Monday, December 23, 2024

Registrazioni tra privati e assicuratore

La questione è complessa: diversi, infatti, sono gli aspetti sostanziali e processuali da tenere in considerazione. Si può affermare con certezza che nel nostro ordinamento non vi sono norme che vietino la registrazione delle conversazioni tra soggetti privati. Pertanto, almeno in via generale, sono lecite le registrazioni delle conversazioni avvenute tra un cliente e un agente di assicurazione. Per la giurisprudenza, la liceità delle registrazioni trova fondamento nella loro natura non essendo altro che la memorizzazione fonica di un fatto storico. Non solo. La registrazione è lecita anche quando l’autore non fornisce alcuna preventiva informazione al proprio interlocutore per il principio che “chi dialoga è responsabile delle informazioni trasmesse e accetta il rischio che la conversazione sia registrata”. L’astratta liceità delle registrazioni incontra, tuttavia, il triplice limite: (i) dei soggetti coinvolti; (ii) del luogo in cui si è dato corso alla registrazione; (iii) della finalità della registrazione. Invero, la registrazione diventa illegittima o illecita se l’autore della registrazione non è parte della conversazione; se la registrazione avviene nel c.d. luogo di privata dimora (preciso, subito, che la privata dimora non è sinonimo di abitazione, ma è un concetto molto più ampio); se, infine la registrazione è compiuta per essere divulgata o diffusa senza che vi sia alcun interesse pubblico alle informazioni che contiene. Le registrazioni possono essere utilizzate in giudizio? Con quali limiti? La finalità difensiva della registrazione ne rende legittimo l’utilizzo in giudizio (anche se è stata effettuata senza informare preventivamente uno degli interlocutori). La registrazione è utilizzabile come prova sia in ambito penale, sia in ambito civile. Tuttavia, trattandosi di una prova costituitasi al di fuori del processo, ai fini della sua ammissibilità devono sussistere alcuni presupposti. Innanzitutto, la registrazione può essere utilizzata in giudizio solo se i soggetti della conversazione sono anche parti processuali. Il secondo presupposto per l’ammissibilità in giudizio del file audio riguarda il luogo in cui è avvenuta la registrazione. E’ certamente legittima la registrazione effettuata in un luogo aperto al pubblico, all’interno dell’abitazione del soggetto che la compie, o in un qualsiasi luogo di pertinenza. Per contro, la registrazione diventa illegittima se effettuata nella privata dimora del soggetto intercettato. A questo riguardo, è opportuna qualche riflessione. Come anticipato, la privata dimora non è soltanto l’abitazione, ma qualsiasi luogo in cui un soggetto compie atti di vita privata in modo riservato potendo anche esercitare il diritto di precludere l’accesso a terzi. Sull’argomento, è recentemente intervenuta la Cassazione penale, a Sezioni Unite, la quale ha precisato che nel concetto di privata dimora non rientrano gli esercizi commerciali e gli altri luoghi di lavoro aperti al pubblico , con la sola eccezione di quei casi in cui il fatto sia avvenuto all’interno di un’area riservata alla sfera privata della persona offesa. Ora, l’agenzia di assicurazione è certamente un locale commerciale, sebbene non tutti i suoi spazi siano adibiti al contatto con il pubblico (infatti, vi sono anche ambienti riservati all’attività direzionale, amministrativa e contabile in cui l’agente esercita la propria attività professionale). Così ragionando, si potrebbe sostenere che l’agenzia corrisponda al domicilio professionale dell’agente. Pertanto, se può ritenersi illegittima la registrazione effettuata nella privata dimora del soggetto intercettato, allora potrebbe sostenersi l’illegittimità anche della registrazione effettuata presso il luogo di lavoro di quest’ultimo, purché effettuata in una zona preclusa al pubblico accesso . Resta inteso che si tratta di mere speculazioni, da valutarsi caso per caso, tenendo in debita considerazione il fatto che il vaglio di ammissibilità del mezzo istruttorio da parte del magistrato, per quanto soggetto a motivazione, resta nella sostanza fortemente discrezionale. Da ultimo va detto che affinché la registrazione abbia efficacia probatoria in causa deve essere completa e attendibile. Per superare il vaglio dell’ammissibilità formale in giudizio, la registrazione fonica deve essere accompagnata dalla sua integrale trascrizione e da un’istanza affinché il relativo contenuto venga trascritto da un consulente tecnico nominato dal giudice. Che cosa può fare l’agente per tutelarsi qualora apprenda che una sua conversazione è stata registrata? Sicuramente è preferibile che l’agente si tuteli in via preventiva, tenendo ben presente che la registrazione di una conversazione non costituisce attività illecita ed è utilizzabile in giudizio dalla persona presente alla conversazione per la tutela e il riconoscimento di un proprio diritto. I più recenti sinistri di RC professionale presentano uno scenario ricorrente: ricevuta la rituale denuncia di sinistro, il cliente cerca in tutti i modi di ricevere dall’agente assicurativo conferma sulla effettiva copertura, piuttosto che la certezza dell’indennizzo. Ed è proprio questo contesto che può rivelarsi particolarmente insidioso per l’agente, il quale, spesso motivato da ragioni (certamente legittime) di natura commerciale o semplicemente fiduciaria, tende a rassicurare il cliente, assumendosi impegni o responsabilità di carattere personale che, invece, travalicano il proprio ruolo di mero mandatario assicurativo. In via preventiva, dunque, non possiamo che dare un monito da tener presente nel corso di conversazioni sia in presenza sia tramite messaggistica telefonica: mai farsi carico di eventuali errori e omissioni e mai esporsi personalmente, esplicitando ammissioni di responsabilità riguardanti il proprio operato in fase di redazione e/o stesura del prodotto assicurativo al momento della negoziazione e sottoscrizione; né, tantomeno, esporsi