Tuesday, April 4, 2023

Bambini e adolescenti sempre più dipendenti dai “social network”. Troppi ne fanno un uso “fuori misura” fino al punto di venirne condizionati nei comportamenti. Secondo il Report Global Digital 2022 in Italia sono più di un milione e mezzo i ragazzi tra 13 e 17 anni formalmente iscritti a una piattaforma “social”, che sia Facebook, WhatsApp, Instagram oppure TikTok. Ma, in realtà, sarebbero molti di più, non tracciati. È una nuova emergenza. «Siamo arrivati all’apice degli effetti negativi di un uso smodato e incontrollato dei “social”, si è perso il senso del limite – commenta lo psichiatra, sociologo ed educatore Paolo Crepet – si sta assecondando il cinismo di certe aziende che fatturano trilioni di dollari sfruttando l’immagine dei nostri figli ». Le conseguenze di un’esposizione eccessiva (e quasi sempre inconsapevole)? Seri pericoli per la salute psichica e fisica, che sono cresciuti dopo la pandemia da Covid-19 con episodi di cyberbullismo, sindromi da hikikomori, furti di identità, casi di istigazione all’odio e alle discriminazioni che vedono come vittime dei minori. « E non dobbiamo dimenticare che tra gli effetti nefasti ci sono anche distorsioni delle capacità cognitive e un calo della memoria e dell’attenzione» precisa Crepet. Cosa sta succedendo, professore? I “social” dovrebbero in realtà favorire le relazioni e la condivisione tra le persone. Invece, per molti giovani e giovanissimi, si riducono in isolamento, paura e chiusura. Faccio un esempio: se una ragazzina si fa un selfie e lo posta perché il mondo lo veda, a contare è solo la sua rappresentazione visiva, tutto il resto passa in secondo piano. È ora di mettere un argine, i “social” in realtà dovrebbero chiamarsi “a-social”, visto che predicano l’assoluta solitudine. Cosa bisognerebbe fare, allora? Cominciare dalla scuola che, nel nostro Paese, sembra indenne dalle riforme. È da Gentile che non se ne fa una seria? Eppure nel frattempo il mondo è cambiato. Ma l’Italia no. Tutto è bloccato. Non c’è mai un vero cambiamento, è una questione di mentalità. Bisognerebbe cominciare la prima elementare un anno prima e finire il ciclo di studi superiori a 18 anni e non a 19 come adesso. In mezza Europa è così. Questo consentirebbe di lavorare prima, di mettersi prima sul mercato del lavoro. Quindi bisognerebbe passare al tempo pieno e chiudere la scuola media, che è la meno qualificata. Si tratta in ogni caso di una questione complessa. E vietare l’uso degli smartphone e dei dispositivi elettronici a scuola è giusto, secondo lei, per evitare i guasti dei “social network”? C’è una circolare, varata dal ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, il 19 dicembre scorso, che lo stabilisce. Sono d’accordo, è opportuno che dalle 8 alle 13.30 si vietino i cellulari nelle scuole: ma dove sono le sanzioni? Eppoi il divieto dovrebbe valere anche per gli insegnanti. Perché se il professore sta al telefono per i fatti suoi quando i ragazzi fanno il compito in classe, non serve a niente. Docenti e genitori devono saper dare il buon esempio. Ci vorrebbe inoltre, in tutte le scuole, un intervento intelligente, del tipo: una o due ore a settimana di insegnamento su come si fa una ricerca sul web, cioè come usare Google o Youtube in modo corretto per approfondimenti o per poter svolgere attività didattiche. E alzare l’età di ingresso ai “social” a 16 anni anzichè agli attuali 14? E come si fa a controllare? Se però i giovani vedessero che gli adulti sono preoccupati, e non indifferenti, e si vietassero loro quelle piattaforme dove i margini di sicurezza sono bassissimi, forse sarebbe un modo per parlarci e far capire quali sono i gravi rischi che corrono. Che ne pensa dell’ipotesi, avanzata dalla Garante per l’infanzia e l’adolescenza, di introdurre una specie di “Spid” gestito dai genitori per regolamentare