Monday, September 29, 2025
Thursday, September 25, 2025
Wednesday, September 24, 2025
FONDO CASSA
Fondo cassa in condominio
4 Maggio 2024 di Avv. Matteo Peroni
Parte della dottrina considera illegittima la costituzione di un fondo cassa a maggioranza. Ritengo che tale interpretazione non sia la più conforme al diritto condominiale e che, in condizioni di necessità, l’assemblea possa procedere con l’approvazione a maggioranza; ciò al fine di garantire all’amministratore liquidità sufficiente per gestire l’attività del condominio ed ottemperare agli obblighi di recupero delle spese nei confronti dei condomini morosi.
Che cosa è il fondo cassa condominiale?
Il fondo cassa rappresenta un accantonamento contabile chiesto ai condomini il quale verrà utilizzato dall’amministratore per riuscire a far fronte alle spese correnti pur in presenza di condomini morosi; la sua funzione è del tutto simile a quella del fido concesso dalla banca sul conto corrente condominiale.
È lecito?
La giurisprudenza e la dottrina offrono visioni contrastanti sul tema. A mio parere, tale istituto deve essere considerato valido purchè rispetti alcuni principi maturati nel corso degli anni da parte della giurisprudenza; pensare diversamente significa privare l’amministratore di uno strumento assai utile in presenza di morosità. Per negarne l’applicazione, non è sufficiente affermare che i fornitori si devono prima rivalere nei confronti dei condomini morosi in quanto:
tale escussione è solamente preventiva, ma successivamente si può agire nei confronti dei condomini “in bonis”;
il fornitore potrà anche dover procedere prima nei confronti dei morosi, ma nel frattempo può sospendere la fornitura di servizi comuni con tutte le conseguenze del caso;
il creditore del condominio ha diversi altri modi per recuperare il proprio credito. Ad esempio: pignoramento del conto corrente o pignoramento delle quote da versare nei confronti dei condomini in bonis (entrambe possibilità ammesse dalla giurisprudenza).
Ripartizione fra tutti i condomini e non solo fra alcuni di essi
Come già anticipato, parte della dottrina e della giurisprudenza considera non ammissibile la costituzione di un fondo cassa approvato a maggioranza. Una delle motivazioni addotte per sostenere questa posizione è che non si può addebitare ai condomini che sono in regola con i pagamenti il debito dei condomini morosi. Un esempio è la sentenza n. 2136 del 16 novembre 2023 del Tribunale di Messina: “a seguito della riforma del condominio, è necessaria la decisione unanime dell’assemblea per ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi, con la costituzione di un apposito fondo”.
Questa affermazione è corretta, tuttavia non preclude la possibilità di costituire un fondo cassa, purché questo sia deliberato in modo appropriato e venga ripartito tra tutti i condomini, inclusi quelli morosi. Pertanto, non si tratta di addebitare agli altri condomini le quote non pagate da uno di loro, ma piuttosto di creare una disponibilità finanziaria a disposizione dell’amministratore.
Quando si può costituire?
Il fondo cassa può essere costituito ove sia possibile dimostrare la necessità del medesimo; si fa riferimento alla presenza di morosità che precludano il regolare pagamento delle poste passive. La liquidità derivante da tale delibera permette all’amministratore di saldare i fornitori ed evitare azioni legali nei confronti del condominio; queste ultime provocherebbero un aumento di spese a danno di tutti.
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Come procedere?
So che alcuni amministratori costituiscono più fondi a seconda delle varie necessità; personalmente, salvo casi particolari, preferisco costituire un unico fondo cassa (così denominato) che ogni anno verrà confermato/aumentato/diminuito a seconda delle necessità e fino a che perdurerà la carenza di liquidità.
Quando è necessario costituire il suddetto fondo, si inserisce all’interno del bilancio preventivo una voce denominata “fondo cassa” ripartita su tutti i condomini (anche i morosi) in ragione dei millesimi generali; tale voce verrà poi consolidata nel rendiconto consuntivo ed inserita nello stato patrimoniale. A quel punto si dovrà valutare se confermare il fondo o eventualmente aumentarlo (stanziando un ulteriore voce a preventivo) a seconda delle necessità.
