Wednesday, April 10, 2024

Ponte sullo Stretto di Messina 50 anni fa

Il sogno proibito del Ponte sullo Stretto, l’opera più costosa mai realizzata Dopo 50 anni di incarichi, studi, progetti, penali e liquidazioni costate alle casse italiane circa un miliardo di euro, nulla sembra ostacolare il cantiere mai avviato che dovrebbe unire la Sicilia alla Calabria Ritorna il sogno mostruosamente proibito: il Ponte sullo Stretto. Il Ponte per eccellenza, quello da scrivere con la P maiuscola, ideato, pensato, progettato per circa un secolo, e costato già tanto, senza che mai una pietra sia stata spostata, sulla sponda di Messina come di Reggio Calabria. Ma sognare costa, si sa. Questa volta a riaccendere le passioni è scesa in campo la strana coppia Renato Schifani – Matteo Salvini. Il primo, Presidente della Regione Siciliana neoeletto, lo ha detto subito: «Faremo il ponte sullo Stretto, c’è il progetto». Il secondo, Ministro delle Infrastrutture appena nominato da Giorgia Meloni, ha voluto reagire al fatto che gli hanno fregato il mare e i porti, dalle deleghe previste nel Ministero, e le hanno date a un altro siciliano, Nello Musumeci, per il neonato ministero del Mare e del Sud (alla faccia di chi vive al Nord, e in montagna). Che ci frega del mare, noi facciamo il ponte, anzi, il “Ponte”, avrà pensato Salvini. Ed eccolo convocare già una prima riunione tecnica con Schifani e il suo omologo calabrese, Roberto Occhiuto. Per Schifani «questa volta il Ponte si fa davvero». L’ex presidente del Senato individua anche il responsabile che ha ucciso il sogno mostruosamente proibito: Mario Monti. «Il progetto era cantierabile – racconta – ma il governo di Mario Monti rescisse il contratto poco prima che partissero i lavori, nel 2011, con una penale da 700 milioni di euro. Adesso si può riprendere quel progetto». Il costo si aggira intorno ai 4 miliardi di euro (3,9 per la precisione). E l’opera non è nel Recovery Plan, per il motivo che le opere previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza devono essere rendicontate nel 2026, qua invece si parla di almeno dieci anni di lavori. E allora, chi paga? Anche su questo Schifani ha le idee chiare: «L’operazione è coperta» dice, con tono da 007. E aggiunge: «In grande sintesi, l’esecutore dell’opera finanzia la costruzione con capitali propri e poi recupera con le quote dei pedaggi». «È un progetto di finanza validato dalla Bocconi», conclude, mica dall’Università dello Stretto. Il nuovo fermento sul Ponte con p maiuscola suscita entusiasmi. «In tutto il mondo si parlerà dei nostri ingegneri, dei nostri tecnici, delle nostre preziosissime maestranze» esulta il colonnello siciliano di Salvini, Vincenzo Figuccia, che aggiunge un’immagine che scalda il cuore: «Verranno a vedere e a percorrere l’opera turisti, curiosi, imprenditori e visitatori che rimarranno incantati dalle bellezze della Sicilia e dalla generosità del Creatore verso l’isola più bella del mondo». E il Creatore è proprio quello, come il Ponte, anche lui merita la maiuscola. «Tutto questo genererà lavoro, porterà investimenti e cambierà e per sempre il volto economico della Sicilia che diverrà finalmente la California d’Europa, terra di ricchezza e prosperità». Ma, fuori dall’entusiasmo, cosa prevede il progetto? Una lunghezza complessiva di 3.660 metri, una campata unica sospesa di 3.300 metri, una larghezza di 61 metri e due torri alte 399 metri. Con questi numeri il Ponte sullo Stretto di Messina sarà il ponte sospeso più lungo del mondo. Un po’ di storia. La legge che autorizza la progettazione del «collegamento stabile» tra Sicilia e continente è del 1971. Nel 1981 viene creata la SdM, la società Stretto di Messina. Nel 1986 la società presenta il “Rapporto di fattibilità”. Nel 2001 il governo Berlusconi decide che l’opera si può fare. Nel 2005 il consorzio Eurolink vince l’appalto. Nel 2011 c’è l’approvazione definitiva del progetto. Ma, subito dopo, è il governo Monti a sancire la non priorità dell’intervento e a mandare in liquidazione la SdM. Adesso, dunque, si farà un nuovo tentativo. Chissà se i soldi si troveranno. Nel frattempo, però, è singolare notare che un record il Ponte l’ha battuto. È l’opera pubblica che, al mondo, è costata di più, per NON essere realizzata. La società pubblica Stretto di Messina, la SdM, è in liquidazione da dieci anni. E costa 1500 euro al giorno. Anche l’Anac, nel 2020, ha aperto un’istruttoria per capire, ad esempio, come nel bilancio figurassero spese per il rispetto della normativa sui luoghi di lavoro quando la società dipendenti non ne ha. E, tra i costi della liquidazione, gli incarichi, gli studi e i progetti e i convegni, la stima dei costi, dal 1979 a oggi, arriva a circa un miliardo di euro, per un cantiere mai avviato. Insomma, che vi pare: sognare costa, e pure tanto.