l’ingresso a Internet o ai “social” dei loro figli? Ripeto, non tutta la tecnologia digitale è da negare, c’è quella buona e quella cattiva. Non si può dire “no” o “sì” e basta: è più complicato. E la questione dell’intelligenza artificiale, che viene spacciata come “il futuro” della tecnologia e dell’umanità? I ragazzi ne sono affascinati... Ma gli stessi Elon Musk, fondatore di SpaceX e il “padrone” di Apple, Steve Jobs, la ritengono pericolosa. Che facciamo, la introduciamo nelle scuole? Governo e opposizione se ne guardano bene... Ma tra i rischi, c’è anche quello del suicidio? I dati forniti dall’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma parlano di un aumento dei tentativi di suicidio tra i giovanissimi del 75% nel periodo della postpandemia rispetto al periodo precedente…. In realtà, l’idea del suicidio per un adolescente è la più comune, ma non da adesso. E comunque non è un aspetto legato all’uso dei “social network”. L’ideazione del gesto di uccidersi nasce semmai da incomprensioni, da un fallimento, cose che accadono a quell’età. È la dimensione del vuoto. Non dovremmo preoccuparci oltre questo.

RICOSTRUZIONE CARRIERA

Monday, April 3, 2023

Qual è un'invenzione nata durante il periodo fascista? Forse uno dei più importanti inventori dell' epoca fascista fu Nazareno Strampelli. La domanda che si pone chiunque non lo conosca e non ritenga che sia una delle figure chiave del XX secolo è "Chi era costui?" Semplicemente l'uomo che sviluppo la pratica ibridista in agricoltura. Fu il primo a seguire la teoria mendeliana in agricoltura in modo scientifico. Fu il primo ad applicare l'idea di combinare diverse varietà di grano per ottenerne nuove con caratteristiche di resa maggiore , maggiore resistenza ai parassiti e sopratutto minore consumo di acqua. Fino a lui il grano tenero era una pianta che raggiungeva il metro e ottanta di altezza, lui la ridusse a poco più di un metro combinando varietà nane giapponesi a bassa resa con varietà europee. Il vento e le pioggia abbattevano meno le sue piante e ci voleva meno acqua per farle crescere. La resa dei raccolti si moltiplicava per due volte. Oggi quasi tutte le varietà di grano derivano dai suoi ibridi. Sviluppò oltre 70 varietà nuove di grano e le diffuse, senza royalties o brevetti, in giro per il mondo Perchè non è praticamente citato da nessuna parte e non credo gli sia mai stato intitolato neanche un vicolo. La sua prima varietà si chiamava Grano Ardito e ci fu anche un Grano Littorio. collaborò col governo fascista , anche se probabilmente insieme a Norman Borlaug il padre della rivoluzione verde degli anni '70 è l'uomo che ha fatto di più per sconfiggere la fame nel mondo Inserisco con estremo piacere il commento di Edoardo Strampelli discendente di Nazareno. Correggo la mia risposta sostituendo l'affermazione che fosse un fascista con "collaborò col governo fascista" "Io sono suo discendente diretto e vorrei specificare alcune cose. Nazareno in primis non era fascista come tutti nella nostra famiglia, la quale ha nascosto partigiani ebrei durante la seconda guerra mondiale (la famiglia Di Segni, alla quale appartiene l'attuale rabbino di Roma che ricorda la permanenza dei genitori a casa Strampelli). Nonostante sicuramente sia stato limitato nel riconoscimento internazionale dalla collaborazione col governo fascista comunque ha mantenuto pure dopo la caduta del fascismo (a differenza di molti suoi colleghi) tutti i riconoscimenti statali, tra cui il prestigioso titolo di Cavaliere del Re d'Italia conferitoli dal Re in Persona. Sicuramente questo avvenne perché Nazareno non ha mai firmato il manifesto sulla razza e mai supportato le leggi razziali, avendo la nostra famiglia numerosi amici ebrei o discendenti da famiglie ebraiche. Comunque lui ha sfiorato il Nobel e ormai da anni c'è il tentativo di scienziati USA