Monday, June 5, 2023
Verifiche e interrogazioni: quali diritti per chi ha un DSA?
Postato il 25 marzo 2019 di Maurizia Guderzo
Verifichi e interrogazioni quali diritti per chi ha un DSA
Bambini e ragazzi con DSA hanno diritto a forme di verifica e valutazione personalizzata degli apprendimenti, la cui scelta viene indicata nel PDP. Che cosa prevede la legge? Quali sono i criteri personalizzati di verifica e valutazione più usati?
Verifiche e interrogazioni: che cosa prevede la legge nei DSA
L’art.6 del DM 5669 del luglio 2011 sottolinea che la scuola deve:
consentire agli alunni con DSA di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto;
creare condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione da valutare (modificando se necessario tempi di effettuazione delle prove e loro strutturazione);
riservare particolare attenzione alla padronanza dei contenuti disciplinari, a prescindere dagli aspetti legati all’abilità deficitaria;
per l’apprendimento delle lingue straniere valorizzare le modalità che meglio consentono all’alunno di manifestare le competenze acquisite: privilegiando l’espressione orale, ricorrendo agli strumenti compensativi e alle misure dispensative più opportune;
utilizzare criteri di verifica e valutazione personalizzati anche in occasione degli esami di Stato.
Questi concetti si concretizzano in alcuni criteri facili da trovare in molti PDP (Piani Didattici Personalizzati). Vediamoli insieme.
Verifica e valutazione degli apprendimenti: i 19 criteri personalizzati più usati
Ti propongo questa carrellata dei criteri personalizzati di verifica e valutazione degli apprendimenti più comuni adottati dalle scuole, perché tu possa farti un’idea di quali siano e della loro utilità. Gli insegnanti, peraltro, potranno individuare criteri più specifici in relazione alle difficoltà peculiari di tuo figlio.
Ricorda che questi criteri devono essere inseriti nel PDP e che solo quanto è scritto in questo documento è realmente vincolante per gli insegnanti, sia durante l’anno scolastico, sia al momento degli esami di Stato. Presta quindi molta attenzione al suo contenuto e, se necessario, chiedi un incontro di revisione per segnalare eventuali problemi, cambiamenti, nuove difficoltà, ecc.
Le modalità di verifica e valutazione degli apprendimenti indicate di seguito valgono per qualsiasi tipo di verifica orale o scritta, ma vanno ovviamente adeguate al tipo di materia.
1. Strumenti compensativi
Consentire l’uso degli strumenti compensativi necessari durante interrogazioni e verifiche scritte.
Per chi: tutti i bambini e ragazzi con DSA in misura variabile da valutarsi caso per caso. Durante verifiche e interrogazioni, in particolare non dovrebbe mai mancare il quaderno con formule, tabelle, regole grammaticali, glossari tecnici, ecc. che il ragazzo si sarà costruito progressivamente per sostenere le difficoltà di memorizzazione.
Perché: le abilità carenti che richiedono una compensazione sono tali anche durante interrogazioni e verifiche scritte.
Un ragazzo discalculico al quale è stato consigliato l’uso della calcolatrice ha diritto ad usarla sempre, anche durante le verifiche e anche se ai compagni è invece chiesto di farne a meno.
Un ragazzo con DSA, abituato a studiare creando mappe concettuali o altri strumenti grafici per supportare uno stile di apprendimento e memorizzazione prevalentemente visivo, ha diritto a servirsene durante interrogazioni e verifiche (purché non si tratti di trascrizioni integrali del libro, ovviamente). Ecc.
2. Contenuto/forma
Valutare il contenuto anziché la forma dei testi scritti: non tener conto degli errori ortografici, della qualità formale della grafia e del disordine nel testo.
Per chi: disortografici e disgrafici di qualsiasi età che scrivono a mano. Nel caso di testi al computer non valutare comunque gli errori ortografici (in alcuni casi possono sfuggire al correttore ortografico).
Perché: errori ortografici e/o difficoltà di organizzazione dello spazio sul foglio e/o grafia disordinata o addirittura incomprensibile dipendono dalla disortografia e/o dalla disgrafia. Non si può pretendere che bambini e ragazzi scrivano “meglio” o commettendo meno errori, sarebbe come chiedere al miope di leggere la lavagna senza occhiali e valutare la correttezza di tale prestazione con gli stessi parametri usati per chi ha una vista perfetta. In altre parole, è sbagliato valutare correttezza e qualità della grafia dei disortografici e/o disgrafici al pari di quanto si fa con chi non è affetto da questo disturbo.
3. Procedimento anziché calcoli
In matematica valutare il procedimento di risoluzione di un problema (o di un esercizio) anziché i calcoli: non tener conto degli errori di calcolo, dell’errata trascrizione di simboli e numeri, del disordine della presentazione.
Per chi: bambini e ragazzi con DSA con dispense specifiche da valutarsi caso per caso.
Perché: errori di calcolo e/o errata trascrizione di simboli e numeri e/o disordine nella presentazione dipendono dalla discalculia e/o dalla disgrafia. Vedi anche quanto discusso al punto 2. Un errore ortografico nella scrittura del testo del problema può farne travisare il senso al momento della rilettura inducendo a svolgere un problema “diverso” da quello proposto. Analoghi travisamenti possono capitare per errori di lettura del testo nel caso della dislessia.
