e continuano a svolgere degnamente, nel rispetto di una professione ormai bistrattata, le funzioni ad esse per legge assegnate. Recentemente sono state presentate due interrogazioni parlamentari, di cui una alla Camera dei Deputati(on. Di Giuseppe, Atto n. 4-13296) e una al Senato della Repubblica(sen. Salvo Flores, Atto n. 4-05950), nelle quali si fa riferimento alla problematica dei presidi incaricati e si pone l’attenzione sulla illegittimità della reiterazione dei contratti a tempo determinato di tali soggetti, che si perpetua, per alcuni, addirittura da quasi un decennio. Scrive l’on. Di Giuseppe: “…alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale, potrebbero partire dei ricorsi per la trasformazione del contratto e il risarcimento danni alla pubblica amministrazione, che risulterebbe soccombente in quanto i presidi incaricati svolgono a tempo determinato da 10 anni la funzione, senza che sia mai stata determinata un’esigenza eccezionale, così come invece vorrebbe l’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001…” e, ancora: “i contratti a tempo determinato sono stati posti in essere secondo gli interroganti in violazione della normativa che regola la materia e, in particolare, del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 con il quale l’ordinamento italiano ha inteso dare attuazione alla direttiva 1999/70/Ce relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (che si applica alla pubblica amministrazione in forza della clausola 2 del medesimo accordo quadro)”. Il sen. Fleres punta inoltre l’attenzione sulla capacità professionale degli incaricati, sottolineando che: “i suddetti presidi incaricati, svolgendo tali funzioni da diversi anni, hanno acquisito capacità, competenze ed esperienze messe a disposizione di un’amministrazione che li ha, peraltro, incaricati, formati ed aggiornati con spese a carico dello Stato”. Bisogna però specificare che nel pubblico impiego, in merito alla illegittima reiterazione di contratti a termine, la norma di riferimento è il comma 5, art. 35 del d.lgs. 165/2001: “5.In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative.” Dunque, sebbene, forse, non sia ipotizzabile una mera conversione del contratto, in rispetto anche al disposto dell’art. 97 della Carta Costituzionale, è altamente probabile che la P.A. sia colpita da più di 100 ricorsi per il risarcimento danno. La giurisprudenza recente è molto propensa, soprattutto per quanto riguarda la reiterazione dei contratti a termine dei docenti, ad accordare risarcimenti danno faraonici, parametrati sulla retribuzione globale di fatto, in media sulle 15 mensilità lorde. Fatto un breve calcolo ciò potrebbe costare al Miur circa 40000 euro netti a preside incaricato, per un totale di 4000000 euro per tutti questi “precari della dirigenza” rimasti. Naturalmente tutto a carico della comunità che dopo le recenti manovre finanziarie è vessata da tassazioni già a livelli esponenziali! Alcune sigle sindacali, su tutte la Dirpresidi, ma anche l’Uglscuola e, ultima, l’Unicobas, stanno avviando procedure di vertenza a tutela di questa categoria di lavoratori. Che fine hanno fatto i Confederali( Cgil, Cisl e Uil)? Il loro silenzio assordante sulla vicenda sembra un’acquiescenza non molto celata alla volontà di continuare ad ignorare questa forma di precariato. Quanto conviene ancora allo Stato disprezzare, umiliare, gettare e riusare i presidi incaricati? E quanto conviene economicamente, per una volontà incomprensibile, rischiare risarcimenti milionari a carico dei contribuenti, al solo scopo di evitare l’assunzione di 100 docenti che hanno dimostrato in un decennio di essere preparati, formati sul campo e disposti, a capo chino, a servire la Pubblica Amministrazione? Nell’era della meritocrazia valutata in base a quiz, test di puro nozionismo, il legislatore farebbe bene, ogni tanto, a compiere gesti legittimi di riparazione a errori del passato, in favore del merito dimostrato giorno dopo giorno sul campo. Avvio class action a favore dei dirigenti scolastici a tempo determinato Il MIUR reitera i contratti dei presidi incaricati? Ricorso! Studenti stranieri, integrazione e inclusione, FORMAZIONE OBBLIGATORIA: Metodologie, Italiano L2, unità di apprendimento pronte, tic e valutazioni. 25 ore di certificazione Diventa docente di sostegno, bando a breve: corso di preparazione, con video su strategie per superare la preselettiva e simulatore. 100 euro

Richiesta di prescrizione degli importi

Tuesday, March 14, 2023

Vittime di mafie prima o poi ..se ne parla al "Tosi" di Codogno ..poi tutti al "Canda l'Uga" ..sempre a Codogno .