La costituzione in vista di eventuali lavori straordinari
Vorrei sottolineare che una situazione differente si verifica quando l’assemblea condominiale decide di istituire un fondo cassa destinato a futuri interventi manutentivi. In tale contesto, il fondo si configura come un fondo per lavori straordinari ed, a mio parere, è legittimo, purché sia proporzionato alle effettive necessità. Dovrà comunque essere oggetto di delibera con le maggioranze previste dall’articolo 1136 comma 2 del codice civile; annualmente i condomini dovranno decidere se mantenerlo o restituirlo.
Alcune ulteriori annotazioni
Non posso vincolare i condomini a versamenti che si protraggano per più gestioni; ogni anno devo quindi indicarne la consistenza nello stato patrimoniale e decidere in merito.
L’entità di quanto accantonato deve essere parametrata alle necessità derivanti dalla situazione contabile del singolo fabbricato.
Non ritengo necessario aprire uno specifico conto corrente.
Se un soggetto non paga la quota del fondo cassa, questa morosità risulterà nei suoi debiti di gestione e farà parte del saldo passivo da riportare all’anno successivo.
Circa la maggioranza, suggerisco di considerare quella del 1136 comma 2 c.c. (almeno 500 millesimi e maggioranza degli intervenuti); in realtà, la giurisprudenza ammette la costituzione a maggioranza semplice con riferimento ad esigenze inerenti la gestione ordinaria. Come sempre ricordo che una delibera assunta senza le maggioranze di legge rappresenta un vizio di annullabilità (Cassazione a Sezioni Unite n. 4806/2005).
Tuesday, September 23, 2025
Sunday, September 21, 2025
Cimitero metropolitano San "Cataldo" Modena
Verso una Progettazione Meccanicistica e Olistica
Il Cimitero metropolitano di San Cataldo si compone:
1) Cimitero Monumentale Costa parte vecchia: nucleo centrale ed originario costituito dal cosidetto cimitero monumentale. Realizzato dall'architetto Cesare Costa negli anni 1858/1876 dispone di diversi manufatti di importante valore artistico che necessitano di restauri.
2) Cimitero Monumentale Aldo Rossi parte nuova: realizzata in base al progetto dell'architetto Aldo Rossi.
Espressione magistrale della poetica di Aldo Rossi, il cimitero è un analogico percorso attraverso le immagini collettive della "casa dei morti", filtrate attraverso la memoria personale dell'architetto. Il cimitero rimane un edificio pubblico con la necessaria chiarezza e razionalità dei percorsi , con un giusto uso del suolo. Esternamente è chiuso da un muro con finestre al fine di fornire ai cittadini ed ai visitatori un'immagine finalmente circoscritta dell'idea spaziale. La malinconia del tema della morte non lo stacca però dagli altri edifici pubblici. Il suo ordine e la sua collocazione comprendono anche l'aspetto burocratico della morte. L'edificio , oggi parzialmente realizzato, è strutturato in modo da intercludere ampi spazi verdi , scanditi ulteriormente dal reticolo dei percorsi pedonali previsti. I diversi corpi degli edifici si rincorrono parallelamente l'uno all'altro , verso l'asse centrale "vertebrale", che vincola oggettivamente, quasi "fisicamente" le linee orientatrici di questa porzione di progetto.
Queste linee compositive volumetricamente degradanti in direzione sud-nord, vanno progettualmente a comporre un "costato" inscrivibile in un triangolo che a realizzazione ultimata, rappresenterà uno degli elementi caratterizzanti l'intera opera. Le scansioni ritmiche delle aperture, incorniciate dalla fredda pulizia del contorno murario sono, a tutt'oggi, interrotte, a contrappunto, solamente dall'elemento cubico centrale destinato all'ossario, che , ad opera finita, sarà in equilibrio visivo con la realizzata torre conica della fossa comune, grazie anche ad una decisa differenziazione cromatica delle pareti , utile ad una chiara percezione ed identificazione nell'ambito del paesaggio urbano circostante.
