Tuesday, May 31, 2022
Lettera a mio padre
"Sono arrivato a capire, nel tempo – quando le cose vecchie diventano d'oro e quelle nuove ci coinvolgono così da vicino che a volte quasi non ci fanno respirare – il significato della parola e il ruolo di "padre".
Per me, nei miei anni giovanili, mio padre era l'uomo silenzioso, sobrio, coraggioso e bonario che, mentre svolgeva la sua vita quotidiana nel suo ruolo all'interno della piccola azienda di famiglia, era infatti la mia guida fidata e il mio costante punto di riferimento, anche se non me ne rendevo ancora conto.
Non lo sapevo, ma in quegli anni durante i quali forgiavo il mio futuro, ogni fermo concetto di azione verso la famiglia, verso il Creato e verso le persone si stava lentamente plasmando e da quest'uomo traeva le sue motivazioni più profonde".
Estratto dall'ultimo pensiero scritto da Solari Danilo : "Lettera a mio padre".
Monday, May 30, 2022
Da qualche settimana si è creato un vasto movimento di sostegno ai circa 100 docenti che in tutta Italia continuano a svolgere la funzione di “presidi incaricati” o, come comunemente definiti, di “precari della dirigenza”. L’istituto dell’incarico di presidenza sembrava “defunto” con le ultime tornate concorsuali a posti di dirigente scolastico, nell’ottica del perseguimento della via maestra, indicata all’art. 97 della Costituzione, di “super concorsi” salvifici, rapidi e capaci, secondo l’idea del legislatore, di risolvere i gravosi problemi che affliggono la dirigenza scolastica.
E’ necessario allora ripercorrere brevemente, senza tediare più di tanto, la storia normativa recente dell’istituto di cui sopra.
Salvatore M. – Da qualche settimana si è creato un vasto movimento di sostegno ai circa 100 docenti che in tutta Italia continuano a svolgere la funzione di “presidi incaricati” o, come comunemente definiti, di “precari della dirigenza”. L’istituto dell’incarico di presidenza sembrava “defunto” con le ultime tornate concorsuali a posti di dirigente scolastico, nell’ottica del perseguimento della via maestra, indicata all’art. 97 della Costituzione, di “super concorsi” salvifici, rapidi e capaci, secondo l’idea del legislatore, di risolvere i gravosi problemi che affliggono la dirigenza scolastica.
E’ necessario allora ripercorrere brevemente, senza tediare più di tanto, la storia normativa recente dell’istituto di cui sopra.
Il D.Lgs. n. 59/1998, nel ribadire la linea secondo la quale fosse negata la possibilità in via ordinaria di conferire posti dirigenziali a chi non avesse conseguito la relativa qualifica mediante concorso, stabilì pure che essa dovesse decorrere dallo svolgimento della prima tornata di concorsi dirigenziali e dalla redazione delle conseguenti graduatorie.
Fino a quel momento l’art. 28 bis, comma 3, di quest’ultimo decreto stabilì che non solo fosse possibile nella scuola conferire incarichi di presidenza, ma che anzi essi sarebbero stati titolo valutabile proprio ai fini concorsuali. L’art. 28 bis è poi divenuto l’art. 29 del D.Lgs. n. 165/2001, ed è tuttora vigente.
Il legislatore, dunque, nel prevedere l’anzidetta eccezione all’impianto giuridico complessivo della dirigenza, ha tenuto presente le particolari necessità delle istituzioni scolastiche, che esigono, in ogni caso, la continua presenza di un responsabile.
L’incarico di presidenza è regolato contrattualmente dall’art. 69 del CCNL/1995, espressamente richiamato nell’art. 146 del CCNL/2007.
Tuttavia, la legge 43 del 31/03/2005, art. 1/sexies ha previsto che, a decorrere dall’anno scolastico 2006/2007, non siano più disposti nuovi incarichi di presidenza, fatta salva la conferma degli incarichi già assegnati. I posti vacanti di dirigente scolastico sono conferiti con incarico di reggenza.
L’impianto normativo vigente ha tuttavia consentito a chi ne avesse titolo di continuare a svolgere la funzione, anche in mancanza della “idoneità” concorsuale, da conseguire negli ultimi concorsi banditi, di cui uno in corso, che, come è noto, sono infarciti di errori, sconvolti dalle inchieste giudiziarie e dagli annullamenti disposti dalla Magistratura Amministrativa.
