Sunday, October 27, 2024
Saturday, October 26, 2024
Friday, October 25, 2024
Thursday, October 24, 2024
ex. Mercato di Piacenza
Il complesso dell’ex mercato ortofrutticolo di Piacenza, costruito negli anni Trenta del Novecento su disegno dell’ing. Giuseppe Cogni, occupa un’area di circa 12.000 mq che si sviluppa da via Cristoforo Colombo fino ai binari della ferrovia.
Al suo interno si riscontra la presenza di sei edifici, utilizzati come magazzini e dotati di un ampio piano interrato, il cui fronte principale, caratterizzato da un portico utilizzato per l’esposizione delle merci, affaccia su un asse collettivo che, negli anni ’90 del Novecento, è stato coperto da una pensilina con struttura metallica e manto di copertura in fibrocemento ondulato (la struttura è stata progettata dall'Architetto Piacentino Danilo Solari tra il 1990 e il 1992).Oggi tutto demolito . Questo si interrompe di fronte ad un’ulteriore palazzina, anch’essa su due livelli fuori terra, adibita ad autorimessa e a locale frigorifero. Sempre all’interno di questo spazio, sul lato sud est, si trovano locali un tempo utilizzati con funzione di stalla per i cavalli, di abitazione dello stalliere e come servizi igienici dell’intero complesso.
L’accesso all’area avviene da via Cristoforo Colombo ed è segnato dalla presenza di una palazzina di stampo razionalista che, richiamando lo stile degli altri fabbricati, conteneva alcuni servizi ad essi afferenti come la Direzione, una trattoria, l’abitazione del custode, la banca, e la pesa.
Come sarà il parcheggio
Ad oggi il complesso è in stato di abbandono e, su progetto del Comune di Piacenza, ente proprietario del bene, questo dovrà essere demolito per lasciare spazio alla costruzione di un parcheggio legato all’adiacente lottizzazione privata destinata, in prevalenza, al terziario e al commerciale. Di contro, la Sezione di Piacenza di Italia Nostra e altre associazioni di settore, insieme ad un comitato cittadino, si sta battendo per la conservazione del bene e la sua trasformazione in Cittadella della Cultura e dello Spettacolo.
Interesse culturale del bene (c.d. vincolo)
Tuesday, October 22, 2024
Monday, October 21, 2024
Sunday, October 20, 2024
Geotecnico la vice di G.Campos Venuti
L’ Ingegnere Geotecnico come L'Architetto Strutturista è impegnato nel garantire, attraverso le proprie conoscenze, elevati livelli di sicurezza nella progettazione delle opere pubbliche e private. Lo studio del terreno, considerato come un continuo bifase, caratterizzato da una parte solida e da una fluida viene analizzato dal punto di vista della stratigrafia e della sua composizione rocciosa per valutarne il comportamento meccanico nel campo delle costruzioni civili ed industriali. L’analisi geologica del terreno è una della fasi principali che precede l’inizio dei lavori veri e propri e vede impegnato il professionista in prove di laboratorio o direttamente sul terreno. Le verifiche in fase di progetto posso riguardare il sottosuolo, ove molto spesso è necessario valutare il livello della falda idrica e la sua interazione con le particelle del terreno, come per esempio i fenomeni di filtrazione delle acque. Nello svolgimento del proprio lavoro si può avvalere dell’utilizzo di strumenti tecnici e di software per l’elaborazione delle immagini per verificare le fondazioni, muri di sostegno, stabilità dei pendii oppure per analisi grafiche più complesse come per esempio quelle interessanti le gallerie, la stabilità degli edifici e la composizione degli ammassi rocciosi. Oltre alla fase di progettazione delle nuove costruzioni, l’ingegnere geotecnico è impegnato nell’analisi di edifici già esistenti e che possono essere soggetti a danneggiamento, con lo scopo di mettere in sicurezza l’opera e ripristinare le condizioni di servizio. Altro ambito di applicazione è quello della stabilità dei versanti e pendii, ad esempio per la prevenzione di movimenti franosi che possono interessare sia la viabilità ordinaria, sia edifici civili. L’ingegnere geotecnico solitamente fa parte di un team multidisciplinare composto da specialisti provenienti da altre branche dell’ingegneria civile, collabora con geometri inoltre con Architetti, e personale amministrativo. Un buon progetto è frutto del lavoro sinergico tra figure professionali differenti e di un continuo lavoro di squadra, dove ognuno mette a disposizione il proprio know-how nel raggiungimento del miglior risultato possibile.