4. Correzione ortografica selettiva
Nelle prime due classi della scuola primaria non si possono diagnosticare i DSA, ma si possono sospettare. L’insegnante che sospetta una disortografia in un suo alunno dovrebbe correggere in modo “selettivo” i testi del suo alunno con sospetto DSA: correggere per un periodo prestabilito e concordato con famiglia, eventuale tutor o terapista, e con il bambino stesso solo un certo tipo di errore. Solo quando l’apprendimento si sarà abbastanza consolidato, si passerà a correggere un altro tipo di errore.
Per chi: bambini con sospetto DSA nelle prime due classi della scuola primaria.
Perché: quando un bambino commette molti errori ortografici fatica a controllare i processi implicati per correggerli tutti contemporaneamente. La correzione selettiva lo aiuta a concentrarsi su un errore per volta, offrendogli migliori margini di recupero.
Consiglio: questa strategia funziona bene con qualsiasi bambino e non solo con chi ha un sospetto DSA.
5. Correzione ortografica minima
Non valutare la correttezza ortografica non esclude la correzione degli errori. È bene però che la correzione ortografica sia ridotta al minimo.
Per chi: disortografici e/o disgrafici di qualsiasi classe che scrivono a mano.
Perché: una pagina fitta di parole segnate come errore penalizza anziché gratificare l’impegno profuso dal bambino o ragazzo nel produrre un testo. Ecco perché è bene limitarsi a segnalare solo i più importanti (o seguire un piano di correzione come detto al punto 4).
Consiglio: questa strategia funziona bene con qualsiasi bambino e non solo con chi ha un sospetto DSA.
6. Parole corrette
Nel correggere gli errori ortografici evitare di evidenziare graficamente gli errori, facendo in modo che siano invece in primo piano le versioni corrette.
Per chi: disortografici e/o disgrafici di qualsiasi classe che scrivono a mano.
Perché: evidenziare gli errori, anzichè la versione corretta fissa nella memoria la versione scorretta della parola stessa: si tratta di una prassi che rallenta l’apprendimento di qualsiasi bambino, ma è particolarmente negativa in caso di DSA.
Consiglio: questa strategia funziona bene con qualsiasi bambino e non solo con chi ha un sospetto DSA.
7. Lettura delle consegne
L’insegnante legge le consegne, le domande, il testo dei problemi, ecc. Se l’alunno fa uso di sintesi digitale, li fornisce su supporto digitale idoneo.
Per chi: alunni dislessici.
Perché: le difficoltà di lettura possono rallentare ma soprattutto sviare la comprensione delle richieste della verifica, portando ad errori non attribuibili a scarsa preparazione sulla materia oggetto della valutazione.
8. Tempi aggiuntivi
Prevedere tempi aggiuntivi di consegna delle verifiche scritte: usualmente si considera circa il 30% di tempo in più.
Per chi: dislessici, disortografici, disgrafici e discalculici, sia che scrivano a mano sia che scrivano al computer.
Perché: bambini e ragazzi con DSA impiegano più tempo dei compagni a leggere le consegne, a recuperare dalla memoria le informazioni necessarie, a scriverle in forma accettabile.
Consiglio: questa strategia può essere problematica per molti ragazzi con DSA che si stancano facilmente.
Se un ragazzo è stanco il tempo in più non lo aiuta. Se poi presenta anche un disturbo attentivo (anche se non necessariamente di rilevanza clinica), il tempo aggiuntivo è del tutto inutile, se non controproducente.
In questi casi è preferibile ricorrere alla misura successiva.
9. Riduzione
In alternativa ai tempi aggiuntivi di consegna si può prevedere la riduzione della quantità di domande, esercizi, quesiti. Ovviamente, ridurne il numero, non significa trascurare gli obiettivi di apprendimento previsti per quella materia in quella classe.
Per chi: dislessici, disortografici, discalculici, disgrafici sia che scrivano a mano sia che scrivano al computer.
Perché: vedi punto 8.
Consiglio: valutare con attenzione l’opportunità di questa misura, perché la riduzione del numero di quesiti ed esercizi può esporre a voti più bassi.
Ci sono, infatti, meno possibilità di dimostrare la propria preparazione. Ad esempio in una verifica scritta di storia che prevede per tutti dieci domande su un dato argomento e per chi ha un DSA solo cinque, si dimezzano le possibilità di rispondere correttamente.
10. Programmazione
Interrogazioni e verifiche devono essere programmate per tempo, possibilmente concordando le date con l’alunno. In ogni caso le date devono essere comunicate con largo anticipo. Sono assolutamente da evitare, invece, le interrogazioni o le verifiche scritte “a sorpresa”.
Per chi: tutti i ragazzi con DSA.
Perché: per bambini e ragazzi con DSA studiare richiede tempi particolarmente lunghi, sia che si sforzino di farlo leggendo con gli occhi, sia che si servano della sintesi vocale.
La programmazione di interrogazioni e verifiche consente ai ragazzi di organizzarsi (o di farsi aiutare ad organizzarsi) suddividendo il materiale oggetto di studio in piccole parti da assimilare poco per volta.
La comunicazione di una verifica da svolgersi magari dopo sole 24 ore, crea situazioni di ansia inutili e perniciose, sia che verta su una piccola parte del programma appena svolto, sia che richieda un ripasso di argomenti precedenti.
Consiglio: alla scuola secondaria evitare che i ragazzi con DSA siano inclusi nella programmazione autonoma delle interrogazioni da parte degli alunni. Capita, infatti, molto spesso che qualche ragazzo si assenti facendo saltare l’organizzazione, spesso costringendo i compagni a sostituirlo con poco preavviso. Come detto più sopra questo sarebbe negativo per i ragazzi con DSA.