Saturday, September 20, 2025
Supplenze
Un docente di ruolo può accettare una supplenza da GPS e lasciare temporaneamente il proprio posto di ruolo?
A questa domanda, il nostro esperto ha risposto: “Sì, ma dipende dalla situazione giuridica del docente.
Docenti neoassunti (es. 2024-2025 o 2023-2024) con vincolo di mobilità: non possono accettare supplenze ai sensi dell’articolo 47.
Docenti di ruolo “vecchi” (non soggetti a vincolo): anche ad anno scolastico già avviato e in convocazioni successive alla prima, se ricevono una supplenza annuale (almeno fino al 30 giugno o 31 agosto) per una cattedra intera (gli spezzoni non possono essere richiesti), possono applicare l’articolo 47. Questo consente di andare in aspettativa dalla cattedra di titolarità e svolgere la supplenza annuale”.
Thursday, September 18, 2025
PEI
Il PEI è il documento ufficiale, determinante per il percorso scolastico degli alunni con disabilità certificata.
Acronimo di Piano Educativo Individualizzato, il PEI viene redatto di anno in anno e contiene l’indicazione dettagliata degli interventi educativi e degli interventi didattici, degli obiettivi prefissati per l’alunno e, infine, i criteri di valutazione del percorso didattico.
Il PEI fa parte del POF, il Piano dell’Offerta Formativa che ogni scuola usa per illustrare e presentare al pubblico la sua organizzazione e le scelte didattiche e pedagogiche: il POF deve contenere anche le indicazioni riferite alla visione e alle azioni che la scuola intraprende per accogliere gli alunni con disabilità e rispondere alle loro esigenze educative; in linea di principio, tutto il POF si deve ispirare a una didattica inclusiva per evitare di escludere uno o più allievi dalle attività e iniziative previste.
Cosa contiene il PEI
Ogni anno, dal momento dell’ingresso di un alunno con certificazione di disabilità nel ciclo scolastico (a partire dalla scuola dell’infanzia), o a partire dal momento in cui un allievo riceve una certificazione, la scuola è vincolata alla redazione del PEI che deve contenere:
obiettivi didattici, educativi e di apprendimento: fanno parte degli obiettivi anche l’inclusione e la socializzazione, e più in generale il benessere dell’allievo nel contesto della scuola;
l’elenco di tutte le attività didattiche, l’organizzazione degli orari e la strutturazione delle attività insieme al metodo e ai sussidi impiegati per organizzarle;
la valutazione delle attività, con la descrizione dei metodi e dei criteri che la sostengono;
il rapporto tra la scuola e il contesto extra-scolastico.
Il PEI, come il PDP (il Piano Didattico Personalizzato), non è un documento immutabile: viene analizzato ogni anno e nel corso dello stesso anno scolastico per valutarne l’efficacia, e modificato per tenere conto dei risultati raggiunti dall’allievo, per aggiornare o confermare gli obiettivi e per adattarlo a necessità emerse durante l’anno.
La programmazione per obiettivi minimi e la programmazione differenziata
Quando il percorso didattico di un alunno con disabilità lo rende necessario, il PEI può contenere l’indicazione degli obiettivi minimi raggiungibili dall’allievo e comunque conformi al programma ministeriale, che permettono in ogni caso di arrivare al titolo di studio previsto.
Diverso è il caso della programmazione differenziata che invece fissa obiettivi non aderenti al programma ministeriale: in questo caso, il PEI contiene l’indicazione del piano didattico differenziato che permetterà di proseguire gli studi ma non ha valore per il conseguimento del titolo di studio; l’allievo consegue quindi un attestato e non un diploma.
Due punti fondamentali per la programmazione differenziata:
La scuola è tenuta a informare la famiglia che può dare il suo consenso o negare il consenso.
La programmazione differenziata può essere rivista nel tempo: se gli obiettivi raggiunti dall’allievo rientrano negli obiettivi minimi, la programmazione viene modificata di conseguenza, e viceversa.
