Wednesday, May 24, 2023

Riforma penale

6. L’assenza nel giudizio di appello 6.1 La nuova disciplina ha rimodulato a fondo la possibilità del giudizio in assenza, in particolare con la rivisitazione degli artt. 420-bis e 420-quater. La notifica deve tendenzialmente avvenire a mani proprie o di persona espressamente delegata al ritiro dell’atto; occorre altrimenti che vi siano indicazioni inequivoche di una assenza dovuta a scelta consapevole e volontaria; vengono meno le presunzioni ‘nominate’, occorre una motivazione specifica su fatti procedimentali specifici; se non è possibile spiegare quest’ultima (nelle sue varie articolazioni) non si sospende ma si delibera sentenza di improcedibilità per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato: sentenza in rito, con avvisi sulle modalità del prosieguo e prescrizione sospesa, revocabile quando l’imputato é rintracciato e ha ricevuto la notifica della sentenza di (temporanea) improcedibilità. Quando l’imputato è dichiarato assente e il processo è in corso, se compare ricorrendo determinate condizioni può essere rimesso in termini per esercitare le facoltà da cui è decaduto. 6.2 Quando si procede in appello con trattazione orale, se l’imputato è appellante e le notificazioni sono regolari si procede sempre in assenza anche fuori dei casi dell’art. 420-bis. Si tratta di un corollario del fatto che l’appello è stato proposto da lui o nel suo interesse da difensore eventualmente munito di mandato speciale e che per l’atto l’imputato ha depositato la dichiarazione o elezione di domicilio. Se le notificazioni sono regolari ma l’imputato non è appellante e non ricorrono le condizioni di cui all’art. 420-bis, commi 1, 2 e 3, la Corte sospende il procedimento e dispone le ricerche per la notifica della citazione [598-ter.2]. Quando infine si procede con rito cartolare, accertata la regolarità della notifica ovviamente non è dichiarata l’assenza; se tuttavia l’imputato non è appellante e non ricorrono le condizioni di cui all’art. 420-bis, commi 1, 2 e 3, la Corte provvede con l’ordinanza di sospensione e ricerche. La differente soluzione con il primo grado (che procede a sentenza di improcedibilità per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato: 420-quater) è data ovviamente dal fatto che vi è ormai una sentenza di merito deliberata che non potrebbe essere travolta da una seconda successiva sentenza di improcedibilità sostanzialmente temporanea. La durata della sospensione è potenzialmente indeterminata. Se si procede per reato consumato dopo il 01/01/2020 si applica infatti la disciplina dell’art. 344-bis comma 6. Se si procede per reato consumato entro il 31/12/2019 si applica l’art. 159.1.n.3-bis ([31]) 6.3 La rivisitazione della disciplina in primo grado ha un’immediata ricaduta in quella delle questioni di nullità nel giudizio di appello. La dichiarazione di assenza quando mancavano le condizioni dei primi tre commi dell’art. 420-bis determina la nullità della sentenza di primo grado, che però deve essere eccepita con specifico motivo di appello ([32]) altrimenti è sanata [604, nuovo 5-bis]: non può pertanto essere rilevata d’ufficio. Se dichiara la nullità il giudice di appello dispone la trasmissione degli atti al giudice che procedeva quando la nullità si è verificata. Non sussiste comunque nullità [604, nuovo 5-bis, ultima parte] se risulta che l’imputato era a conoscenza della pendenza del processo ed era nelle condizioni di comparire in giudizio prima della pronuncia della sentenza impugnata. Occorre quindi un’accurata conoscenza e valutazione di cosa è accaduto nel corso del procedimento e dalle notificazioni della citazione a imputato e difensore/i. Questa indicazione, inequivoca, pone almeno un problema nuovo, che presenta profili delicati. Il giudice di primo grado [e quello di appello che deve valutare se sussista questa sorta di condizione ostativa alla possibilità di eccepire o rilevare ([33]) la nullità] non ha né può consultare il fascicolo del