Sunday, August 18, 2019

I signori Golovlëv
Michaìl Saltykòv-Scedrìn cominciò I signori Golovlëv nel 1875, all'indomani della morte della madre, donna avida e sentimentalmente arida che ne segnò fortemente l'infanzia e la personalità. E chiaramente ispirato alla vicenda familiare dello scrittore è questo monumentale romanzo, pubblicato nel 1880: un grandioso affresco, a tinte cupe, della nobiltà di provincia russa dopo le riforme del 1861. Protagonista è l'antica famiglia aristocratica dei Golovlëv, condotta gradualmente ma inesorabilmente alla rovina dai suoi membri, dediti a ogni sorta di vizio, dal gioco d'azzardo all'ubriachezza, alle orge. Interessati solo alla ricchezza e al possesso della terra, i Golovlëv trascorrono vuote esistenze tra ozio e alcolismo, sacrificando alla propria avidità ciò che di più sacro esiste, i legami familiari, la pietà filiale, l'amore genitoriale. E finendo così travolti in un oscuro dramma nel quale ogni affetto - tra i coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli - si tramuta in un odio feroce e distruttivo degno di una tragedia shakespeariana. Si racconta  il racconto del declino e dello sfascio della famiglia Golovlëv, ricchi proprietari terrieri russi. La vicenda si svolge nel tempo in cui viene abolita la servitù della gleba, che determinò non pochi sconquassi nella società russa. A capo della famiglia Golovlëv c'è Arina Petrovna, madre di quattro figli: Annuska, Stepan, Porfirij, detto Juduska, ma anche sanguisuga, che rivestirà un ruolo sempre più rilevante nel corso del romanzo e, infine, c'è Pavel, il più giovane. A questi, dopo la morte di Annuska, si aggiungeranno le sue due figlie gemelle, Annin'ka e Ljubin'ka. Verso la fine del romanzo, quando Annin'ka si rifugerà nella casa maledetta dei Golovlëv , ormai gravemente ammalata, sopraffatta dalla crudeltà della vita, dopo " un'esistenza disordinata, tutta stordimento", ripensando alla nonna Arina dirà: "invece di pane, una pietra, invece di ammaestramenti, busse; come variante rimbrotti e male parole: mangiaufo, parassita, pezzente, ladruncola". In quella casa, ormai, vive solo lo zio Juduska, la cui mente vacilla da un delirio all'altro. "Dovunque andasse, da tutte le parti, da tutti gli angoli di quella casa maledetta, gli pareva strisciassero fuori le sue vittime...Ovunque vedeva aggirarsi i fantasmi dei suoi famigliari, "tutti intossicati, dissoluti, sfiniti, rosi, grondanti sangue...E al disopra di tutti questi fantasmi ne volteggiava uno vivo, e questo fantasma è proprio lui, ultimo rappresentante di una stirpe bacata!" E' un romanzo bellissimo, al pari di "Fatti d'altri tempi nel distretto di Posechon'je", sempre dello stesso autore, che sa esplorare in profondità i lati più oscuri dell'animo umano dove si annidano l'avidità, l'ipocrisia, la crudeltà, la falsità religiosa...
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Friday, August 9, 2019

La campagna russa fluisce sconfinata davanti agli occhi del lettore. Il terreno è scivoloso, sommerso da una fitta coltre di neve, e un vento gelido flagella i radi arbusti che interrompono la monotonia del paesaggio. Tra tutto quel bianco il sentiero s'intravede a malapena, e altrettanto a malapena ne si osserva il profilo snodarsi tortuoso fino alla soglia di un imponente edificio: è la tenuta dei Golovlëv, che sorge fiera in mezzo al nulla, unica forma di insediamento umano nel raggio di chilometri. I Golovlëv sono una famiglia di ricchi proprietari terrieri, ultimi baluardi di un mondo privilegiato che vive crogiolandosi nella propria condizione, trascorrendo giornate sempre uguali a se stesse nella più completa indolenza e apatia: avidi, ipocriti, subdoli, tra i Golovlëv non c'è alcun personaggio positivo. La mente organizzatrice e amministratrice della tenuta è Arina Petrovna, l'ingombrante figura materna che sola pare dedicarsi attivamente al benessere familiare, seppur in un'ottica di egoistico autocompiacimento: la sua indole astuta e calcolatrice la rende odiosa, dispotica e anaffettiva, e i suoi sforzi non sono che sfide per mettere alla prova la sua bravura. Arina Petrova non ha alcun attaccamento per la famiglia. La sua fredda indifferenza ha compromesso l'educazione dei tre figli, che abbandonati a loro stessi crescono inetti, deboli e svogliati, troppo inclini a indulgere all'alcol e a matrimoni infelici. Una simile insoddisfazione genera lotte per l'eredità, miserie e rovine, che si
rincorrono a cavallo di due generazioni minacciando la sopravvivenza (anche fisica) di servi e padroni: i Golovlëv sono una stirpe maledetta, destinata all'estinzione. Ed è con feroce ironia che l'autore si accanisce su di loro: con penna brillante e scorrevole Saltykov-Scedrin tratteggia il declino di una ricca famiglia russa di metà Ottocento, piagata da dissidi interni e incapacità pratiche, che si rifugia nel ricordo di un passato glorioso senza mai affrontare concretamente il presente. È un dramma corale che si svolge tutto in interni, quelli lugubri di Golovlëv e quelli spogli di Pogorelka, i cui personaggi non sono che sfumature diverse di una medesima tragedia. Il mondo bugiardo descritto dall'autore emerge così nella sua più vuota ipocrisia, facendo dei Signori Golovlëv un vero e proprio atto d'accusa.