Analizzare le carte geologiche e le fotografie aree per comprendere l’evoluzione degli strati di terreno nel corso del tempo;
Esaminare la stratigrafia del terreno e valutare l’idoneità alla costruzione degli edifici soprastanti tenendo conto anche del livello di falda;
Prelevare campioni di terreno ed eseguire analisi di laboratorio;
Valutare la vulnerabilità simica degli edifici e suggerire strategie per la prevenzione dei rischi nonché per l’adeguamento delle opere già esistenti;
Fornire attività di consulenza per l’ingegneria forense, valutando se la struttura è stata progettata seguendo le norme di riferimento;
Valutare la stabilità dei pendii, realizzare la mappatura geologica ed eseguire prove tecniche sulla proprietà delle rocce.
Possiede una laurea Ingegneria strutturale e geotecnica,o architettura delle Strutture ha ampliato le proprie conoscenze tecniche frequentando un master in Geotecnica per le infrastrutture o in Progettazione Geotecnica;
Possiede una solida cultura di base ed una cultura più specifica in settori applicativi propri dell’Ingegneria Civile;
È dotato di un bagaglio tecnico scientifico, che gli consente di affrontare problematiche anche complesse.
Presenta una spiccata propensione alla progettualità e caratteristiche di tipo gestionale ed operativo;
Possiede ottime doti relazionali, con le quali può guidare anche team formati da esperti di diverse discipline;
Si mantiene costantemente aggiornato sulle novità proprie del settore;
Partecipa alle iniziative progettuali con entusiasmo e spirito di iniziativa;
L’ Ingegnere Geotecnico come l'Architetto Strutturista in un paese come l’Italia ricco di risorse naturali, ma con gravi fragilità dal punto di vista idrogeologico può svolgere un ruolo di primo piano nella tutela dell’ambiente e del territorio. In questi ultimi anni la richiesta di questo tipo di professionista è in crescita, anche l’opinione pubblica si è sensibilizzata sulla cura e la messa in sicurezza dei versanti per la prevenzione dei disastri naturali che possono colpire le infrastrutture civili. Le ampie e variegate competenze lo rendono oggi insostituibile nelle fasi progettuali preliminari e per la realizzazione di moltissime opere infrastrutturali. Il mercato pubblico e privato richiede tecnici qualificati che siano in grado di descrivere il modello geometrico e fisico del sottosuolo e che sappiano relazionarsi con altri esperti dell’ingegneria civile.
La trasparenza e la condivisione immediata è un tratto distintivo di Ricercamy che si è andata specializzando negli anni nella ricerca e selezione di figure tecniche in ambito meccanico, elettrico ed elettronico e grazie allo sviluppo di competenze specifiche e conoscenza dei profili ricercati e del mercato di riferimento.
J@TCompany
MATEMATICA - FISICA
Accesso all'insegnamento della fisica e della matematica
Con il nuovo Dm le lauree specialistiche e magistrali in Architettura del paesaggio (LS3 e LM3) e in Architettura e ingegneria edile (LS4 e LM4) entrano tra i titoli di accesso per l'insegnamento della Fisica (classe A-20). È necessario, però, aver maturato almeno 30 Cfu nel settore scientifico disciplinare Scienze Fisiche, di questi almeno 6 devono essere conseguiti nell'ambito della Fisica sperimentale (Fis/01).