Il Ponte sullo stretto di Messina a parlarne è il Prof. Solari che di anni al Politecnico di Milano ne ha passati e di strutture di Ponti ne ha viste tante

C’è una società che ha fatto la storia dell’ingegneristica dei ponti. È la Cowi, che nel suo portfolio, di recente, può vantare la collaborazione alla costruzione del ponte sullo Stretto dei Dardanelli – il Çanakkale Boğazı Köprüsü -, finito nel 2022: con una lunghezza pari a 2.023 metri di luce tra le due torri, è il più lungo ponte sospeso al mondo. Il ponte sullo Stretto di Messina, con la sua campata unica di circa 3.300 metri, è destinato a superare questo e altri record. E la Cowi è tra le aziende protagoniste della grande opera. Sul sito web del progettista danese, tuttavia, non c’è traccia del ponte che collegherà Sicilia e Calabria. Lo scrive il Fatto quotidiano, in un’inchiesta tesa a portare trasparenza sul fiore all’occhiello della propaganda di Matteo Salvini. Contattata, la Cowi tergiversa, non risponde alle domande e, solo dopo alcune insistenze, manda un virgolettato di Henrik Andersen, senior project director: «Non vediamo l’ora di completare la progettazione. Il ponte di Messina supererà tutti i limiti imposti dalle dimensioni dei ponti». Fine. «Al momento non abbiamo altri commenti da fare». Stessa riservatezza da Eurolink, il consorzio costituito per realizzare il progetto: «Non ci fanno parlare con il responsabile del progetto, né forniscono i nomi dei progettisti o chiariscono quando sono entrate alcune società», denuncia il Fatto.
Il giornale tira in ballo il nome di Marco Orlandini, «il capo dell’ingegneria di Webuild, l’uomo che firma la “relazione del progettista” sul ponte», 600 pagine. Il responsabile per legge del progetto, aggiornato a tutta velocità rispetto a quello del 2011. Anche il suo nome, per un’intervista, sarebbe stato schermato da Eurolink e Stretto di Messina spa. «Il Fatto avrebbe voluto chiedergli: “Garantisce che il ponte si può fare come da progetto?”». Anche un elenco completo dei progettisti risulta introvabile al quotidiano. Le criticità notate dal Prof. Solari Intanto, su Linkedin, l’ingegnere Emanuele Codacci-Pisanelli, «esperto del settore», rimarca alcune criticità dell’opera: l’ultima «relazione porta in sé grandi novità. La prima è certamente quella di introdurre le deroghe ai vincoli normativi. Con buona pace di chi affermava il contrario, ora il treno che viaggia dritto ma è inclinato potrebbe farlo. La seconda è certamente quella che se finora le prove aeroelastiche su modello del progetto definitivo non sono state fatte non è importante. Sono riprogrammate sul solo esecutivo in data da destinarsi e, si badi bene, solo a Milano. Certamente apprezzabile è poi il greenwashing secondo cui l’acciaio dei cavi, che viene ridotto, consente di ridurre la CO2». «In molti casi la relazione rimanda al progetto esecutivo. Sentito dal Fatto, l’ingegnere sintetizza che la relazione attuale è, in sostanza, il progetto del 2011 approvato a tempo record. L’aggiornamento, invece, altro non è che un elenco di impegni sulle modifiche da fare. «In molti casi si rimanda al progetto esecutivo, cosa che non ha alcun senso. Una delle più inconcepibili è lo studio sismico e aeroelastico senza prima definire le masse di impalcato. Se poi si considera che nella relazione di Orlandini