Chi scrive il PEI
Il PEI è un documento progettuale che coinvolge tutte le figure coinvolte nella vita del bambino che frequenta la scuola: per questo motivo, la redazione è affidata in modo congiunto:
alla scuola: tutti gli insegnanti insieme al docente di sostegno;
alle figure sociosanitarie che seguono il bambino nelle attività riabilitative e terapeutiche all’esterno della scuola e che possono anche essere coinvolte direttamente in alcune attività scolastiche;
alla famiglia, che collabora alla redazione e firma il PEI insieme a tutte le figure coinvolte.
Coinvolgendo tutte queste figure, il PEI può descrivere il contesto scolastico in tutti i suoi dettagli e integrare queste informazioni con quelle che derivano dalle attività e gli interventi extrascolastici svolti dal bambino, insieme a tutte le informazioni utili fornite dalla famiglia e dall’alunno stesso: l’obiettivo è conoscere il bambino senza limitarsi solo ai momenti in cui è presente a scuola.
Struttura del PEI
Il Piano Educativo Individualizzato ha una struttura fissa ed è diviso in sezioni che i redattori devono compilare per intero.
Dati e inventario delle risorse
La lista iniziale riporta i nomi e i dati salienti delle persone coinvolte nel progetto educativo: dirigente scolastico, docenti curriculari, docente di sostegno, referente del caso, clinici, terapisti e figure educative coinvolte e se tutte le figure proseguono la loro attività a partire dall’anno precedente.
In questa parte trovano spazio anche gli interventi riabilitativi ed educativi messi in atto dai servizi sanitari e territoriali e dai servizi sociali, sia che questi avvengano in orario scolastico, sia al di fuori, anche per arrivare a definire un orario scolastico adeguato.
Dati e risorse
Contiene i dati dell’allievo, i dati della scuola frequentata e la frequenza, altre note informative (assunzione di farmaci, altri dati da segnalare).
Tra le risorse effettivamente disponibili vanno elencati:
la presenza del docente di sostegno (o di più sostegni, se presenti) con le ore di sostegno assegnate;
tutti gli interventi attivi in orario scolastico ed extrascolastico: quante ore per ciascun intervento, il luogo in cui si svolge;
tutto il materiale didattico impiegato per supportare l’allievo.
Ambiente e accoglienza
Il PEI descrive l’ambiente scolastico e la classe sia in senso strutturale, sia riportando descrivendo il gruppo classe, il clima presente in classe, l’organizzazione e gli accorgimenti presi per favorire l’apprendimento.
Rapporti con la famiglia
Il PEI descrive il coinvolgimento della famiglia e come questa collabora con la scuola, le aspettative, gli obiettivi formativi condivisi e le occasioni di incontro e condivisione, anche con la partecipazione delle figure esterne coinvolte.
Obiettivi e strategie di intervento
La seconda parte del PEI è la parte più corposa e dettagliata del documento che riporta gli obiettivi di breve periodo descritti in maniera operativa e non solo generica, per valutare meglio se l’allievo li abbia raggiunti:
Apprendimento e applicazione delle conoscenze.
Compiti e richieste generali: sono gli aspetti più generali di organizzazione di compiti e routine.
Comunicazione: le indicazioni riguardano la capacità di comunicare (produrre) e ricevere, di conversare e l’uso di strumenti e tecniche di comunicazione.
Mobilità: cambiare e mantenere una posizione, trasportare e maneggiare oggetti, camminare e spostarsi, muoversi con un mezzo di trasporto.
Cura della propria persona: riguarda tutti gli aspetti della cura di sé, dall’igiene alla capacità di mangiare e bere, vestirsi, prendersi cura della propria salute.
Interazioni e relazioni interpersonali, semplici e complesse con le persone, e la loro adeguatezza.
Aree di vita principali: riporta lo svolgimento dei compiti e delle azioni necessarie nelle aree dell’educazione (istruzione), del lavoro e dell’impiego, e la capacità di condurre scambi economici (vita economica).
Vita sociale, civile e di comunità: tutta l’area della vita sociale fuori dal contesto famigliare.