Nel caos determinato da concorsi mal gestiti, dichiarati illegittimi, o dall’uso indiscriminato dell’istituto della reggenza, che comporta l’assegnazione senza scrupoli ai dirigenti scolastici(pochi) di una pluralità devastante di istituti scolastici, i “presidi incaricati” rimasti hanno garantito la stabilità, l’efficienza, la continuità di direzione in molte scuole, talvolta nelle sedi più disagiate.
Esistono dunque ancora dei “precari della dirigenza”, dei presidi a termine illegittimamente utilizzati dal legislatore per coprire le falle di un sistema ormai in cancrena.
Questi soggetti hanno dimostrato competenze sul campo e continuano a svolgere degnamente, nel rispetto di una professione ormai bistrattata, le funzioni ad esse per legge assegnate.
Recentemente sono state presentate due interrogazioni parlamentari, di cui una alla Camera dei Deputati(on. Di Giuseppe, Atto n. 4-13296) e una al Senato della Repubblica(sen. Salvo Flores, Atto n. 4-05950), nelle quali si fa riferimento alla problematica dei presidi incaricati e si pone l’attenzione sulla illegittimità della reiterazione dei contratti a tempo determinato di tali soggetti, che si perpetua, per alcuni, addirittura da quasi un decennio.
Scrive l’on. Di Giuseppe: “…alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale, potrebbero partire dei ricorsi per la trasformazione del contratto e il risarcimento danni alla pubblica amministrazione, che risulterebbe soccombente in quanto i presidi incaricati svolgono a tempo determinato da 10 anni la funzione, senza che sia mai stata determinata un’esigenza eccezionale, così come invece vorrebbe l’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001…” e, ancora: “i contratti a tempo determinato sono stati posti in essere secondo gli interroganti in violazione della normativa che regola la materia e, in particolare, del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 con il quale l’ordinamento italiano ha inteso dare attuazione alla direttiva 1999/70/Ce relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (che si applica alla pubblica amministrazione in forza della clausola 2 del medesimo accordo quadro)”.
Il sen. Fleres punta inoltre l’attenzione sulla capacità professionale degli incaricati, sottolineando che: “i suddetti presidi incaricati, svolgendo tali funzioni da diversi anni, hanno acquisito capacità, competenze ed esperienze messe a disposizione di un’amministrazione che li ha, peraltro, incaricati, formati ed aggiornati con spese a carico dello Stato”.
Bisogna però specificare che nel pubblico impiego, in merito alla illegittima reiterazione di contratti a termine, la norma di riferimento è il comma 5, art. 35 del d.lgs. 165/2001:
“5.In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative.”
Dunque, sebbene, forse, non sia ipotizzabile una mera conversione del contratto, in rispetto anche al disposto dell’art. 97 della Carta Costituzionale, è altamente probabile che la P.A. sia colpita da più di 100 ricorsi per il risarcimento danno.
La giurisprudenza recente è molto propensa, soprattutto per quanto riguarda la reiterazione dei contratti a termine dei docenti, ad accordare risarcimenti danno faraonici, parametrati sulla retribuzione globale di fatto, in media sulle 15 mensilità lorde.
Fatto un breve calcolo ciò potrebbe costare al Miur circa 40000 euro netti a preside incaricato, per un totale di 4000000 euro per tutti questi “precari della dirigenza” rimasti.
Naturalmente tutto a carico della comunità che dopo le recenti manovre finanziarie è vessata da tassazioni già a livelli esponenziali!
Alcune sigle sindacali, su tutte la Dirpresidi, ma anche l’Uglscuola e, ultima, l’Unicobas, stanno avviando procedure di vertenza a tutela di questa categoria di lavoratori.
Che fine hanno fatto i Confederali( Cgil, Cisl e Uil)? Il loro silenzio assordante sulla vicenda sembra un’acquiescenza non molto celata alla volontà di continuare ad ignorare questa forma di precariato.
Quanto conviene ancora allo Stato disprezzare, umiliare, gettare e riusare i presidi incaricati? E quanto conviene economicamente, per una volontà incomprensibile, rischiare risarcimenti milionari a carico dei contribuenti, al solo scopo di evitare l’assunzione di 100 docenti che hanno dimostrato in un decennio di essere preparati, formati sul campo e disposti, a capo chino, a servire la Pubblica Amministrazione?
Nell’era della meritocrazia valutata in base a quiz, test di puro nozionismo, il legislatore farebbe bene, ogni tanto, a compiere gesti legittimi di riparazione a errori del passato, in favore del merito dimostrato giorno dopo giorno sul campo.