11. Suddivisione del programma
È utile prevedere interrogazioni o verifiche su parti circoscritte del programma: il programma di studio viene frammentato in più momenti di verifica degli obiettivi di apprendimento. Da evitare invece interrogazioni o verifiche su “tutto il programma” del quadrimestre/trimestre o comunque su ampie parti di esso.
Per chi: tutti i ragazzi con DSA.
Perché: vedi punto 10.
12. Nessuna sovrapposizione
È importante evitare di sovrapporre nel corso della stessa giornata più interrogazioni e/o verifiche: soprattutto nella scuola secondaria occorre che gli insegnanti si accordino per evitare la programmazione di interrogazioni orali e verifiche scritte su più materie nello stesso giorno.
Per chi: tutti i ragazzi con DSA.
Perché: vedi punto 10.
13. Prove orali
Per molti ragazzi è più semplice dimostrare la propria preparazione oralmente, piuttosto che in forma scritta. In tali casi occorre prevedere prove orali integrative o sostitutive delle verifiche scritte. Questo vale per qualsiasi materia che lo consenta, ma soprattutto per le materie orali che diventano spesso occasione di verifiche scritte per la compressione dei tempi scolastici.
Ovviamente occorrerà ricordare che alcune parti dei programmi di matematica e di altre materie scientifiche non si prestano alle verifiche orali: come si fa, infatti, a svolgere un’operazione a più cifre o un’equazione solo oralmente?
Nei casi di discalculia, tuttavia, sarà necessario consentire ai ragazzi con DSA di servirsi degli strumenti compensativi per la matematica idonei a permettere di svolgere nel modo più agevole la prestazione richiesta (tavola pitagorica, fogli di incolonnamento, calcolatrice, software per la scrittura digitale di cacoli e formule, ecc.).
Per chi: quei ragazzi con DSA che riescono a dimostrare meglio la propria preparazione con l’esposizione orale.
Perché: per alcuni ragazzi con DSA l’elaborazione di un testo scritto può presentare diverse difficoltà. Oltre a quelle legate alla disortografia (errori ortografici) e/o alla disgrafia (grafia illeggibile, lenta), possono essere presenti anche difficoltà nell’organizzazione del testo (quali argomenti esporre prima e quali dopo) e nel dare loro una forma sintatticamente appropriata.
Consiglio: alcuni ragazzi con DSA manifestano difficoltà anche nell’esposizione orale. In tali casi può essere preferibile ricorrere alla misura 14 (verifiche a quiz).
14. Verifiche a quiz
Se non si possono sostituire le verifiche scritte con interrogazioni orali, valutare se per quell’alunno con DSA sia preferibile evitare quelle a domanda aperta e prevedere, invece, verifiche a quiz con domande a risposta multipla.
Per chi: ragazzi con DSA che manifestano difficoltà sia nella produzione di testi scritti “aperti” sia nell’esposizione orale.
Perché: la domanda a quiz evita al ragazzo di organizzare il proprio pensiero in forma scritta o orale, ma ne misura le conoscenze su un dato argomento.
Consiglio: nel proporre le domande evitare le frasi con doppia negazione o altri costrutti complessi (non si sta testando la preparazione sintattica, ma quella nella materia oggetto del test); evitare anche formulazioni ambigue.
Attenzione: questo tipo di verifica non è quello preferibile. Non abitua, infatti, i ragazzi a riflettere, organizzare il proprio pensiero ed esporlo, abilità importante nella vita quotidiana e in molte professioni. Viene testata solo la conoscenza di alcuni dati, spesso di tipo mnemonico (per i quali peraltro andranno forniti strumenti compensativi: vedi punto seguente).
Spesso si finisce con lo scegliere questo tipo di verifica quando non è possibile valutare la preparazione di un ragazzo con DSA in nessun altro modo.
15. Memorizzazione
Non valutare la memorizzazione di date, elenchi, poesie, unità di misura, tabelline e altri fatti numerici, parole difficili, regole grammaticali, forme verbali, ecc.
Per quanto riguarda le forme verbali limitarsi ad accettare l’uso corretto delle stesse durante le esposizioni verbali.
Per chi: quasi tutti i ragazzi con DSA.
Perché: nella maggioranza dei casi i ragazzi con DSA manifestano difficoltà più o meno gravi nella memorizzazione di dati. Queste difficoltà vanno supportate con l’uso di un semplice strumento compensativo costruito dai ragazzi stessi: un quadernino di supporto alla memoria contenente tutti i dati che non riescono a memorizzare.
16. Lingue straniere: spelling e correttezza ortografica
Non valutare spelling e correttezza ortografica nella lingua straniera: valorizzare la capacità di farsi comprendere in forma scritta anche se in modo non del tutto corretto.
Per chi: dislessici e disortografici.
Perché: alcune delle lingue straniere insegnate nelle scuole italiane (l’inglese soprattutto) sono lingue opache, cioé lingue in cui una stessa lettera o gruppo di lettere possono rappresentare suoni diversi (questo accade pochissimo in italiano e in spagnolo, che sono infatti considerate lingue trasparenti).
Più precisamente, l’italiano ha un alfabeto di 21 lettere che rappresentano 28 suoni, mentre l’inglese ha un alfabeto composto da 26 lettere che rappresentano 44 suoni. Il francese si colloca a metà strada con un alfabeto di 26 lettere che rappresentano 37 suoni.
