Monday, November 23, 2020

La particolare tenuinità del Fatto riduce sempre di più i reati punibili

Italia Oggi, 31 agosto 2020 Gli effetti della sentenza n. 156/2020 della Consulta sull'art. 131-bis del codice penale. Sempre più reati non punibili. Si allarga la fascia degli illeciti penali, che, se particolarmente tenui, possono essere perdonati. Non conta se il reato è grave e se ha una pena, sulla carta, elevata, cioè più di cinque anni. Conta, invece, se, nella realtà, il fatto è stato trascurabile e se l'imputato è meritevole. Il giudice penale, infatti, può ritenere non punibile qualunque reato, per cui il codice o la legge penale speciale non prevede una sanzione minima (e usa la formula della punizione "fino a" seguito dal massimo della pena). Il principio è stato formulato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 156/2020, nella quale ha dichiarato illegittimo l'articolo 131bis del codice penale nella parte in cui non consente l'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva. Il codice penale. Per comprendere a pieno di che cosa si stia parlando, va ricordato che, in base all'articolo 131-bis del codice penale, un reato (punito in astratto dalla legge nel massimo fino a 5 anni), non è in concreto sempre punibile. È il giudice che deve valutare l'offensività in concreto del singolo fatto, oltre ad altri presupposti che riguardano le caratteristiche soggettive e comportamentali dell'autore del fatto. In relazione al fatto, bisogna considerare se è di "particolare tenuità". Se il reato è particolarmente tenue, allora il giudice (che deve accertare la tenuità) può assolvere l'incolpato. Anche chi ha commesso un fatto, che coincide esattamente con il divieto/obbligo previsto dalla legge penale, avrà la possibilità di sostenere che, per le caratteristiche del fatto specifico e per il suo curriculum di vita e per la sua personalità, il suo comportamento è inoffensivo e, quindi, la punizione penale è esagerata. La Consulta. La Corte costituzionale è intervenuta per dire che la causa di non punibilità della "particolare tenuità del fatto" è applicabile a tutti i reati per i quali, pur essendo previsto un massimo di pena superiore a cinque anni, non sia, però, previsto il minimo edittale di pena. La Consulta ha motivato lo sforamento della soglia massima dei cinque anni ragionando sul fatto che il solo fatto che non sia prevista una pena minima significa che alcune condotte possano essere della più tenue offensività. Per esse, quindi, dice la Corte costituzionale, è irragionevole escludere a priori l'applicazione dell'esimente. In sintesi. Abbiamo una legge che non punisce chi commette un reato sanzionato nel massimo fino a cinque anni. La Consulta ha, in maniera ineccepibile, allargato le maglie e conseguentemente evita la punizione chi commette un reato che non ha una sanzione minima. Ciò innegabilmente rafforza la constatazione che, ormai, in questi casi, il codice penale e le leggi penali non predeterminano più le conseguenze dei comportamenti illeciti. Questo perché avere commesso un fatto descritto da una norma incriminatrice non basta per essere puniti. È come se tutte le disposizioni penali avessero un'aggiunta che più o meno suona così: "A condizione che il fatto non sia di particolare tenuità". Questo sistema, in un'organizzazione statuale che pretende di ispirarsi al principio di uguaglianza, per diventare effettivo deve costruire e diffondere una casistica di situazioni in cui la collettività sociale avverte la sussistenza della particolare tenuità del fatto. Inoltre, la percezione collettiva deve basarsi su un alto grado di condivisione sociale dei valori della convivenza. A ciò si aggiunge che al fatto tenue deve conseguire una risposta tenue e non una inerzia (altrimenti la tenuità diventa un'abrogazione parziale della norma penale). Impossibile, infine, prescindere da un sistema di responsabilizzazione del giudice togato e/o da un diverso meccanismo di assunzione della decisione sulla colpevolezza (non basato solo su un raffronto tecnico tra condotta del reo e norma incriminatrice astratta).

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