GPON (Gigabit-capable Passive Optical Network) è una tecnologia comunemente utilizzata per realizzare reti in modalità FTTH (Fiber To The Home), secondo cui la connessione a Internet di una abitazione avviene portando la fibra ottica fino a dentro casa.
GPON fa parte di un insieme di standard PON, i quali si differenziano in base alla velocità massima complessiva raggiungibile all’interno di ciascun albero ottico, una struttura spesso condivisa anche con 64 utenze (il significato di albero ottico è spiegato in dettaglio sotto).
Nel caso di GPON, la velocità massima è di circa 2,5 Gbps in download e 1,25 Gbps in upload, condivisa con un numero prestabilito di utenze, che può arrivare fino a 128.1 Ciascuna delle linee collegate avrà poi una velocità massima nominale fissata dall’operatore, ad esempio 1 Gbps in download.
GPON: 2,5 Gigabit in download e 1,25 Gigabit in upload. XG-PON: 10 Gigabit in download e 2,5 Gigabit in upload. XGS-PON: 10 Gigabit in download e 10 Gigabit in upload. NG-PON2: 40 Gigabit in download e 2,5 Gigabit in upload
Differenze tra gli standard PON. Fonte: Open Fiber.
La caratteristica fondamentale che rende GPON la soluzione più frequentemente adottata per la FTTH è il fatto che la rete ottica è passiva, e cioè che tra i due estremi della rete (centrale e abitazioni) non sono presenti punti che richiedano alimentazione elettrica. Questo è un importante vantaggio della tecnologia, perché riduce i costi e la possibilità di guasti. Se in una città di grandi dimensioni coperta in FTTC sono presenti centinaia di apparati attivi (ONU) sparsi sulle strade, in FTTH-GPON gli unici elementi che l’operatore si deve preoccupare di alimentare sono le centrali (o POP).
GPON è la tecnologia attualmente utilizzata in Italia per realizzare le nuove reti FTTH.
Gli elementi di una rete ottica passiva
GPON in Italia
Open Fiber
Flash Fiber
FiberCop
UNA PICCOLA INTERRUZIONE. L'ARTICOLO PROSEGUE SOTTO ↓
Gli elementi di una rete ottica passiva
Una rete ottica passiva (come la GPON) è di tipo punto-multipunto. Il “punto” è un apparato dell’operatore (OLT, Optical Line Terminal), che spesso si trova nella centrale locale, mentre i “multipunto” sono dei dispositivi installati all’interno delle abitazioni dei clienti (ONT oppure ONU, rispettivamente Optical Network Terminal e Optical Network Unit).
Nel caso di GPON, un singolo OLT in centrale è in grado di collegare per ciascun cavo in fibra ottica in uscita un numero di utenze che può arrivare al massimo a 128. Questo numero determina il fattore di splitting (o fattore di diramazione, in italiano).
Un OLT può avere anche centinaia di porte2, e ciascuna di queste realizza un albero ottico alla cui estremità è collegato un numero di utenze pari al fattore di splitting. La velocità di 2,5 / 1,25 Gbps prevista da GPON è condivisa tra tutte le utenze che fanno capo allo stesso albero.
Per questo motivo, nella pratica il fattore di splitting non è quasi mai 128 ma 64 o inferiore.2
Vedi la sezione GPON in Italia più in basso per i dettagli sui fattori di splitting usati in Italia.
Nelle reti PON lo splitting della fibra ottica avviene in modo passivo, e cioè a livello fisico senza bisogno di apparati alimentati. I dispositivi che si occupano di effettuare lo splitting si chiamano splitter ottici (o diramatori ottici, in italiano).
Schema di una rete GPON con fattore di splitting 1:16. Ogni fibra ottica in uscita dall’OLT realizza un albero. Lo splitter divide la fibra ottica in 16 fibre, ciascuna delle quali connette un ONT.
In una rete GPON ci possono essere diversi livelli di splitting, ma spesso sono due. Questi punti si possono trovare in armadi posizionati sulla strada oppure interrati o sospesi.
Per fare un esempio, Open Fiber in Italia applica due livelli di splitting, il primo presso un PFP (Punto di Flessibilità Primario) e il secondo presso un PFS (Punto di Flessibilità Secondario).3
Come funziona uno splitter ottico?
Uno splitter ottico riceve in ingresso (lato OLT) una singola fibra ottica e produce in uscita N segnali su N fibre ottiche (fattore di splitting 1:N).
In direzione downstream (OLT -> ONT) lo splitter “copia” la luce in ingresso sulle fibre ottiche in uscita, dividendo però così la potenza della luce per N. Per questo motivo una rete GPON ha un limite massimo di estensione, che è di circa 20 km (tra OLT e ONT più lontano).