Le lauree specialistiche e magistrali in Architettura e ingegneria edile (LS4 e LM4) consentono, inoltre, di insegnare Matematica e fisica (classe A-27). Occorre, però, acquisire 60 Cfu nel settore della Matematica, con 30 Cfu in Scienze fisiche. Di questi 30 crediti, almeno 6 devono essere conseguiti nel campo della Fisica sperimentale (Fis/01).
Per l'insegnamento di Fisica e Matematica e Fisica, la tabella A del Dm appena pubblicato non menziona la laurea del vecchio ordinamento in Architettura, ma, vale quanto disposto nell'articolato. Il riferimento è all'articolo 4 del Dm. Tale articolo specifica che «quando nella tabella A, nella colonna rubricata "Titoli di accesso Lauree magistrali", è indicata una specifica classe di laurea magistrale, costituiscono titolo di accesso alla classe di concorso anche la laurea specialistica e la laurea di vecchio ordinamento a essa corrispondenti» ai sensi delle equiparazioni stabilite dal Dm del 9 luglio 2009, e ciò vale anche «nel caso in cui tali Lauree non siano espressamente menzionate nelle corrispondenti colonne»,in genere i dottori in Architettura hanno sia la 4/S che la 3/S.
Saturday, October 19, 2024
Friday, October 18, 2024
Classi Concorso
Art. 4.
Equiparazione tra titoli di studio
1. Quando nella tabella A, nella colonna rubricata «Ti- toli di accesso Lauree magistrali», è indicata una specifi- ca classe di laurea magistrale, costituiscono titolo di ac- cesso alla classe di concorso anche la laurea specialistica e la laurea di vecchio ordinamento a essa corrispondenti ai sensi delle equiparazioni stabilite dal decreto del Mi- nistro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, del 9 luglio 2009 e successive modifi- cazioni ed integrazioni, anche nel caso in cui tali lauree non siano espressamente menzionate nelle corrispondenti colonne.
2. Qualora una laurea di vecchio ordinamento trovi corrispondenza con più classi di lauree specialistiche o magistrali, ai sensi dell’art. 2 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’inno- vazione, del 9 luglio 2009 e successive modificazioni ed integrazioni, sarà compito dell’Ateneo che ha conferito il diploma di laurea rilasciare, a chi ne fa richiesta, un certificato che attesti a quale singola classe di laurea ma- gistrale è equiparato il titolo di studio posseduto.
Thursday, October 17, 2024
Wednesday, October 16, 2024
Tuesday, October 15, 2024
Diritto Intertemporale
Il testo si propone di fissare le nozioni fondamentali di una moderna teoria del diritto intertemporale. La tesi principale è quella che il regime dei fatti accaduti in prossimità di un mutamento normativo deve essere stabilito sempre, deducendolo da un sindacato di ragionevolezza costituzionale Una simile teoria implica una serie di concetti generali. In primo luogo, è dato configurare la nozione che il regime riconducibile al principio d'irretroattività è considerato legittimo, soltanto se ed in quanto dotato dei caratteri della ragionevolezza. Specularmente, può essere affermato l'assunto che opera il contrapposto regime informato al canone della retroattività , qualora sia accertata la sua ragionevolezza. A queste nozioni se ne affiancano altre reputate complementari, perchè dirette, essenzialmente, a semplificare la motivazione delle sentenze. Può essere preso in considerazione, innanzitutto, il caso che la norma sopravvenuta abbia funzione di promozione della persona umana. Rispetto a tali norme è possibile affermare la concezione che la ragionevolezza risulta connaturata alla disciplina giuridica individuata dal canone della retroattività . Diversamente, altre norme sono strumentali al contemperamento d'interessi patrimoniali. In siffatta ipotesi la funzione semplificatrice è assolta dall'assunto che, normalmente, è possibile presumere la "ragionevolezza" del regime conforme al principio d'irretroattività . Il predetto schema logico, però, deve essere bilanciato da una contrapposta nozione estrapolata da una disamina del diritto vivente. Tale analisi concerne l'ipotesi che la norma diretta a regolare interessi patrimoniali presenti delle caratteristiche strutturali predeterminate. Rispetto a queste tipologie di norme è possibile sostenere la tesi che da alcune categorie scientifiche discende una presunzione della ragionevolezza del regime informato al canone della retroattività .