Per ogni voce necessaria, il PEI riporta l’ambito di apprendimento e applicazione, con il codice previsto, indica gli obiettivi a breve termine, le attività previste per raggiungerli, i fattori ambientali (persone e cose necessari per realizzare l’attività), e la verifica dell’apprendimento.
Raccordo con il lavoro di classe
Descrive il raccordo tra gli obiettivi e le attività descritte si collegano con il programma della classe e riporta tutti gli adattamenti necessari, compresa la qualità e la quantità dell’intervento del docente di sostegno.
Strategie per l’emergenza
È la sezione che va compilata quando è necessario concordare strategie particolari per situazioni di particolare complessità, per esempio come somministrare farmaci di emergenza.
Organizzazione in caso di assenza di personale scolastico o educativo
Riporta l’orario scolastico, la frequenza effettiva dell’allievo e la presenza del sostegno, educatore e collaboratore scolastico, ed è un riferimento fondamentale per organizzare la frequenza in casi di assenza del personale.
Wednesday, September 17, 2025
APE
La validità legale di un Attestato di Prestazione Energetica (APE) è di massimo 10 anni dalla data di registrazione, ma questa durata è condizionata al mantenimento delle prestazioni energetiche dell'immobile e al rispetto degli obblighi di manutenzione degli impianti. L'APE deve essere aggiornato in caso di modifiche che influiscono sull'efficienza energetica (come la sostituzione di infissi o della caldaia) o se gli impianti non vengono sottoposti alla regolare manutenzione prevista.
Testosterone che va a mille
A che cosa serve il testosterone nella donna? Perché, a giuste dosi, la può rendere sessualmente vivace ad ogni età e “più morbida”, anche dopo la menopausa? Il testosterone è l’ormone maschile per eccellenza, è noto. Pochi sanno, tuttavia, che anche le donne hanno il testosterone, seppure a livelli dieci volte inferiori a quelli dell’uomo, ma sufficienti a svolgere azioni biologiche potenti per la salute, la sessualità e come “anti-age”. Nella donna normale in età fertile i livelli di testosterone sono addirittura più alti di quelli degli estrogeni, soprattutto nella prima metà del ciclo.
Questo bell’ormone è prodotto dall’ovaio, che contiene le cellule di Leydig, identiche a quelle che lo producono nei testicoli. In più è prodotto dal tessuto adiposo, che non è affatto un lardo inerte, ma una potente ghiandola endocrina. Il nostro amico testosterone stimola il cervello a funzionare al meglio: per agire, anche nel cervello dell’uomo viene trasformato in estrogeni. Interessante, no? Sui fondamentali siamo meno diversi di quanto si pensi: uomini e donne hanno in comune 44 cromosomi su 46, e sono diversi solo per la coppia di cromosomi che determinano il sesso (XX per le femmine, XY per i maschi). A livello sessuale, sul cervello il testosterone ha azioni biologiche simili, che si differenziano per intensità (data la diversità di livelli nel sangue e nei tessuti), ma non per caratteristiche. Sul cervello di entrambi aumenta il desiderio, l’eccitazione, la responsività agli stimoli sessuali, in particolare ai feromoni, sostanze sessualmente attraenti che condizionano i nostri comportamenti erotici. Nella donna aumenta in fase ovulatoria, per renderla più disponibile alle avances di un uomo, possibilmente desiderabile, per aumentare le chances di concepimento. L’evoluzione ha pensato alla procreazione e tutta la biologia gira in funzione di questo comando evolutivo millenario. A livello dei genitali, il testosterone agisce sui corpi cavernosi, strutture vascolari specializzate che si riempiono di sangue durante l’eccitazione, in modo identico in uomini e donne. Solo che nell’uomo sono circondati da una tunica rigida, non distensibile: l’”albuginea”. Ecco perché la congestione, nell’eccitazione, determina un netto aumento di pressione all’interno dei vasi: è questo che, per pure ragioni biomeccaniche, determina l’erezione. Nella donna, quando scatta l’eccitazione, i corpi cavernosi si congestionano nello stesso modo: siccome però non sono circondati e contenuti dall’albuginea, la congestione sessuale aumenta il godurioso gonfiore genitale (“vulvare”) e la morbidezza avvolgente sia dell’entrata vaginale (“vestibolo”) sia del famoso punto G, per le fortunate che l’hanno ben sviluppato (è un residuo embrionale della prostata).