pubblico ministero, per cui diviene onere del rappresentante della parte pubblica, nei due gradi, acquisire e rappresentare i fatti di possibile pertinente rilievo procedimentale che si sono verificati nella fase delle indagini preliminari e fino all’eventuale udienza preliminare. Ma, soprattutto, nel nuovo sistema diviene nevralgica la comprensione di quale sia stato il rapporto tra l’imputato ed il suo difensore, di fiducia o di ufficio che sia, in particolare dal momento in cui il difensore ha ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza. E questo aspetto, essenziale nell’economia della disciplina al fine di poter affermare o escludere anche la conoscenza della pendenza del processo, è nella conoscenza del solo difensore, quando l’imputato non sia presente ovvero manchino elementi documentali (una nomina, un’istanza, la presentazione di un certificato medico, ecc.) dal cui contenuto si possa evincere esaustivamente, anche solo sul piano logico, il dato della conoscenza della pendenza del processo (e non già del solo procedimento), se non specificamente della data dell’udienza. Ed allora diviene fisiologia della relazione tra giudice e parti, con la nuova disciplina, che il primo nelle situazioni di incertezza possa, o debba in realtà, interpellare il difensore su quali siano stati i suoi contatti con l’imputato dal momento delle notifiche per applicare correttamente la norma. Ovvero che debba essere riconosciuto uno speculare obbligo del difensore, di fiducia o di ufficio, di rappresentare al giudice di primo grado (e dedurre specificamente e analiticamente nell’eventuale motivo di appello) l’assenza di ogni rapporto e le ragioni che la hanno determinata. Tema nuovo nella pregnanza con cui si pone, ma che pare francamente ineludibile ([34]). 6.4 Il nuovo comma 3-ter del medesimo art. 604 prevede poi i casi nei quali, al di fuori delle ipotesi di nullità considerate dal comma precedente, il giudice di appello restituisce l’imputato nel termine per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto (quando per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento si è trovato nell’assoluta impossibilità di comparire e, incolpevolmente, di comunicare tempestivamente l’impedimento; se, quando l’assenza è stata dichiarata fuori dei casi di notifica a mani o a persona espressamente incaricata del ritiro o rinuncia espressa a comparire o far valere un impedimento, provi di non aver avuto effettiva conoscenza del processo e non esser potuto intervenire, incolpevolmente, per esercitare le facoltà da cui è decaduto). In questi casi [604, 5-quater], se la facoltà riguarda la richiesta di applicazione dell’art. 444 ovvero l’oblazione ovvero la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ([35]), provvede direttamente il giudice di appello (e se questi rigetta le richieste di applicazione della pena o di oblazione le stesse non possono più essere riproposte). Negli altri casi il giudice di appello annulla la sentenza e trasmette gli atti al giudice della fase nella quale può essere esercitata la facoltà da cui l’imputato è decaduto [604.5-quater]. Trattandosi di annullamento per decadenza dall’esercizio di una facoltà, va posta la questione se l’annullamento prescinda dalla specifica e vincolante dichiarazione di voler esercitare tale facoltà ovvero debba essere automatico, quindi ritenendosi poi fisiologico che restituito nel termine davanti al giudice ‘naturale’ l’imputato possa poi scegliere di non esercitare quella facoltà della cui decadenza si è doluto ottenendo l’annullamento della sentenza di primo grado. Si pensi al caso di decadenza incolpevole dalla facoltà di chiedere il rito abbreviato: presupposto dell’annullamento è la richiesta (vincolante) che si proceda con rito abbreviato ovvero la retrocessione avviene anche se solo ‘esplorativa’, riservandosi quindi l’imputato di esercitare o meno la facoltà di chiederlo? Il principio costituzionale di ragionevole durata del processo parrebbe ostare ad una