“tempus regit actum”
Il diritto intertemporale è costituito dall’insieme di norme e principi che dettano criteri generali per tutto l’ordinamento o per un settore specifico allo scopo di individuare la norma applicabile tra le diverse norme che si susseguono.
È possibile definire queste norme come meta-norme, ossia strumentali e senza contenuto precettivo. Le norme di diritto intertemporale individuano la fattispecie applicabile ma non possono essere applicate esse stesse.
Tali norme si differenziano dalle norme transitorie che, invece, svolgono la funzione di risoluzione delle antinomie che si verificano nel passaggio da una legge precedente ed una successiva, attraverso una loro immediata applicazione.
Il principio del “tempus regit actum” è un principio di diritto intertemporale secondo il quale l’atto processuale è sottoposto alla disciplina vigente al momento in cui viene compiuto, seppur successiva all’introduzione del giudizio o al sorgere del rapporto sostanziale, non rilevando nemmeno la disciplina sopravvenuta al compimento dell’atto.
Il principio in questione non è un principio di rango costituzionale, contrariamente ai principi di diritto intertemporale penale di irretroattività della legge penale sfavorevole e di retroattività della legge penale favorevole, che sono a fondamento del diritto penale sostanziale e che sono sanciti a livello costituzionale oltre che convenzionale (art.25 Cost. e art.7 Cedu).
Dunque, premesso che le norme processuali penali vengono regolate dal principio di diritto intertemporale del “tempus regit actum”, bisogna tenere conto delle varie situazioni di incertezza che si creano rispetto ad alcune materie come quella relativa alle misure cautelari, le cui sorti non sono chiare dopo le modifiche apportate agli articoli 274, 275, 280 c.p.p., soprattutto per quanto riguarda i provvedimenti cautelari in corso di esecuzione.
Laddove ci sia un mutamento legislativo e l’atto che ha disposto la misura cautelare stia producendo ancora i suoi effetti attraverso l’esecuzione della misura stessa, bisogna individuare il tempo dell’atto da prendere in considerazione.
Nel caso in cui prevalesse il momento di applicazione del provvedimento, le leggi sopravvenute, a prescindere dal fatto che siano favorevoli o sfavorevoli, non si applicherebbero mai. Al contrario se rilevasse altresì il momento dell’esecuzione della misura cautelare si applicherebbero tutte disposizioni legislative successive, favorevoli e non.
Significativi orientamenti giurisprudenziali a tal proposito hanno accolto la prima interpretazione, più garantista, onde evitare l’applicazione delle norme processuali sfavorevoli, sebbene comporti la rinuncia all’applicazione delle sopravvenienze favorevoli.
In realtà appare evidente come qualsiasi soluzione non consenta di raggiungere un risultato soddisfacente, poiché ad ogni modo o non trova applicazione la norma processuale sopravvenuta più favorevole oppure bisogna applicare la norma processuale sfavorevole sopravvenuta.
Nel tentare di sciogliere i dubbi è stata prospettata una prima soluzione che prevede l’attribuzione delle norme regolanti le misure cautelari al piano del diritto penale sostanziale, al fine di far fronte all’iniquità del criterio processuale che obbliga all’applicazione di un norma successiva sfavorevole.
Si prevede così l’attuazione dei principi regolatori della successione delle leggi penali e in particolare quello dell’ultrattività della norma più favorevole.
Tuttavia, in base alla giurisprudenza convenzionale e costituzionale non risulta possibile assoggettare il sistema cautelare processuale alla materia penale nel momento in cui si deve escludere che il provvedimento cautelare possa avere finalità afflittiva o punitiva, data la diversità che intercorre tra lo scopo cautelare e quello punitivo, appunto.