di candidarlo a un Nobel postumo. Per quanto riguarda le vie a Roma e nelle Marche sono diffuse molte vie Strampelli (anche se bisogna non confonderle quelle intitolate a suo figlio, Benedetto, importante oculista che ha inventato l'attuale operazione alla cataratta). Mentre nell' ex URSS, Argentina,Cile e Cina sono molte strade e vie ad essere intestate a Nazareno, poiché ha aiutato quei paesi ad uscire da gravi carestie e per questo là è quasi considerato un eroe nazionale e studiato attentamente nei libri di storia. Spero di esser stato chiaro ed aver aggiunto info interessanti"

Sunday, April 2, 2023

Equipollenza titoli esteri: l’università globalizzata Come ottenere l’equipollenza dei titoli esteri conseguiti da chi ha svolto un percorso di studio fuori dall’Italia? Qual è l’iter da seguire? Quali sono gli enti che possono dichiararla? È un procedimento costoso? In un modo sempre più globalizzato gli spostamenti degli studenti e dei laureati in paesi diversi da quelli in cui hanno frequentato la scuola o l’università sono all’ordine del giorno. E trovare risposte a queste domande è un problema urgente per un numero crescente di persone. Che sia per ragioni di lavoro o per proseguire gli studi in un ateneo dello Stivale, se il vostro diploma o la vostra laurea non sono stati conferiti da un’istituzione italiana potreste aver bisogno di ottenerne l’equipollenza o l’equivalenza. Ma da dove cominciare? In questo articolo approfondiremo tutti gli aspetti relativi a: Cosa vuol dire titolo equipollente? Per quali titoli esteri si può richiedere l’equipollenza? Chi può richiedere l’equipollenza dei titoli esteri? Come ottenere l’equipollenza dei titoli esteri? Riconoscimento dei titoli universitari esteri Riconoscimento accademico ed equipollenza dei titoli esteri La domanda di equipollenza dei titoli esteri Esito della domanda di riconoscimento accademico Riconoscimento non accademico e riconoscimento professionale Equipollenza con titoli esteri di titoli italiani Cosa vuol dire titolo equipollente? Prima di tutto è bene spiegare cosa si intende per titolo equipollente. Quando si sancisce l’equipollenza dei titoli esteri, quei titoli diventano a tutti gli effetti parificati ai titoli conferiti da scuole e università italiane. Vale a dire che il loro valore legale diventa lo stesso e uguali sono pure le posizioni lavorative o le opportunità di studio a cui danno accesso. Anzi, i titoli diventano del tutto identici. Proprio così, perché di fatto, una volta stabilita l’equipollenza, viene rilasciato il titolo italiano corrispondente a quello conseguito all’estero. Vista l’importanza della questione anche sul piano giuridico, quindi, l’equipollenza dei titoli esteri non può essere automatica. Occorre, infatti, che sia espressamente richiesta da ciascun soggetto interessato. E affinché possa essere ottenuta, è necessario un dettagliato processo di verifica del livello di competenze e conoscenze attestate dal titolo di studio straniero. Insomma, per vedersi riconoscere l’equipollenza dei titoli esteri occorre poter dimostrare che essi rispecchiano fedelmente gli equivalenti italiani. Per quali titoli esteri si può richiedere l’equipollenza? L’equipollenza dei titoli esteri può essere richiesta sia per i titoli scolastici che per quelli universitari. In particolare, per quanto riguarda i titoli scolastici, è possibile chiedere il riconoscimento di: diploma conclusivo del corso di studi secondario di primo grado (corrispondente alla scuola media italiana); diploma conclusivo del corso di studi secondario di secondo grado (scuola superiore). Per i titoli accademici, invece, può essere richiesta l’equipollenza di: laurea; dottorato; titoli di studio del settore dell’Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM), che in Italia include Accademie di Belle Arti e Conservatori di Musica. Infine, è