L’apprendimento delle lingue opache è particolarmente difficile per i dislessici e i disortografici, perché li costringe a memorizzare un numero maggiore di corrispondenze tra suoni e segni, in presenza oltretutto di numerosi casi irregolari (almeno nel caso dell’inglese).
17. Lingue straniere: verifiche scritte
Se necessario si può dispensare l’alunno dalle verifiche scritte o comunque attribuire maggior importanza allo sviluppo delle abilità orali rispetto a quelle scritte; la dispensa dalle prove scritte è possibile anche all’esame di Stato e non compromette il titolo ricevuto (diversamente dall’esonero).
Per chi: dislessici e disortografici.
Perché: vedi punto 16.
18. Lingue straniere: interrogazioni
Non valutare la correttezza nell’esposizione nella lingua straniera: valorizzare la capacità di farsi capire in modo chiaro anche se non del tutto corretto.
Per chi: alcuni ragazzi con DSA, soprattutto nel caso dell’inglese.
Perché: alcune lingue straniere hanno strutture frasali semplici, ma molte irregolarità (ad esempio nelle forme verbali, come accade in inglese), oppure hanno strutture frasali molto diverse dall’italiano (ad esempio il tedesco che prevede il verbo in fondo alla frase nelle subordinate). Per alcuni dislessici la memorizzazione delle regole sintattiche o delle numerose forme verbali irregolari, ecc. può essere molto difficile da raggiungere.
19. Altre prestazioni interessate dai DSA
Oltre a un disturbo della lettura, scrittura, calcolo, bambini e ragazzi con DSA possono presentare altre abilità carenti: ad esempio quelle di coordinazione motoria, discriminazione destra/sinistra, prassie complesse, ecc. secondo quanto indicato dalla certificazione e/o dalla relazione redatta dagli specialisti.
Anche in questi casi occorrerà evitare di valutare la prestazione nelle attività direttamente interessate dal DSA: questo potrebbe riguardare anche materie usualmente meno coinvolte dal DSA come educazione motoria, tecnica, musicale, ecc.
Per chi: tutti i ragazzi con DSA trasversalmente in ogni materia scolastica.
Perché: vedi ad esempio quanto affermato al punto 2.
Tuo figlio ha un DSA e stai cercando di orientarti fra gli aiuti che la scuola può e deve offrirgli?
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strumenti compensativi,
misure dispensative,
PDP.
Se vuoi, potrai poi completare la tua lettura con una raccolta globale di consigli su come aiutare un figlio con DSA.
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29 commenti
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29 pensieri su “Verifiche e interrogazioni: quali diritti per chi ha un DSA?”
Angelina ha detto:
10 gennaio 2023 alle 13:04
Buongiorno mia figlia era diagnostica dsa e dhd . Alla fine del 3anno di scuola media è stata diagnostica 104 con livello cognitivo bordelain. Mi chiedevo se è possibile che in una settimana mia figlia debba fare tutte verifiche ogni giorno e oltretutto nella stessa settimana fare in un solo giorno verifica e interrogazione. Grazie
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Renata ha detto:
6 dicembre 2022 alle 19:16
Vorrei sapere se un ragazzo di prima superiore confusa x calcoli matematici può’ essere rimandato a settembre?grazie
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Pina ha detto:
17 dicembre 2022 alle 15:04
Considerando che gli obiettivi da raggiungere sono gli stessi degli altri, se non li raggiunge, la scuola adotta gli stessi criteri di valutazione. Non esiste un percorso particolare per i dsa. L’unica cosa è che la scuola dietro certificazione medica sceglie gli strumenti compensativi e dispensativi adatti. Stop.
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Silvia Iannotti ha detto:
18 novembre 2022 alle 12:09
Buongiorno, mia figlia, secondo liceo classico con indirizzo Scienze Umane, è discalcula.
Diagnosticata un anno fa, perché ne alle elementari, ne alle medie, si sono accorti di questa cosa.
Quindi le manca una buona fetta di programma.
Ora, il prof di matematica, continua a parlare di misure dispensative e compensative ed io non capisco come possano bastare viste le lacune nel programma.
Inoltre, al primo compito in classe, le ha messo 3 facendole precipitare la media (nel resto delle materie è bravissima).
Mi è stato detto che con discalculia, non possono essere assegnati voti così bassi, è vero?
C’è una normativa alla quale posso fare riferimento?
Grazie e buona giornata.
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Mario ha detto:
18 dicembre 2022 alle 11:13
Non esiste una normativa che vieti di mettere voti così bassi. Se il compito, nonostante gli strumenti compensativi e dispensativi adottati, è da 3, 3 deve essere…
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Simo ha detto:
4 novembre 2022 alle 18:56
Salve. Al punto 10 si dice espressamente che i DSA hanno diritto alle verifiche orali programmate… Ma nella normativa e nelle linee guida non si parla di obbligo da parte della scuola. Semmai è una possibilità a discrezione dei vari consigli di classe alla luce delle certificazioni prodotte. Giusto?