Nella giornata di oggi c'era solo un rappresentate delle forze politiche; dal Provveditore di Lodi....
Allora il dovere della verita', fino in fondo, fino alla fine, e' anche nel dire agli assenti, a voi forze politiche, superficiali su questi punti fondamentali della vita delle persone, di questo cancro del nostro Paese che si chiama mafia e corruzione, voi siete complici. Mafie e corruzione è un problema serio non uno dei tanti problemi. Questa assenza grida: dove siete? Siete complici di tutto questo". Lo ha detto Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, nel corso del suo intervento di chiusura all'edizione 2022 di Extralibera, all'Auditorium di Roma, la due giorni di Contromafiecorruzione promossa da Libera che ha visto la partecipazione di oltre 1000 persone, 11 gruppi di lavoro con la presenza di 100 relatori. Due giorni di studio, confronto e approfondimento per denunciare il pericolo di una “normalizzazione” dell'infezione virale mafiosa e corruttiva, infezione da cui il nostro Paese deve decidersi di guarire una volta per tutte. Normalizzazione perché l'attuale variante del virus mafioso è all'apparenza asintomatica, agisce sottotraccia minando nell'ombra le basi della democrazia. Tanti i temi affrontati nella due giorni dall'aggressione dei patrimoni criminali ed il riutilizzo sociale dei beni confiscati, dalla transizione ecologica e lotta all’ecomafia, dai rischi di infiltrazione mafiose e corruttive nel PNRR ai percorsi per l’affermazione dei diritti delle vittime innocenti delle mafie, dall'intreccio mafie e politiche alla lotta alla corruzione alle politiche sociali per sconfiggere mafie e disuguaglianze alla globalizzazione delle mafie. I resoconti dei lavori , le proposte degli undici gruppi di lavoro possono essere scaricati a questo Link. La due giorni ha visto la presenza dei magistrati Paolo Savio, DDA di Brescia, Ilaria Calò, DDA di Roma, Giuseppe Lombardo, Procura di Reggio Calabria, Franca Imbergamo, Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, Roberto di Bella - Presidente del Tribunale per i minori di Catania, Federico Cafiero de Raho già Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo , del segretario della Cgil Maurizio Landini, di Giuseppe Busia - Presidente ANAC, Maurizio Vallone - Direttore della Direzione Investigativa Antimafia. Il presidente della Camera Roberto Fico e il Ministtro della Giustizia Marta Cartabia hanno inviato un videomessaggio. Roberto Fico, Presidente della Camera "Condivido appieno il senso di questa iniziativa: tenere alta l'attenzione sul fenomeno della criminalità' organizzata e soprattutto ribadire un impegno condiviso da parte dell'intera comunità' contro corruzione e infiltrazioni della criminalità' organizzata nella nostra societa'. Lo scenario emerso dalla relazione semestrale della Dia da' in effetti conto di una criminalità' organizzata apparentemente meno violenta ma infiltrata in modo diffuso e capillare nel territorio e nell'economia. Una presenza letale che condiziona politica, economia e società' e che pone a serio rischio il corretto utilizzo delle ingenti risorse stanziate nell'ambito del Pnrr. Negli ultimi anni il Parlamento ha rafforzato con numerosi provvedimenti il quadro legislativo in tema di lotta alla criminalità' organizzata e alla corruzione, ma cio' non basta se non si afferma gia' sul territorio la volontà' di mettere in campo una reazione civile determinata a liberarsi dalle catene della violenza, dell'omertà' e della paura imposte dalla mafia. E' un impegno che ciascun cittadino deve saper porre in essere anche nel proprio quotidiano e che le istituzioni devono saper sostenere facendo sentire la loro presenza e vicinanza. Per tali ragioni apprezzo molto il vostro lavoro, perché' suscita mobilitazione contro le pratiche del malaffare, risveglia il coraggio di dire basta al cancro della mafia, rinnova speranza nel cambiamento e fiducia in un futuro migliore. Un futuro che sia finalmente libero da tutte le mafie", Marta Cartabia, Ministro della Giustizia Saluto ciascuno di voi, che da anni animate di passione civica la preziosa attività di Libera. La vostra determinazione nel contrasto a mafie e corruzione, a fianco delle vittime e per la migliore restituzione alla società civile di quello che la malavita le ha tolto, è un faro costantemente acceso su fenomeni criminali che beneficiano soprattutto dell'oscurità e delle