Nella donna il testosterone è massimo a 18-20 anni: ecco perché il desiderio va a mille. A cinquant’anni si è ridotto già del 50% (e dell’80% se la donna ha avuto l’asportazione delle ovaie). Qual è il punto? Per millenni la morte ha anticipato la menopausa. Solo cent’anni fa, l’età media delle donne italiane era 48 anni. L’innaturale è aver conquistato ben 37 anni in così poco tempo, visto che ora l’età media per le italiane è di 85. Senza testosterone, e senza estrogeni, il cervello è più a rischio di Alzheimer, dato dimostrato da solidi studi su donne che avevano avuta una menopausa precoce chirurgica e non avevano assunto né estrogeni, né testosterone. Ma anche i genitali piangono. In parallelo alla caduta dei livelli di testosterone dai vent’anni in poi, i corpi cavernosi iniziano una silenziosa involuzione: a cinquant’anni abbiamo già perso il 50%. Ecco perché l’intensità della congestione genitale si riduce, aumentano secchezza e dolore, e si riduce il piacere. Per molte donne l’orgasmo diventa così difficile, da far dire: «Il mio clitoride è morto!». Ecco la notizia: può resuscitare! Come? Con una tempestiva terapia ormonale locale a base di testosterone (di estrazione vegetale, o sintetico), su prescrizione medica non ripetibile, se non esistono controindicazioni. Questo ormone agisce anche sui fibroblasti, i nostri operai “costruttori” di collagene, elastina e mucopolisaccaridi: i tessuti genitali ringiovaniscono dal punto di vista biologico, strutturale e sessuale, a tutto spessore, diventando più morbidi e “paffuti”. Altro che laser o silicone. Con un partner piacevole, tutta la risposta sessuale va a mille. E quando la donna è appagata, diventa più morbida e sorridente, ad ogni età. Una gatta felice che fa le fusa.
Tuesday, September 16, 2025
Abolizione della proprietà privata ? Cerchiamo di fare luce
Abolizione della proprietà privata
Cosa significa oggi abolizione della proprietà privata? Per pensare questo concetto -che per Engels e Marx costituiva la cifra della società comunista- occorre confrontarsi con i nuovi regimi di “enclosures” e di appropriazione che si sono estesi fino a coinvolgere la realtà digitale e gli spazi urbani. In questo contesto rivendicare l’inappropriabilità dei “commons” significa mettere in crisi le nuove forme di proprietà
«Il comunismo non è l’abolizione della proprietà in generale, ma, piuttosto, l’abolizione della proprietà borghese». Marx ed Engels ci invitano così, in via preliminare, alla distinzione storica e concettuale della proprietà privata borghese dalle altre forme di proprietà. Tali forme, si noti bene, non si collocano – necessariamente – su un piano di successione temporale, essendo possibile una loro compresenza in una medesima epoca storica.
Pensiamo, ad esempio, allo scritto di Marx, pubblicato nel 1842 sulla Gazzetta Renana e dedicato alla critica della legge sui furti di legna. La repressione di un diritto d’uso comune in capo alle popolazioni dei «nullatenenti», contro cui Marx si scagliava, era l’indice di una differenziazione interna alla formazione giuridica: alla proprietà feudale, ancora vigente nella Confederazione tedesca, ad eccezione della Renania, si opponeva il regime di legalità borghese, sancito nel Codice napoleonico del 1804 come diritto al godimento illimitato del soggetto sulla cosa, fino al suo abuso.
Non basta però ricostruire il pluralismo delle forme proprietarie – potremmo dire, la variazione nello spazio e nel tempo della serie uso-possesso-proprietà. Il Manifesto individua una tendenza e una forma egemone, la proprietà borghese, e ne qualifica lo statuto, formale e materiale, in quanto «espressione della produzione e dell’appropriazione dei prodotti basata sugli antagonismi di classe».