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Capocci Fabiana ha detto:
16 ottobre 2022 alle 21:40
Buonasera mia figlia viola dislessica e discalcola attualmente al secondo anno all istituto agrario di Todi molto spesso ha verifiche doppie e a volte con interrogazioni a seguito tutto nello stesso giorno creando disagi di memoria e stanchezza importante non calcolando poi che i voti non sono come dovrebbero dovuti appunto a questo metodo mi può dire se è possibile fare passare giornate così
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Lucia ha detto:
5 novembre 2022 alle 18:04
vero
io vorrei sapere in terza superiore se la compensazione ad una verifica deve essere scritta sul registro oppure il prof può farla subito quando riporta il compito?
grazie a chi mi risponde
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Simo ha detto:
5 novembre 2022 alle 21:00
Se gli argomenti sono gli stessi del compito, non credo che ci siano problemi a farla subito.
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Mario ha detto:
18 dicembre 2022 alle 11:17
La scuola superiore italiana ha queste regole e cioè che i ragazzi devono studiare tutte le materie previste, senza poter scegliere quali sì e quali no. Spetta a tutti, anche ai dsa che devono raggiungere gli stessi obiettivi degli altri, visto che il diploma finale è lo stesso. Generalmente però la stessa scuola si organizza in modo tale da non avere più verifiche scritte nello stesso giorno. Per quelle orali la regola è valida per tutti.
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Claudia ha detto:
12 ottobre 2022 alle 21:14
Buonasera, volevo sapere se un alunno Dsa in quinta superiore non ha più diritto ad una interrogazione per compensare una valutazione negativa nella prova scritta.Il professore ritiene che il ministero dell’istruzione non lo permette.
Grazie per la risposta
Stalla del Futuro
La "Stalla del futuro" a Mantello
La Fiorida rinnova il proprio impegno di garantire qualità dei prodotti a partire dalle materie prime e, nel caso della filiera lattiero - casearia, garantendo elevati standard alle vacche allevate.
La "Stalla del futuro" a Mantello
ATTUALITÀ 18 Settembre 2022 ore 06:48
Inaugurata la “Stalla del futuro”
Stalla del futuro
Non solo il convegno "Valtellina 2030", La Fiorida per il suo ventesimo compleanno ha scelto di presentare un grosso passo avanti fatto verso il futuro. Nel pomeriggio di giovedì 15 settembre 2030 si è svolta infatti l’inaugurazione della "Stalla Nuova".
La nuova realizzazione si sviluppa su 6.500 metri quadrati (più di tre volte della precedente stalla) e ospita il medesimo numero di capi, ossia 220 vacche di razza Bruna. A loro sono dedicate tutte le più moderne tecnologie d’allevamento: da un’alimentazione controllata e personalizzata mediante robotizzazione, sino alla mungitura automatica "spontanea", in grado di assecondare il ritmo naturale dei singoli capi, uscendo dallo schema fisso delle due mungiture giornaliere. In sostanza La Fiorida rinnova il proprio impegno di garantire qualità dei prodotti a partire dalle materie prime e, nel caso della filiera lattiero - casearia, garantendo elevati standard alle vacche allevate.
D.S.
Sunday, June 4, 2023
DS
Una prima indicazione utile alla progettazione di Unità di apprendimento basate sulla nuova metodologia della Flipped classroom consiste nella adozione dei meccanismi di coinvolgimento della gamification. È noto quanto i videogiochi, siano coinvolgenti e catalizzino le energie dei ragazzi nel superare livelli e raggiungere obiettivi, e quanta gratificazione sia prodotta dall’ottenere questi effimeri successi. La proposta che qui si avanza non consiste nell’introdurre i videogiochi a scuola, nemmeno quelli realizzati a scopi educativi come i serious games, ma nel riprodurne i meccanismi motivazionali e le logiche costitutive che ne sono alla base e che sono, guarda caso, “capovolti” rispetto all’impostazione tradizionale della scuola. Nei videogiochi, infatti, non si chiede di apprenderne teoricamente meccanismi, stratagemmi e soluzioni prima di potervisi cimentare. Se così fosse perderebbero in un sol attimo tutto l’appeal che esercitano sui giovani. L’apprendimento, invece, avviene entrando direttamente “in azione” in prima persona, affrontando scenari e superando difficoltà che via via si presentano, mettendo alla prova le proprie capacità, il proprio intuito, la propria esperienza e cercando di individuare, man mano che si procede, le strategie necessarie a raggiungere gli obiettivi. È il meccanismo motivazionale della “sfida” che, quando è ben congegnata, induce i giocatori a profondere tempo, energie e impegno. Cogliamo quindi nella “sfida” l’elemento coagulante della motivazione e proponiamo di progettare attività di apprendimento a scuola orientate all’acquisizione dei contenuti disciplinari come “obiettivi da conquistare”, convinti che, se le attività saranno adeguatamente progettate e condotte, questi possano risultare coinvolgenti come quelli dei videogiochi. Affinché ciò accada, occorre che la sfida mantenga gli elementi che la rendono attraente e motivante e questo, come già indicato, non è certo un compito semplice. Ciononostante riteniamo che un insegnante, basandosi sulla propria competenza disciplinare, mettendo al lavoro la propria creatività e sfruttando le risorse della Rete, possa ideare Unità di apprendimento coinvolgenti e motivanti da proporre ai propri studenti. Lanciare una sfida consiste, in essenza, nel porre gli allievi di fronte a un “problema reale”, cioè un’attività del tutto distinta, se non antitetica, a quella che viene abitualmente richiesta agli studenti con i tradizionali “esercizi per casa”. Con