Da questo comportamento segue anche il fatto che ciascun ONT riceve anche il traffico destinato agli altri ONT. Si rende quindi necessario l’uso di tecniche di crittografia per proteggere le informazioni, che vengono scartate a livello di ONT se destinate a un altro ONT.
In direzione upstream (ONT -> OLT) lo splitter si occupa di sommare i contributi di luce portati dalle N fibre ottiche. Considerato che più ONT possono trasmettere in contemporanea, gli OLT prevedono dei meccanismi di sincronizzazione per fare in modo che la trasmissione sia coordinata e non sovrapposta.
L’elemento GPON di interesse principale per le utenze finali è però il ROE (Ripartitore Ottico di Edificio), a volte chiamato PTE (Punto di Terminazione di Edificio). Il ROE/PTE viene solitamente installato a pochi metri dalle abitazioni: molto spesso si trova nel locale contatori dell’edificio, ma può anche essere montato su una parete esterna, oppure interrato o inserito in una chiostrina.
Il ROE/PTE può contenere uno splitter oppure svolgere solo il ruolo di distributore, con lo scopo di dare flessibilità alla rete. In questo secondo caso, nel ROE/PTE entrerebbe un numero prefissato di fibre ottiche (es. 16, provenienti da uno splitter ottico a monte), e ne uscirebbero altrettante, che andrebbero direttamente alle unità immobiliari (UI) dei clienti finali (tratta verticale).
Schema della rete FTTH GPON di Flash Fiber. I punti di splitting sono due, rispettivamente i CNO (Centro Nodale Ottico) e i ROE. Il fattore di splitting complessivo è 1:64, mentre per ciascuno splitter è 1:8.
Interno di un ROE Flash Fiber che mostra i cavi delle fibre ottiche
Interno di un ROE Flash Fiber con 16 fibre ottiche. Grazie a “evilways” per la foto
Infine, all’interno delle abitazioni sono presenti una borchia ottica e un ONT. Un ONT è un dispositivo alimentato, concettualmente analogo ad un modem DSL, che riceve e decifra (e viceversa) il segnale ottico, e lo converte in un segnale elettrico (tramite un’uscita Ethernet), adatto per il collegamento a un router.
Non sempre l’ONT è un dispositivo a sé stante: può anche essere incorporato all’interno di un router, oppure essere fornito come modulo SFP, una cartuccia metallica che va inserita in un router o in un convertitore.
Cavo di fibra ottica per FTTH con connettore SC/APC
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GPON in Italia
In Italia le infrastrutture FTTH a livello nazionale sono quelle di Open Fiber, Flash Fiber (TIM+Fastweb) e TIM/FiberCop, tutte realizzate con tecnologia GPON.
Open Fiber
Nel caso di Open Fiber, le infrastrutture hanno caratteristiche diverse a seconda che siano state realizzate con fondi privati o pubblici. Nel primo caso si tratta delle circa 270 grandi città che Open Fiber ha intenzione di cablare entro il 2023, mentre nel secondo si tratta delle aree bianche cablate tramite il piano BUL.
Nelle aree a investimento privato l’infrastruttura prevede dei POP (Point Of Presence) posizionati sul territorio, nei quali sono presenti gli OLT.
Il fattore di splitting utilizzato è 1:64, e lo splitting avviene in due diversi livelli, tramite i PFP (Punto di Flessibilità Primario) e i PFS (Punto di Flessibilità Secondario).3 Questi punti possono contenere fino a 20 splitter e non devono necessariamente trovarsi in prossimità degli armadi di TIM.
Infine, nei pressi delle abitazioni Open Fiber installa dei PTE, chiamati anche PTA (Punto di Terminazione Arretrato) se sono interrati all’interno di appositi pozzetti.
Infrastruttura di rete Open Fiber (cluster A). Fonte: Open Fiber
Scatola di un PTE con l'etichetta Open Fiber
PTE Open Fiber. Grazie a Edoardo M. per la foto
La rete Metroweb
Quando Open Fiber è nata, nel 2016, ha incorporato la rete Metroweb realizzata nel decennio precedente a Milano, Torino, Bologna e Genova. Anche la rete Metroweb prevede due livelli di splitting, ma uno dei due avviene direttamente all’edificio (nei ROE), come nel caso di Flash Fiber.