Eccoci di fronte a ciò che, più tardi nel tempo, Carl Schmitt designerà come i tre significati del nomos: la proprietà – la divisione giuridica del «mio» e del «tuo» – è legata a doppio filo al concetto di appropriazione, da un lato, e di produzione, dall’altro. A differenza di Schmitt, però, qui non si tratta di rinvenire una presunta struttura originaria del diritto o di stabilire tra le tre istanze un mero «ordine di successione». Si tratta, invece, di indagarne l’articolazione, come presupposto e come risultato dell’antagonismo tra le classi. Per questa ragione, proprietà e divisione sociale del lavoro sono termini identici, come Marx ed Engels avevano affermato nell’Ideologia tedesca.
La definizione giuridica della proprietà risulta perciò inseparabile dalla ricostruzione della sua genesi. In ogni formazione sociale, in ogni modo di produzione, è cruciale la ricerca della corrispondenza, o della non corrispondenza, tra le forze produttive e i rapporti sociali di produzione. Così, la proprietà da legge eterna si fa rapporto sociale, o più precisamente rapporto sociale di produzione. Tale rapporto ha una particolare connotazione: esso determina una separazione.
Nei Manoscritti economico-filosofici questa separazione si dice estraniazione: il prodotto del lavoro appare all’operaio come un potere estraneo, per il semplice fatto che ciò che l’operaio ha prodotto appartiene a un altro da lui, il capitalista.
È sempre una separazione – del produttore dai suoi mezzi di produzione – a definire le condizioni di possibilità dell’accumulazione capitalistica. La piccola proprietà privata fondata sul lavoro personale viene sostituita dalla proprietà privata capitalistica, fondata sullo sfruttamento del lavoro altrui. Il lavoratore viene così distaccato dalla terra, che va intesa sia come strumento originario di lavoro, sia come suo «laboratorio naturale», sia come serbatoio delle materie prima (si vedano le Forme di produzione precapitalistiche).
Espropriazione dei produttori, appropriazione capitalistica. A questa separazione originaria, che costituisce il «segreto» dell’accumulazione, se ne aggiunge una seconda che si rinnova ogni giorno nel processo di lavoro: l’appropriazione di plusvalore da parte del capitalista.
Tra il Capitale e i Grundrisse, l’abolizione della proprietà borghese equivale a un’appropriazione collettiva: dei mezzi di produzione, del processo produttivo, delle stesse forze produttive. Questa seconda appropriazione – appropriazione reale e materiale della ricchezza sociale – si dà nell’analisi del processo di lavoro e va tenuta distinta dall’appropriazione in senso strettamente giuridico, dall’appropriazione come condizione fenomenica della proprietà privata.[1]
Come si ridefinisce oggi il problema dell’abolizione della proprietà borghese? Come separare, in via conclusiva, la relazione di appropriazione reale dalla relazione di proprietà? Com’è noto, per Marx, lo stesso processo di crescente centralizzazione dei mezzi di produzione e di socializzazione del lavoro, a un certo livello di sviluppo, sarebbe entrato in «contraddizione» con la forma capitalistica. Nell’intreccio di lotta di classe e di ristrutturazione capitalistica, sarebbe suonata l’ora della proprietà privata capitalistica.
Guardando al contesto odierno non sembra che l’ora sia ancora suonata. Di fronte alle modificazioni del modo di produrre e delle soggettività del lavoro vivo, la proprietà, per riprodursi in quanto rapporto, ha dovuto superare sé stessa. Così, alla funzione sociale della proprietà, tipica del welfare state, si sostituisce una variante dispotica del dominio, la proprietà intellettuale, tanto pervasiva quanto aleatoria.
Essa tende a unificare, sotto il segno dell’esclusivismo, le differenti forme di tutela giuridica della creazione e dell’invenzione: il diritto d’autore, il copyright e i brevetti. Il suo affermarsi, a partire dagli anni Ottanta, ha inaugurato il «secondo movimento di enclosures», investendo tanto il settore industriale quanto la ricerca scientifica, per poi estendersi alla privatizzazione del welfare e del vivente.