possibile ottenere il riconoscimento anche di specializzazioni e abilitazioni estere all’esercizio di specifiche professioni. In questo caso, tuttavia, l’iter da seguire cambia a seconda del ministero competente in materia. Per esempio, per l’equipollenza di titoli esteri dell’ambito sanitario (specializzazioni mediche, ecc.) l’istituzione competente è il Ministero della Salute. Per abilitazioni professionali quali quella all’esercizio della professione di avvocato, invece, il riconoscimento va chiesto al Ministero della Giustizia. equipollenza titoli esteri Chi può richiedere l’equipollenza dei titoli esteri? L’equipollenza dei titoli esteri non universitari non può essere richiesta da chiunque. Possono inoltrare istanza di riconoscimento dei titoli scolastici solo i cittadini (per nascita, naturalizzazione o per matrimonio) di: Stati membri dell’Unione Europea; Stati membri dell’Associazione europea di libero scambio (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). Questa possibilità è concessa anche a titolari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria. È stabilito, inoltre, che il riconoscimento dei diplomi conclusivi di corsi di studi secondari di secondo grado (corrispondenti alla maturità italiana) possa essere richiesto solo dopo il compimento del diciottesimo anno d’età. Per quanto riguarda l’equipollenza dei titoli esteri di livello universitario, invece, la richiesta può essere effettuata da cittadini italiani che hanno completato un ciclo di studi presso un ateneo straniero, cittadini di Stati membri dell’UE e cittadini di Stati non-UE. Solo per i diplomi del settore AFAM l’equipollenza dei titoli esteri è riservata ai cittadini italiani e ai cittadini di Stati membri dell’Unione Europea. Come ottenere l’equipollenza dei titoli esteri? Come accennato in precedenza, per ottenere l’equipollenza dei titoli esteri bisogna seguire specifiche procedure, che variano a seconda che si tratti di titoli scolastici, universitari o dell’aera AFAM. Per i diplomi conclusivi di cicli di studio secondari di primo grado (corrispondenti alla scuola media italiana), il riconoscimento dei titoli scolastici conseguiti all’estero va chiesto all’Ufficio scolastico regionale della regione di residenza o all’Ambito territoriale della provincia di residenza. Per i diplomi conclusivi di cicli di studio secondari di secondo grado (scuola superiore), la richiesta di equipollenza dei titoli esteri può essere inoltrata a qualsiasi Ufficio scolastico regionale italiano, indipendentemente dalla propria residenza. La parificazione dei titoli esteri di livello universitario, invece, prevede iter burocratici diversi a seconda dello scopo per cui viene richiesta. Riconoscimento dei titoli universitari esteri Come accennato, il riconoscimento dei titoli esteri di livello universitario può essere richiesto per diverse finalità. Tra le principali ci sono: iscrizione a un percorso di studi; riconoscimento di CFU per l’abbreviazione di un percorso di studi; ottenimento del corrispondente titolo italiano; accesso ai concorsi pubblici; progressione di carriera nella Pubblica amministrazione; riscatto della laurea ai fini pensionistici; esercizio delle professioni regolamentate (medico, avvocato, architetto, ecc.). A seconda dello scopo, cambia la tipologia di riconoscimento e variano sia l’iter burocratico da seguire sia l’istituzione competente. Nei primi tre casi occorre un riconoscimento accademico. Questa procedura è anche l’unica che permette di ottenere l’equipollenza dei titoli esteri. Per l’accesso ai concorsi, la progressione di carriera nella Pubblica amministrazione o il riscatto della laurea, invece, è sufficiente un riconoscimento non accademico. Per l’esercizio delle professioni regolamentate, infine, occorre richiedere un riconoscimento professionale. Riconoscimento accademico