retrocessione formalistica, non strettamente funzionale al soddisfacimento di un concreto ed effettivo interesse, ed effetto, ‘riparatorio’. D’altronde, quando la richiesta di restituzione nel termine è proposta, con specifico motivo di appello o con richiesta presentata prima della discussione di appello ([36]), l’istante ha già avuto la possibilità di una piena conoscenza degli atti sia processuali (fascicolo per il dibattimento) che di indagine preliminare (fascicolo del pubblico ministero). Non pare decisiva a sostenere la tesi opposta la lettera della locuzione: “giudice della fase nella quale può essere esercitata la facoltà dalla quale l’imputato è decaduto”. Il tempo presente del verbo risulta compatibile con entrambe le interpretazioni. La norma prevede che in ogni caso rimane ferma la validità degli atti regolarmente compiuti in precedenza [604.5-ter]. 6.5 La disciplina dei nuovi commi 5-bis e 5-ter dell’art. 604 riceve un seguito specifico nella disciplina dell’annullamento con rinvio nel rito di cassazione. Infatti l’art. 623, comma 1, inserisce una lettera bb), disponendo che nel caso del comma 5-bis la Corte di cassazione disponga la trasmissione degli atti direttamente al giudice del grado e della fase in cui si è verificata la nullità; nei casi disciplinati dal comma 5-ter la trasmissione avviene al giudice del grado e della fase in cui può essere esercitata la facoltà da cui l’imputato è decaduto. Tuttavia in entrambi i casi l’annullamento non può essere disposto se “risulta che l’imputato era a conoscenza della pendenza del processo e nelle condizioni di comparire a giudizio prima della pronuncia della sentenza impugnata”. Va notato che nella disciplina dei commi 5-bis e 5-ter questa condizione inibente è prevista solo per la nullità disciplinata dal primo. La discrasia parrebbe attribuire alla Corte di cassazione un potere di apprezzamento di merito (sia pure in relazione ad una questione procedimentale) che il giudice di appello non ha. Del resto i limiti di rilevanza dell’operatività delle ipotesi del comma 5-ter sono già indicati (ed in parte diversi) all’interno delle due ipotesi previste. 7. La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale Due le novità, riguardanti la riformulazione del comma 3-bis e un nuovo comma 3-ter. 7.1 Sono anche due le novità nel comma 3-bis. La prima è data dal richiamo espresso ai primi tre commi dell’art. 603. Si tratta di un chiarimento volto a ribadire che i limiti entro i quali il comma 3-bis (anche nella sua interpretazione giurisprudenziale) impone la rinnovazione di prove dichiarative lasciano tuttavia impregiudicata ogni possibilità del giudice di appello di procedere comunque alla rinnovazione quando ricorrono le condizioni indicate nei primi tre commi della norma ([37]). La seconda porta a soluzione normativa il disagio interpretativo determinato dall’estensione, operata da SU sent. 27620 del 28/04/2016, ric. Dasgupta (e subito confermata da SU sent. 18620 del 19/01/2017, ric. Patalano) dell’obbligo di esaminare d’ufficio i dichiaranti, nei casi di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, anche ai giudizi svoltisi con rito abbreviato nei quali nessun dichiarante era stato esaminato dal giudice (nelle due ipotesi possibili degli artt. 438.5 e 441.5). In concreto in tale ipotesi si andava in realtà ad una prima escussione procedimentale da parte di un giudice. La modifica normativa trae spunto anche dall’evoluzione della giurisprudenza europea che aveva dato origine all’introduzione dell’art. 603.3-bis ([38]). 7.2 Il nuovo comma 3-ter dell’art. 603 dispone che quando si procede alla rinnovazione a seguito di accoglimento di richiesta ex art. 604.5-ter e 5-quater, se nel giudizio di primo grado si è proceduto in assenza perché l’imputato latitante si era volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo [420-bis.3], la rinnovazione è disposta nei limiti previsti dall’art. 190-bis.

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