emergenze. L'emergenza pandemica, i grandi investimenti del Pnrr e ora anche la guerra alle porte d'Europa rappresentano - siete voi a insegnarmelo - grandi occasioni per le mafie, grandi occasioni per illeciti arricchimenti. La guerra in Ucraina, oltre a seminare morte e distruzione, porta con sé il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata nel traffico di armi, quando non addirittura nel traffico di esseri umani e nel proliferare di altre forme di sfruttamento vile delle migliaia di persone in fuga, in cerca di un ricovero sicuro per sé e i propri figli. La vulnerabilità dei mercati dell'energia e dei prodotti agricoli sono altre condizioni estremamente propizie per gli affari illeciti.Tutti fronti su cui le nostre forze dell'ordine e la nostra magistratura - presidio del nostro vivere democratico - sapranno muoversi al meglio, come hanno già mostrato in altri contesti storici, tanto da diventare modello a livello internazionale". Nel suo messaggio ha parlato anche di un tema "che sta particolarmente a cuore a noi tutti: quello della gestione delle aziende e dei beni sequestrati e confiscati". Una grandissima conquista della nostra legislazione antimafia, ora sempre più esportata e studiata nel mondo; una grandissima intuizione di Pio La Torre, ucciso esattamente 40 anni fa, il 30 aprile 1982, insieme al suo più stretto collaboratore, Rosario Di Salvo alla cui memoria è dedicato - giustamente - quest'incontro. La legge che porta il nome di Pio La Torre e Virginio Rognoni ci consegna un patrimonio che dobbiamo dimostrare di essere in grado di gestire nel modo più proficuo per la collettività, per trasmettere il giusto messaggio: lo Stato porta ricchezza, la mafia porta solo morte" Maurizio Landini, segretario generale Cgil Grazie a Don Ciotti e a Libera per la capacita' di mettere assieme tante competenze. Questo dovrebbe essere il metodo di lavoro per realizzare il Piano di ripresa e resilienza. Non dovremmo incontrarci solo perche' ci convoca Libera. E' utile ricordare a tutti che sulla realizzazione e presentazione del piano, nel nostro Paese, e' cambiato un governo. Questo ha determinato che il tempo per un confronto preventivo con le parti sociali, sui progetti da presentare, non c'e' stato". Giuseppe Busia presidente dell'Autorita' Nazionale Anticorruzione, l Pnrr ha tante risorse e soldi da dover spendere in fretta e questo ha portato a procedure derogatorie e acceleratorie. Quindi il rischio vero e' che questi soldi finiscano in mano sbagliate. E' il rischio più' grave non solo perché' i soldi vengono spesi male ma anche perché' si perde una ricchezza come la fiducia verso le Istituzioni. Quelle risorse e investimenti passano in gran parte attraverso i contratti pubblici che quindi occorre presidiare",. Gian Luca Trequattrini, funzionario generale della Banca d'Italia responsabile per l'etica e la prevenzione della corruzione Le criptoattività sono nuovi strumenti non regolamentati che, in alcune varianti, si caratterizzano per scarsa trasparenza e possibilità di utilizzo anonimo e possono dar luogo a utilizzi illeciti o essere impiegati per attività corruttive.La Banca d'Italia è fortemente impegnata a partecipare alle sedi di coordinamento nazionali e internazionali che mirano a regolare questi fenomeni, in modo da valorizzare i benefici dell'innovazione digitale sterilizzandola dal rischio di usi impropri o addirittura illeciti ed è in via di finalizzazione un regolamento europeo volto a stabilire le condizioni affinché lo sviluppo del mondo crypto avvenga secondo canoni rispettosi degli obiettivi di tutela della clientela e di stabilità finanziaria”. Nicola Zingaretti, presidente Regione Lazio Sentir dire a don Ciotti che la Costituzione e' tradita ci richiama tutti all'ordine, e ci dice che c'e' molto da fare per costruire dentro la democrazia un regime di piena liberta', che vuol dire anche lavoro per tutti e buon salario per tutti, diritti affermati dalla Costituzione ma non presenti all'interno della pratica quotidiana di milioni di persone.Serve un'assunzione di responsabilita' sulle cose che dovremo fare in questo 2022: da amministratore, da presidente di Regione, dico che questo sara' l'anno della ripresa della socialita' e della vita democratica e l'anno nel quale ricorderemo le tante occasioni democratiche della lotta alla mafia e dovremo viverle con dolore e ricordo ma anche con spirito di battaglia"