Wednesday, April 2, 2025
Monday, March 31, 2025
Sunday, March 30, 2025
Tuesday, March 25, 2025
Libera Professione e Ruolo di Dipendente
Per la firma di progetti di edilizia civile e per lo svolgimento di tutte le attività riservate per legge agli architetti è necessaria l’iscrizione all’Albo.
Anche gli architetti dipendenti possono iscriversi all’Albo, qualora ne abbiano i requisiti, ovvero: laurea con indirizzo compatibile alle discipline dell’Ordine; superamento dell’Esame di Stato; pieno godimento dei diritti civili; non essere iscritto ad altro ordine professionale.
Gli architetti dipendenti, iscritti all’Albo, privi di partita IVA, possono svolgere la propria attività esclusivamente nell’ambito del contratto di lavoro subordinato sottoscritto con il proprio datore di lavoro e nel rispetto delle previsioni del Contratto Collettivo di riferimento, anche per quanto riguarda gli aspetti retributivi.
Ai sensi dell’art. 5 D.P.R. 137/2012 inoltre il professionista è tenuto a stipulare una idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall'esercizio dell’attività professionale.
Il presupposto per il citato obbligo assicurativo è dunque rappresentato dall’esercizio di qualsiasi attività professionale, anche occasionale, svolta in forma autonoma (a prescindere dal tipo di prestazioni svolte) nei confronti di committenti pubblici o privati.
L’architetto che svolge la propria attività esclusivamente alle dipendenze di un soggetto datore di lavoro non risulta quindi obbligato per legge a stipulare un’assicurazione per responsabilità civile professionale, dal momento che non assume la titolarità di alcun incarico professionale, che fa invece capo al datore di lavoro, il quale si doterà a proprie spese di una copertura assicurativa includendo anche i possibili danni derivanti dall’esercizio dell’attività del dipendente architetto.
Appare opportuno, pertanto, che l’architetto controlli con il datore di lavoro la presenza di una adeguata estensione della copertura assicurativa.
L’architetto dipendente rimane comunque personalmente responsabile (anche verso l’Ente Pubblico presso cui è depositata la pratica) nel caso sottoscriva false o erronee attestazioni/progetti o nel caso commetta altri illeciti penali, disciplinari e amministrativi.
L’architetto dipendente, che abbia firmato il progetto o svolto altra attività con rilevanza esterna (es. direzione lavori), in caso di errori e di danni resta poi comunque responsabile verso il datore di lavoro ed eventualmente, in via extracontrattuale, anche nei confronti del cliente con cui il datore di lavoro abbia stipulato il contratto.
Si aggiunga poi che, in linea generale, non è precluso all’architetto, dipendente privato e pubblico, svolgere anche attività autonoma di libera professione, sempre che il contratto di lavoro subordinato non lo vieti e sussistano comunque le eventuali autorizzazioni del datore di lavoro.
In tale ipotesi l’architetto deve quindi dotarsi di partita IVA e di una propria adeguata assicurazione professionale, oltre che iscriversi alla gestione separata INPS e versare il contributo integrativo Inarcassa per i compensi derivanti da libera professione.
La posizione lavorativa di libero professionista o dipendente non è una discriminante rispetto all’iscrizione all’Albo, quindi è facoltà dell’architetto decidere se rimanere iscritto o meno. Si sottolinea, tuttavia, che laddove si intenda esercitare la professione di architetto, p. p. o c., l’iscrizione all’Albo è per legge sempre obbligatoria.
La chiusura della Piva, non comporta in modo diretto alcuna modifica alla propria posizione ordinistica e quindi non comporta alcuna automatica cancellazione dall’Albo, con la sola chiusura della P.IVA permangono quindi tutti gli obblighi di legge derivanti da tale iscrizione fra cui la necessità di assolvere all’obbligo formativo.
Si ricorda infine che, come prescritto dal Codice Deontologico, è sempre necessario segnalare qualsiasi variazione dei propri dati all' Ordine di appartenenza.