sull’operatività o meno di una garanzia in fase di gestione del sinistro. Sugli strumenti a tutela dell’agente, occorre distinguere l’ipotesi in cui l’agente viene a conoscenza della registrazione perché è stata diffusa o divulgata, da quella in cui è stata solo prodotta in giudizio. Nel primo caso, in assenza di finalità difensive (e salvo la sussistenza di un preminente diritto di cronaca e/o d’informazione), ciò che deve essere tutelato è il diritto all’immagine dell’agente e dell’agenzia, oltre alla libertà dell’agente di svolgere, senza interferenze, la propria attività professionale nel proprio domicilio professionale. L’Agente, quindi, potrà tutelarsi in sede penale presentando querela nei confronti dell’autore della registrazione, allo scopo di denunciarne l’illiceità e rilevanza penale della condotta. E’ evidente che gli estremi della condotta penalmente rilevante e l’individuazione della fattispecie di reato ricorrente andranno valutati caso per caso. Ai fini della tutela civilistica, nulla osterebbe alla instaurazione di un giudizio per il risarcimento del danno all’immagine, in aggiunta, eventualmente, al risarcimento del danno patrimoniale per perdita della clientela e alla condanna in forma specifica alla eliminazione del contenuto della registrazione diffusa o divulgata, laddove avvenuta tramite web o altri mezzi informatici. Qualora, invece, l’agente venga a conoscenza della registrazione soltanto a seguito dell’instaurazione di un giudizio, senza illecita diffusione e/o pubblicazione, l’agente potrà tutelarsi tentando il disconoscimento della registrazione prodotta in giudizio, laddove ritenga che il file audio contenga una conversazione parziale, non corrispondente al vero, ovvero difforme da quella realmente accaduta o ancora laddove ritenga che sia frutto di una evidente strumentalizzazione da parte di chi se ne avvale. Al riguardo, infatti, il codice civile (art. 2712) stabilisce che le riproduzioni fonografiche fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate “se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime”. La giurisprudenza di legittimità e di merito, tuttavia, è costante nel ritenere che il disconoscimento deve essere “chiaro, circostanziato, esplicito e tempestivo” . In sostanza, non appena la registrazione viene prodotta in giudizio, il difensore dell’agente deve disconoscerne il contenuto e l’attendibilità con il primo atto utile. Non solo, secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, non ci si può limitare a rilevare che la conversazione non sia mai avvenuta o, se intercorsa, abbia avuto un contenuto diverso da quello reale, ma occorre che la contestazione sia supportata allegando specifici elementi che attestino la non corrispondenza tra quanto prodotto e quanto avvenuto . In questo panorama giurisprudenziale, pressoché pacifico e ormai consolidato, s’inserisce un’autorevole e recente sentenza della Cassazione, secondo la quale il mero disconoscimento della registrazione neutralizzerebbe l’efficacia probatoria del file audio, precludendo così la verifica mediante consulenza tecnica e questo in virtù della sua formazione fuori dal processo, quindi, senza le sue garanzie: «Deriva da quanto precede, pertanto, che le registrazioni fonografiche possono assurgere a dignità di fonte di prova limitatamente all’ipotesi in cui la parte contro la quale sono prodotte non contesti che le conversazioni o le dichiarazioni, con il tenore che le suddette registrazioni tendono a comprovare, siano realmente accadute. L’eventuale contestazione preclude la verifica per mezzo di consulenza tecnica, a differenza di quanto accade per le scritture private» . Va ribadito, tuttavia, che si tratta di una pronuncia isolata con un solo lontano precedente nel 1998 : bisognerà vedere se tale orientamento si consoliderà. Gli agenti possono registrare le conversazioni con i clienti per provare l’adeguatezza del prodotto collocato e la correttezza delle informazioni sulle caratteristiche della polizza? Sicuramente la liceità di una registrazione effettuata dall’agente, in ragione del ruolo rivestito e dei particolari obblighi assunti nei confronti del cliente, incontra limiti più stringenti. Le conversazioni che intercorrono tra agente e cliente non contengono generalmente dati personali del primo. Al contrario, presuppongono il trattamento dei dati personali, talvolta anche sensibili, del cliente. Pertanto, l’eventuale registrazione effettuata contro il cliente non può prescindere dal rispetto della normativa sulla privacy (GDPR n. 2016/679), che, appunto, tutela il corretto trattamento dei dati personali delle persone fisiche. L’agente, peraltro, nell’esercizio della sua attività professionale è sempre tenuto alla trasparenza e all’obbligo di informazione. Ciò posto, l’eventuale registrazione dovrebbe essere subordinata all’acquisizione del consenso da parte del cliente, da acquisire mediante sottoscrizione di un apposito modulo. Non si può, tuttavia, tacere che una tale impostazione, soprattutto in fase di negoziazione del prodotto assicurativo, metterebbe a serio rischio la vendita del prodotto mortificando la finalità commerciale. Il modo più efficace per tutelarsi dal rischio di essere registrati e dalle pericolose conseguenze che ne discendono è assumere consapevolezza sul tema e su una prassi che, come purtroppo dimostrano i più recenti sinistri, è sempre più diffusa nel settore assicurativo. Nel rapporto (fiduciario) con il cliente, il modus operandi dell’agente assicurativo deve essere improntato, in un’ottica difensiva, a tutelare sé stesso da potenziali minacce future. Ne consegue che tanto nella fase della trattativa contrattuale quanto in quella della gestione del sinistro, l’agente deve sempre operare come longa manus della compagnia mandante, senza assumersi mai espressamente, nel colloquio con il cliente, proprie personali responsabilità sulla portata della garanzia, le condizioni e i limiti d’indennizzo.

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