vengono preannunciate variazioni di sezione di cavi e pendini, è impossibile solo pensare di poter sviluppare un serio modello di calcolo». A far riemergere i dubbi, tuttavia, non è solo l’ingegnere Codacci-Pisanelli. Le 68 raccomandazioni del comitato scientifico Lo stesso comitato scientifico nominato da Salvini lo scorso febbraio ha dato un parere favorevole al progetto, ma condizionato da «68 raccomandazioni»: materiali, carichi combinati, prove in galleria del vento, aggiornamenti sismici. «Si capisce che alcuni nodi rilevanti su deformabilità e percorribilità del ponte non sono stati ancora sciolti», scrive il Fatto. «La parola “prove” compare 63 volte in 57 pagine. Il ponte sorgerebbe su una delle aree più sismiche d’Europa, con forti turbolenze di venti e sarebbe 2,3 volte più esteso del ponte ferroviario più lungo al mondo». Manca il progetto esecutivo, ma si accelera sugli espropri e i proclami È proprio la fattibilità di adeguarsi a quelle 68 raccomandazioni che preoccupa gli esperti. Antonino Risitano, già preside della facoltà di Ingegneria di Catania, spiega: «La storia si ripete. Nel 2011, il comitato scientifico diede parere positivo con 13 prescrizioni, alcune a mio parere insormontabili. Ora dà 68 “raccomandazioni”. Alcune, se svolte in modo completo, impegnerebbero anni di campagne di prova e i risultati potrebbero contraddire la certezza sulla fattibilità dell’opera. Nel frattempo si corre ad avviare il cantiere». Altra dose di incertezza, al momento, la restituisce l’assenza del progetto esecutivo. Eppure già si corre a proclamare la data di partenza dei lavori, si avviano le procedure per gli espropri e si fanno promesse temporali che, in parte, sembrerebbero essere già state disattese. «Il senso comune suggerirebbe che non si può procedere senza prima accertare oltre ogni ragionevole dubbio che il ponte si può fare come da progetto», scrive il giornale. Che riporta anche la spiegazione che Pietro Ciucci, alla guida di Stretto di Messina spa, ha dato a Rai Radio 1: «Ci sono 40 chilometri di strade intorno da fare e quindi la progettazione esecutiva potrà essere fatta per tranche, in modo da accelerare al massimo l’avvio dei lavori. Entro fine giugno, il Cipess, insieme al definitivo, approverà un piano di opere anticipate che potranno essere avviate ancor prima della progettazione esecutiva, già in estate». «Che succede se il progetto esecutivo non dovesse essere approvato?» Solo per creare il cantiere, la Stretto di Mesisna spa prevede che siano svolte 422 operazioni, tra cui la bonifica dei terreni, le indagini – di tipo archeologico, geotecnico, geognostico, tipografico e ambientale -, le demolizioni, gli allestimenti, le opere di compensazione ambientale. Opere che, stimate, da sole valgono quasi 700 milioni, al netto degli espropri. E che andranno a impattare in modo irreversibile sul territorio. Allora il Fatto pone questo interrogativo: «Che succede se, per assurdo, il progetto esecutivo – che andrà sottoposto di nuovo al comitato scientifico -, non dovesse essere approvato o richieda modifiche tali da essere antieconomiche?». Ciucci, replicando a un ascoltatore, ha dichiarato di non vedere motivi per cui non si debba procedere, «ma che nel caso a pagare i danni “sarebbe lo Stato”».

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