Nelle aree a investimento pubblico (cluster C e D), la differenza fondamentale è che il fattore di splitting è 1:16, anziché 1:64. Ciò significa che ad ogni albero possono essere collegati al massimo 16 ONT, che condivideranno la banda 2,5 / 1,25 Gbps prevista da GPON. La scelta è dovuta al fatto che i bandi pubblici del piano BUL richiedono di garantire almeno 100 Mbps in download e 50 in upload per utenza, anche in caso di collegamenti contemporanei.
Come conseguenza, il livello di splitting è soltanto uno ed è effettuato nel CNO (Centro Nodale Ottico), collegato a un PCN (Punto di Consegna Neutro), che è l’equivalente del POP ma è quasi sempre condiviso tra più comuni.4
La scelta di un fattore di splitting inferiore consente inoltre di avere delle tratte OLT-ONT più lunghe, in considerazione del fatto che ogni splitting ripartisce la potenza del segnale luminoso tra i rami dell’albero.
Nelle aree a investimento pubblico viene inoltre fatto ampio uso dei PTA, cioè ROE interrati.
Vedi anche Come riconoscere la rete pubblica BUL.
Infrastruttura di rete Open Fiber nei cluster C e D (aree bianche). Fonte: Open Fiber
Infrastruttura di rete Open Fiber nei cluster C e D. Esempio con comuni multipli connessi allo stesso PCN. Fonte: Open Fiber
Gli operatori che vogliono utilizzare la rete di accesso di Open Fiber possono scegliere principalmente tre modalità5:
l’operatore può installare i propri OLT nel POP e fornire anche gli ONT ai propri clienti. In questo caso Open Fiber offre solo la “fibra spenta” in uscita dal POP verso gli ONT. Per confronto, è l’equivalente dell'ULL di TIM;
Open Fiber offre sia OLT che ONT, e si tratta in questo caso del servizio Open Stream. La consegna del traffico all’operatore può avvenire tramite un apposito kit Ethernet presente nel POP, oppure in un qualsiasi altro POP di Open Fiber o dell’operatore, anche geograficamente distante. Nel primo caso è l’equivalente del VULA di TIM, nel secondo caso del Bitstream NGA;
infine, Open Fiber può offrire anche l’interconnessione con la rete Internet. Questo servizio si chiama Open Internet e permette a un operatore di offrire connessioni a Internet senza nessun investimento in infrastrutture di rete. L’operatore (che è in un certo senso un operatore “virtuale”) si affida quindi completamente a Open Fiber, che fornisce anche il router ai clienti. È simile al servizio Easy IP NGA di TIM.
Vedi anche Come funziona la rete Internet e Cos’è e cosa fa Open Fiber.
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Flash Fiber
L’infrastruttura Flash Fiber è particolare, perché comprende in realtà due infrastrutture parzialmente distinte, quella di TIM e quella di Fastweb.
In questo caso, gli OLT di TIM e Fastweb si trovano nelle centrali TIM, e il fattore di splitting è 1:64. I livelli di splitting sono due e avvengono rispettivamente in un CNO (Centro Nodale Ottico), posizionato indicativamente in prossimità degli armadi ripartilinea, e nei ROE. Per ciascuno dei due livelli di splitting si applica generalmente un fattore di 1:8 (8 x 8 = 64).
Interno di una chiostrina TIM su strada, contenente il CNO
CNO Flash Fiber inserito in un box-chiostrina. Grazie a Luca Z. per la foto
Nell’infrastruttura Flash Fiber i ROE sono condivisi tra TIM e Fastweb, ma al loro interno vengono effettuati separatamente gli splitting per TIM e per Fastweb. Solitamente quindi un ROE Flash Fiber ha una capacità di 8 linee per TIM e 8 linee per Fastweb.
Scatola di un ROE con le etichette Flash Fiber, TIM e Fastweb
ROE Flash Fiber. Grazie a Edoardo C. per la foto
Un’altra differenza importante rispetto a Open Fiber è che gli OLT Flash Fiber sono sempre o di TIM o di Fastweb. Ciò significa che se un operatore terzo vuole accedere alla rete Flash Fiber non può installare i propri OLT e ONT ma deve condividere la rete con TIM o Fastweb, ad esempio con la modalità VULA di TIM o l’analoga di Fastweb.
Inoltre, mentre Open Fiber in Open Stream consente ad ogni operatore di collegarsi ad una porta dedicata da 10 Gbps per la consegna del traffico, TIM in VULA prevede solo 10 Gbps totali da condividere tra tutti gli operatori presenti in centrale.6
Vedi anche Cos’è e cosa fa Flash Fiber e Cosa significano VULA, SLU e NGA.
Saturday, May 28, 2022
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