questi, di norma, attraverso la pratica della reiterazione viene chiesto di applicare conoscenze e procedure che, almeno teoricamente, sono già in loro possesso, con l’obiettivo di giungere al loro consolidamento. Con la proposta di problemi “sfidanti”, invece, si mira a innescare l’apprendimento di nuove conoscenze attraverso un processo di “scoperta”, ovvero farle ricavare in prima persona dagli studenti, grazie alla guida dell’insegnante, utilizzando sostanzialmente le strategie del problem solving Esercizi e problemi: due diversi dispositivi didattici ►Nella figura di sinistra si mostra l’illustrazione di un esercizio di tipo scolastico nel quale la fase di astrazione è già stata superata dall’autore del libro di testo e l’esercizio è la mera applicazione della formula per il calcolo del volume di un prisma a base esagonale. Nella figura di destra l’illustrazione fa riferimento alla realtà e l’esercizio diventa problema poiché chiede quanto tempo è necessario per riempire una cisterna con una canna d’acqua senza fornire dati e lasciando allo studente la fase di astrazione matematica. È facile scorgere nell’attività di risoluzione di un problema la mobilitazione di processi cognitivi diversi da quelli attivabili nell’esecuzione di un esercizio. Non si ricorre a processi mnestici o d’interiorizzazione di automatismi, ma si sollecitano facoltà intellettive più complesse, come il ragionamento analitico, euristico, ipotetico e deduttivo. Gli studenti sono chiamati a mettere in campo la loro creatività, con la quale devono ideare e sperimentare concretamente soluzioni per loro nuove. Vengono indotti processi intuitivi (insight), in grado di favorire un profondo cambiamento concettuale. Si promuove una comprensione solida, ma al tempo stesso flessibile, sollecitando non solo la trasposizione di conoscenze da un contesto ad un altro, ma anche l’adattamento di schemi concettuali (transfer). Si supera un’impostazione disciplinare chiusa in favore di una conoscenza più dinamica e in divenire. Si fa leva sui fattori motivazionali ed emotivi attivati dal piacere prodotto dalla scoperta di nuove conoscenze che l’attività di risolvere problemi significativi e sfidanti produce intrinsecamente. Questi elementi rendono i “problemi sfidanti” attività coinvolgenti e motivanti che dovrebbero produrre negli studenti il piacere di apprendere. Come già indicato però non è per nulla semplice ideare attività didattiche basate su questa strategia e pertanto si propone di seguito una modalità operativa che può aiutare un insegnante nella progettazione. Condurre l’attività didattica in aula Vediamo ora alcune metodologie con le quali si possono affrontare proficuamente in classe problemi di questa natura favorendo il coinvolgimento attivo di tutti gli studenti. In questa fase avviene il passaggio più significativo nell’adozione, da parte di un insegnante, della Flipped classroom, con la trasformazione del ruolo che egli viene ad assumere nella conduzione delle attività d’aula, trasformazione che si può ben sintetizzare come il passaggio da “sage on the stage” (il saggio in cattedra) a “guide on the side” (la guida al fianco dello studente)1 Abbandonando la lezione frontale in aula, l’insegnante si allontana dal ruolo di “divulgatore” del sapere impartito dalla cattedra, per assumere quello del mentore, del tutor, del “facilitatore” dei processi di costruzione della conoscenza. La sua funzione diviene quella di consigliare, assistere, aiutare lo studente a costruire il proprio sapere favorendo le sue inclinazioni, capacità, talenti, interessi. Si tratta di un cambiamento notevole che richiede di superare l’idea di poter trasferire agli studenti i contenuti disciplinari così come da lui stesso appresi, e intraprendere un percorso che permetta invece ad ognuno di loro di ricostruirli attivamente. In questo processo è essenziale che nell’insegnante ci sia la piena consapevolezza della crucialità del nuovo ruolo che assume. Questo cambiamento, infatti, genera spesso l’equivoco che con esso venga sminuita la figura del docente equiparandola erroneamente a quella di un semplice assistente che aiuta gli studenti in attività esercitative. L’equivoco si genera in chi ha acquisito l’immagine divulgativa della Flipped classroom, per la quale “a scuola si svolgono i compiti per casa”, ma anche in chi associa la Flipped classroom ad iniziative che demandano ad ambienti digitali l’effettiva gestione della classe. Entrambe queste visioni possono essere facilmente confutate ricordando che nella Flipped classroom è l’insegnante in prima persona a mantenere la funzione di ideatore e progettista dei percorsi formativi. Bisogna anche considerare che assistere gli studenti mentre sono coinvolti in pratiche di didattica attiva significa svolgere una funzione che richiede una relazione educativa con ognuno di loro più profonda e più gratificante di quella che si può produrre dalla cattedra, rivolgendosi indistintamente a tutta la classe. In tale cambiamento, oltre alle sue capacità espositive, diventano ancora più centrali le sue competenze comunicative e relazionali. Se si accetta la sfida di assumere la funzione di guida e sostegno nelle pratiche di didattica attiva, occorre interrogarsi su come si possa svolgere al meglio quest’attività. Passare da una didattica direttiva alla Flipped classroom trasforma la classe da luogo di dinamiche etero-gestite, e strettamente controllate dall’insegnante, a spazio più libero, nel quale gli studenti hanno un maggiore grado di autogestione e dove viene promosso lo spirito d’iniziativa e l’intraprendenza degli studenti. Si tratta quindi di un cambiamento radicale, che può disorientare e provocare nell’insegnante un