L’architettura del codice proprietario – nel software, nelle reti sociali, nelle piattaforme, nei processi di dataware – supera la tradizionale mediazione statuale, poiché è dotata di normatività autonoma: Code is law, secondo la celebre formula di Lawrence Lessig. L’internet degli oggetti (internet of things) ci indica come questa forma proprietaria non sia relegabile alla sola sfera dell’immateriale, tendendo a investire l’insieme delle relazioni sociali, nello spazio urbano, nell’organizzazione del processo produttivo, nei rapporti di lavoro, nelle forme di distribuzione e di consumo.
Il programma di abolizione della «proprietà borghese» si ridefinisce e si rinnova oggi a questo livello. Con una precisazione importante: all’abrogazione del regime della proprietà intellettuale vanno fatti corrispondere regimi giuridici di common property fondati sullo stesso grado di autotutela raggiunto dal codice proprietario, regimi che consentano di sfuggire alla trappola delle res nullius, le cose appartenenti «a nessuno», dunque liberamente appropriabili. Appropriazione del comune significa dunque istituzione di regimi di inappropriabilità, al fine di preservare ciò che è prodotto in comune dalla sua espropriazione capitalistica. Esperimenti che già avvengono sul terreno della produzione dei commons urbani e digitali.
Sunday, September 14, 2025
il calendario Civile
L'affermazione che il calendario si ripeta ogni 33 anni è falsa per quanto riguarda il calendario gregoriano, che non si ripete in modo identico ogni 33 anni, ma presenta un ciclo più complesso a causa degli anni bisestili. Tuttavia, esiste un concetto di ciclo di 33 anni legato alle celebrazioni del Giubileo, istituite da Papa Bonifacio IX nel 1389, o al significato attribuito da Rudolf Steiner ai cicli di 33 anni in ambito sociale.
Il Calendario Gregoriano
Il calendario che usiamo comunemente oggi, il calendario gregoriano, non si ripete esattamente ogni 33 anni.
Si ripete ogni 400 anni con grande precisione, ma un calendario specifico può ripetersi anche in altri intervalli, ad esempio, il calendario del 2025 si è ripetuto in diversi anni precedenti (come il 2014) e si ripeterà in anni futuri, ma non con una periodicità fissa di 33 anni.
Questo perché la durata degli anni (365 o 366 giorni) e l'introduzione degli anni bisestili influenzano la sequenza dei giorni della settimana
Il Ciclo di 33 anni e il Giubileo
Il numero 33 è importante perché Papa Urbano VI, tramite la bolla Salvator noster Unigenitus, stabilì che le celebrazioni del Giubileo dovessero avvenire ogni 33 anni, anticipando così il primo Giubileo straordinario al 1390.
Il Significato Filosofico di 33 anni
Per Rudolf Steiner, pensatore e fondatore dell'antroposofia, il ciclo di 33 anni ha un'importanza profonda, rappresentando un ritmo che influisce sul ruolo dell'individuo nella società e nel modo in cui le sue azioni e i suoi pensieri si ripercuotono sulla collettività dopo 33 anni.
Saturday, September 13, 2025
USO del CELLULARE IN CLASSE
L’utilizzo dello smartphone, per quanto riguarda il nostro istituto, è consentito esclusivamente se previsto nel Piano Educativo Individualizzato (PEI) o nel Piano Didattico Personalizzato (PDP) come strumento compensativo.
Per finalità didattiche resta confermato l’impiego degli altri dispositivi tecnologici e digitali a supporto dell’innovazione dei processi di insegnamento e di apprendimento, come pc e tablet. L’uso di tablet e altri dispositivi mobili è consentito unicamente su indicazione del docente, con esclusiva finalità didattica, in momenti ben definiti e con modalità prescritte dall’insegnante.
Friday, September 12, 2025
Wednesday, September 10, 2025
Tuesday, September 9, 2025
Monday, September 8, 2025
Saturday, September 6, 2025
Friday, September 5, 2025
Thursday, September 4, 2025
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