Monday, March 24, 2025
Friday, March 21, 2025

Monday, March 17, 2025
Ora anche la Pubblica Amministrazione che sbaglia deve pagare
E' possibile richiedere direttamente tramite le vie ordinarie il rimborso per i danni subiti a seguito di un atto amministrativo illecito della Pubblica Amministrazione, non al fine di ottenere l'annullamento dell'atto stesso seguendo le solite vie amministrative, ma limitandosi a richiedere in sede civile il risarcimento del danno.
Questa la recente sentenza (n.500/99) -presa a Sezioni Unite dalla Cassazione, e quindi con valore di giurisprudenza- che ha dato nuova lettura all'articolo 2043 del codice civile in tema di risarcimento di danno ingiusto a seguito di atto illecito, mettendo la Pubblica Amministrazione sullo stesso piano del cittadino, e rendendola cosi' soggetto passibile di essere citato in giudizio per rispondere patrimonialmente delle proprie colpe.
In questo modo anche gli interessi legittimi dei cittadini -finora poco tutelati perche' spesso in contrasto con l'interesse della Pubblica Amministrazione davanti alla quale il singolo deve piegare il capo- potranno ottenere una tutela patrimoniale in caso di violazione.
Da oggi, chi dovesse subire le conseguenze di un atto amministrativo e non ritiene di voler ricorrere a Tar e Consiglio di Stato per ottenerne l'annullamento, potra' "accontentarsi" di portare l'Amministrazione in Tribunale ed ottenere il risarcimento patrimoniale alle ingiustizie subite.
Il Tribunale Civile, a seguito della presentazione dell'azione giudiziaria dovra' per prima cosa accertare l'effettiva esistenza dell'evento dannoso, valutare se lo stesso sia considerabile come danno ingiusto alla persona ed ai suoi interessi legittimi e, per ultima cosa, stabilire il legame -dimostrare la diretta riferibilita'- tra il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione ed il danno subito dalla persona. Se viene confermato, oltre al danno concreto, anche il nesso di dipendenza diretta dagli atti amministrativi emessi, allora il giudice dovra' assegnare il risarcimento, biasimando il comportamento dell'Amministrazione. Particolare attenzione il magistrato la dovra' prestare al far risalire con certezza la responsabilita' dell'atto non a colpa di un singolo funzionario ma dell'Amministrazione in se'.
La violazione delle regole di imparzialita', correttezza e buona amministrazione segnera' la condanna della P.A..
Secondo i primi commenti, generalmente positivi, c'e' chi auspica un intervento chiarificatore del Parlamento, nel timore che un eccessivo ricorso alla giustizia ordinaria da parte dei cittadini che abbiano subito un danno, possa mettere sul lastrico le Amministrazioni piu' piccole, spesso non direttamente responsabili dei fatti loro attribuiti, i quali sarebbero invece riferibili -indirettamente- ad Amministrazioni superiori.
Il principio della risarcibilita' degli interessi legittimi e' comunque una grande e positiva novita', che determinera' comunque un miglioramento nella situazione di molti cittadini, i quali abitualmente si trovano a dover subire abusi da parte di Amministrazioni che non rispondono mai dei loro errori. Certo, le caratteristiche essenziali degli atti contestabili sono specificamente delineate e la valutazione sara' a carico del giudice ordinario, spesso digiuno di questioni amministrative. Ma adeguatamente dotto in materia di danno ingiusto, il che e' cio' che occorre a questo proposito.
LE FRASI PIÙ FAMOSE DI GIULIO ANDREOTTI
«A parlare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina»
«Preferisco andare ai battesimi piuttosto che ai funerali»
«L’umiltà è una virtù stupenda, ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi»
«La morte? Non sono pronto. Spero di morire il più tardi possibile»
«Il potere logora chi non ce l’ha»
«Considero il sopravvivere una grazia di Dio»
«I miei amici che facevano sport sono morti da tempo»
«Meglio tirare a campare che tirare le cuoia»
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