senso di perdita di controllo. Occorre perciò comprendere come realizzare questa trasformazione garantendo lo sviluppo di un contesto generativo per tutti i suoi attori. Un primo importante punto su cui far leva è quello della responsabilizzazione degli studenti. A questo fine è fondamentale il loro coinvolgimento nelle decisioni che riguardano i vari aspetti del processo educativo: argomenti, metodologie, modalità di valutazione, tempi delle attività didattiche dovrebbero essere condivisi e negoziati con gli studenti. Naturalmente tutto ciò non significa che l’insegnante abdichi al proprio ruolo di progettista e supervisore dei processi e degli esiti dell’apprendimento. Sono infatti le sue scelte sulle strategie di apprendimento da mettere in atto, le sue azioni prese in contesto, le modalità d’interazione da lui favorite, i messaggi impliciti e espliciti che trasmette, a determinare l’impronta educativa e il clima socio-relazionale nel quale si trova a operare la classe. Apprendimento fra pari Per favorire questo clima, occorre promuovere un orientamento culturale per il quale gli alunni non vengono apprezzati e stimati solo per le capacità cognitive e intellettive che mostrano di possedere, ma anche per l’impegno e l’applicazione che dedicano alle attività scolastiche. In questa prospettiva il compito primario della scuola non è quello di selezionare, ma di sostenere la crescita di tutti gli studenti, favorendo i loro diversi talenti e attitudini. Si può promuovere questa visione della scuola se, oltre alla qualità delle singole prestazioni esibite dagli studenti, vengono valutati i progressi che compiono, se l’errore viene considerato come parte integrante del processo di apprendimento, se viene sostenuto lo sviluppo di relazioni produttive fra gli studenti. Ciò dovrebbe facilitare l’accettazione delle pratiche di apprendimento collaborativo/cooperativo che possono produrre considerevoli benefici sul comportamento, sull’atteggiamento verso lo studio, sull’autonomia e sul rendimento scolastico. È noto però che attuare pratiche collaborative/cooperative rappresenta una vera e propria sfida per molti insegnanti a causa della componente competitiva degli studenti, della grande diversità di atteggiamento che questi hanno verso la scuola e anche della poca abitudine a cooperare in classe, visto la scarsa diffusione di queste pratiche nella nostra scuola. Favorire lo sviluppo di abilità collaborative è invece essenziale, non solo perché si tratta di una competenza molto rilevante nel mondo del lavoro e nei contesti sociali, ma anche perché rappresenta una potente leva per migliorare il processo di formazione delle idee, per la valutazione di quelle dei pari e, in ultima analisi, per innescare processi riflessivi e metacognitivi. Oltre alle metodologie di apprendimento centrate sull’apprendimento collaborativo/cooperativo che prevedono la scomposizione della classe in gruppi di lavoro, vi sono altre modalità di apprendimento attivo che si basano sul coinvolgimento dell’intera classe, anche attraverso attività frontali condotte dall’insegnante. Si tratta di pratiche che non richiedono un’accentuata strutturazione dei processi in aula e che sono più affini alle classiche prassi di insegnamento, ma che permettono comunque di rendere attivi gli studenti. Coinvolgere l’intera classe in attività didattiche dirette dal docente, infatti, non significa necessariamente relegare gli studenti a un ruolo passivo e inerte. Si possono invitare gli studenti in attività di riflessione ed elaborazione dei contenuti nel momento stesso in cui questi vengono presentati. Ad esempio, un’attività didattica potrebbe iniziare con un’esposizione frontale della durata di pochi minuti di un concetto o di un aspetto chiave, quindi chiedere agli studenti di riflettere individualmente per un tempo molto breve su quanto presentato e successivamente di rivolgersi al proprio compagno di banco avviando una discussione sulle rispettive riflessioni. Si potrebbe poi terminare con la condivisione con la classe di quanto emerso in alcuni di questi confronti. Quest’attività (chiamata Think-Pair-Share) può essere svolta anche nell’arco di pochi minuti e ripetuta più volte durante le attività di classe. La generazione d’idee e il loro confronto possono essere facilitati chiedendo agli allievi di concentrarsi su una ben precisa elaborazione da attuare sui concetti presentati, come: produrre esempi che li contestualizzino; delineare scenari nei quali si possano applicare; rappresentare graficamente, o con mappe concettuali o con diagrammi di flusso le relazioni in gioco; prevedere situazioni che si possono ipotizzare con la loro applicazione; proporre argomenti contrari e discuterli criticamente; suggerire temi che presentino analogie; delineare problemi che si possono porre o che si possono risolvere; sintetizzare e riassumere mettendo in luce gli aspetti salienti. Valutare nell’ambito della Flipped Classroom Quando si modifica la didattica nel modo delineato nelle pagine precedenti si assiste a uno spostamento del centro di attenzione dal docente in cattedra agli studenti che lavorano. L’insegnante è liberato dalla necessità di catalizzare su di sé l’interesse dell’intera classe e pertanto può dedicarsi all’osservazione e al tutoring dei singoli o dei gruppi, avvicinandosi agli studenti con feedback mirati a facilitare le dinamiche di apprendimento. Anche per la fase valutativa, allora, avviene un produttivo capovolgimento: si valuta non per assolvere un’esigenza della scuola (la certificazione del voto), ma per promuovere l’apprendimento negli studenti, rendendo possibile l’integrazione tra valutazione dell’apprendimento e valutazione per