Soltanto qualora le garanzie previste dall’art.7 Cedu ricadranno anche sulla natura afflittiva si potrà pensare di estendere il diritto intertemporale penale ai provvedimenti custodiali.
In seguito alla condanna che l’Italia ha subito da parte della Corte Edu per la problematica del sovraffollamento carcerario, si è prospettata l’eventuale applicazione della nuova disciplina giuridica interna anche alle misure cautelari già in atto, in deroga al principio del tempus regit actum che regola la materia processuale.
Tale interpretazione rappresenta “la volontà del legislatore” ma implica che si consideri anche il tempo dell’esecuzione del provvedimento cautelare, oltre a quello della genesi dello stesso.
D’altra parte, non applicare la nuova disciplina “svuotacarceri” alle misure in corso di esecuzione non permette di raggiungere il risultato sperato dall’intervento legislativo.
Appare opportuno menzionare un’ulteriore alternativa volta alla risoluzione del problema delle sorti dei provvedimenti cautelari in corso di esecuzione, qualora entrino in vigore nuove disposizioni.
Invero, la giurisprudenza di legittimità ha individuato nel principio di tassatività delle misure restrittive della libertà personale un principio intertemporale processuale.
In virtù di tale principio le norme favorevoli sopravvenute devono essere applicate anche ai provvedimenti in corso di esecuzione onde evitare la violazione delle condizioni di legalità tassative e imposte a livello costituzionale per la limitazione della libertà personale.
Dunque, se in base al principio di tassatività l’indagato può essere privato della libertà solo nei casi previsti dalla legge, di conseguenza nell’ipotesi di una novella favorevole, la misura cautelare in esecuzione non sarebbe più autorizzata normativamente.
Tuttavia, la corrispondenza fra la normativa vigente e la misura in corso di esecuzione comporterebbe allo stesso modo anche l’applicazione della disciplina sopravvenuta sfavorevole.
Infine, è possibile affermare che l’inevitabile circolo vizioso, quale traspare nelle precedenti argomentazioni, potrebbe essere interrotto attraverso l’introduzione di norme transitorie in situazioni di incertezza che si creano rispetto ad alcune materie come quella cautelare, nella quale occorrerebbe avere la possibilità di giustificare l’attuazione di una legge processuale favorevole anche ai provvedimenti in corso di esecuzione.
Per chi non si è trasferito
In arrivo i finanziamenti volti a premiare i docenti che scelgono di non trasferirsi, garantendo così la continuità didattica, specialmente nelle aree più disagiate del paese.
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Secondo quanto riportato da Italia Oggi, un importo di 30 milioni di euro verrà accreditato direttamente alle istituzioni scolastiche interessate entro il mese di gennaio. I beneficiari, circa 20mila insegnanti, vedranno questo incentivo riflettersi nella loro busta paga di febbraio.
Il ministero dell’Istruzione e del Merito, tramite il decreto n. 258/2022, ha identificato due principali categorie di personale: i docenti che contribuiscono alla continuità didattica e quelli che operano in scuole caratterizzate da particolari sfide sociali, economiche e culturali. La valorizzazione di questi professionisti dell’istruzione prevede compensi aggiuntivi netti che oscillano tra 868 e 954 euro. In particolare, circa 6mila insegnanti che soddisfano entrambi i criteri riceveranno un incentivo di 1823 euro.
I fondi saranno distribuiti in base agli anni di servizio invariato del docente nella stessa istituzione e la residenza in una provincia diversa da quella di titolarità. Il 70% delle risorse è destinato a quei docenti che negli ultimi cinque anni non hanno richiesto trasferimenti o assegnazioni provvisorie, mentre il restante 30% è riservato a coloro che da cinque anni insegnano in aree scolastiche difficili e non residenti nella provincia di insegnamento.
Sunday, October 13, 2024
Friday, October 11, 2024
Tuesday, October 8, 2024
Monday, October 7, 2024
Saturday, October 5, 2024
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