l’apprendimento, avendo la prima carattere principalmente sommativo, perché ha lo scopo di valutare la prestazione dello studente rispetto a obiettivi prefissati, la seconda prettamente formativo, perché fornisce informazioni e stimoli su come migliorare l’apprendimento. Valutazione sommativa e formativa Ciò che caratterizza una valutazione che mette al centro lo studente è principalmente il suo essere in divenire, il suo carattere non permanente, il suo potenziale contributo al miglioramento di chi viene valutato. Nell’esperienza quotidiana in aula non sempre tali aspetti della valutazione vengono attivati. Il motivo principale è da ricercare nel fatto che, per rispondere agli obblighi istituzionali, gli insegnanti si dedicano spesso a valutazioni più di tipo formale che educativo; inoltre, l’eventuale feedback che queste producono è il più delle volte tardivo: passano giorni, a volte settimane, tra verifica e valutazione, rendendo quest’ultima inefficace. Il feedback, invece, dovrebbe essere immediato, riferito alla prestazione e mai alla persona, all’impegno più che alle abilità, e fungere da stimolo, proprio come avviene quando, a conclusione di una sfida, aumenta la competenza percepita, si è consapevoli di poter fare meglio e motivati a mettersi nuovamente in gioco. La funzione di feedback educativo non può essere assolta soltanto da un voto: un numero non può essere usato come chiara evidenza di ciò che lo studente (ma anche l’insegnante) deve fare per colmare il gap e sostenere l’apprendimento. Lo strumento adatto a questo fine è la rubrica di valutazione che esplicita i criteri valutativi in forma di indicatori, descrittori e livelli di accettabilità della performance, affiancando al punteggio raggiunto un commento non solo sugli aspetti efficaci ma anche, e soprattutto, su quelli critici, in modo che sia chiaro, per lo studente, il traguardo a cui tendere. Come effettuare una valutazione “autentica” in ognuna delle tre fasi della “sfida” ►L’iniziale momento in cui lo studente si attiva a casa per un primo contatto con l’argomento di studio, fornisce l’occasione di un primo momento valutativo che si prospetta molto lontano dalla classica valutazione dei compiti per casa: non voto-ricompensa per aver fatto i compiti, poiché questo incentiva, come sappiamo, il ricorso a strategie non sempre virtuose per adempierli, bensì l’analisi della performance, svolta anche attraverso pochi indicatori mirati all’uso del ragionamento, alla ricerca e vaglio delle informazioni, così che una risposta anche solo parzialmente corretta ma sufficientemente ragionata, possa essere valutata positivamente. Ricevere una valutazione così articolata, indirizza sicuramente l’impegno degli studenti verso comportamenti e atteggiamenti complessi, che attengono alla sfera del pensiero riflessivo e alla capacità di ragionare ed esprimersi a vantaggio proprio e dei compagni nel comune scopo di apprendere. All’inizio lo studente troverà motivazione a impegnarsi se stimolato da una sfida adeguata, successivamente troverà nuovo stimolo dalle conferme di una valutazione positiva e, col tempo, interiorizzando lo strumento di analisi-valutazione proposto (la rubrica), otterrà gratificazione che lo renderà via via sempre più autonomo e dunque intrinsecamente motivato a mettersi alla prova. Il positivo clima di classe, il senso di appartenenza ad una comunità di apprendimento e la propria competenza percepita e convalidata dai pari e dall’insegnante, dovrebbero contribuire inoltre alla sua autodeterminazione e all’impegno costante nelle attività proposte. ►Nella successiva fase di attività in aula la valutazione acquisisce un’ulteriore valenza per l’apprendimento. Il nuovo ruolo che l’insegnante assume, ponendosi al fianco ora dell’uno ora dell’altro studente, gli permette di offrire feedback sulle dinamiche in atto, di aiutare ciascuno a decidere autonomamente come proseguire e di ricavare egli stesso feedback per ripianificare l’azione didattica. L’osservazione degli studenti in contesto consente all’insegnante di assistere ai processi di apprendimento che prendono forma sotto i suoi occhi. Con le informazioni ricavate, può creare attività che coinvolgano gli studenti con sfide adeguate al livello di ciascuno, in modo che possano percepirsi autoefficaci e sviluppare al meglio le loro abilità e competenze. Compito autentico ►Nella fase conclusiva dell’attività didattica la valutazione si completa potendo attestare anche il raggiungimento dei risultati di apprendimento rispetto agli obiettivi attesi. Con la valutazione sommativa, le verifiche possono assumere una forma più tradizionale (prove strutturate o semi-strutturate), mentre, per quanto riguarda le modalità e i tempi di somministrazione, si può ricorrere a strumenti digitali che facilitino l’insegnante nel controllo delle procedure e gli studenti nell’ottenimento di un feedback immediato. Quanto descritto in queste pagine può contribuire allo sviluppo di un apprendimento più significativo e autonomo nello studente e di una professionalità più ricca e gratificante nell’insegnante. Tuttavia, affinché ciò accada, occorre che l’insegnante adotti un approccio che vede la progettazione e la conduzione delle pratiche valutative non come routine eterogestite da riprodurre nel tempo a prescindere dai soggetti e dai contesti, ma come processi contingenti e partecipati dagli studenti. ►Un esempio dell’uso di rubriche per i diversi scopi valutativi sarà riportato in un successivo articolo dedicato ad esempi concreti di Unità di apprendimento progettate con la metodologia della Flipped classroom. DSolari
Saturday, June 3, 2023
Friday, June 2, 2023
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