ed equipollenza dei titoli esteri Il riconoscimento accademico è la procedura da seguire per l’iscrizione a corsi di studio o l’abbreviazione di carriera mediante la convalida di CFU e per ottenere il titolo italiano corrispondente a quello conseguito all’estero. La domanda di riconoscimento deve essere presentata a: per le lauree: uno degli atenei che hanno nella propria offerta formativa un corso di studi affine per struttura e contenuti a quello frequentato all’estero; per i percorsi di studio dell’area AFAM: al Ministero dell’Università e della Ricerca; per il dottorato di ricerca: al Ministero dell’Università e della Ricerca. Tra le varie procedure, il riconoscimento accademico è quella più rigorosa, perché consente di ottenere l’equipollenza dei titoli esteri, che prevede il conseguimento del titolo italiano corrispondente a quello conferito da un’istituzione formativa straniera. La domanda di equipollenza dei titoli esteri La domanda di equipollenza dei titoli esteri deve essere corredata da una ricca documentazione che può variare a seconda dell’ateneo al quale si chiede il riconoscimento accademico. Tra i più importanti documenti richiesti ci sono: copia di un documento d’identità in corso di validità; codice fiscale; “diploma” o corrispondente documento ufficiale attestante il conseguimento del titolo straniero di livello universitario; “certificato” o equivalente documento ufficiale con l’elenco delle materie incluse nel piano di studi; Diploma Supplement (per titoli conseguiti in uno dei Paesi aderenti allo Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore) o la cosiddetta “Dichiarazione di valore” (DV), emessa dalla rappresentanza diplomatico-consolare italiana nel paese estero in cui si è conseguito il titolo. Il Diploma Supplement (DS) è un documento in otto punti che contiene la descrizione della natura, del livello, del contesto, del contenuto e dello status del percorso di studi completato. Il DS integra il titolo di studio ufficiale e segue un modello standard, sviluppato per iniziativa della Commissione Europea, del Consiglio d’Europa e dell’UNESCO. Di norma, è richiesto anche il diploma o l’equivalente documento ufficiale attestante il titolo conseguito al termine del ciclo di istruzione secondaria superiore valido per l’ammissione al corso di laurea frequentato all’estero. Tutti i documenti in lingua straniera devono essere accompagnati dalla relativa traduzione in italiano, legalizzata dalla rappresentanza diplomatico-consolare italiana nel paese estero in cui si è conseguito il titolo per cui si richiede il riconoscimento. Per il riconoscimento del dottorato, come detto in precedenza la domanda deve essere presentata al Ministero dell’Università e della Ricerca. La documentazione da allegare alla domanda è più ampia e include la tesi di dottorato e il curriculum vitae. Il modello di domanda e la lista degli allegati richiesti si possono trovare qui. Esito della domanda di riconoscimento accademico Una volta ricevuta l’istanza e tutta la documentazione accessoria, le università avvieranno il processo di verifica della stessa. La procedura di accertamento può concludersi in due modi: con il riconoscimento diretto, ossia la dichiarazione dell’equipollenza del titolo estero e il rilascio del corrispondente titolo italiano, senza la necessità di sostenere esami integrativi; con l’abbreviazione di corso, ossia il riconoscimento parziale del titolo estero, con la richiesta di integrare gli esami mancanti o presentare elaborati finali (tesi) per l’ottenimento dell’equipollenza; con il mancato riconoscimento. equipollenza titoli accademici esteri Riconoscimento non accademico e riconoscimento professionale Quando non è necessario ottenere l’equipollenza dei titoli esteri, a seconda dei casi, bastano il riconoscimento non accademico o quello professionale. Il riconoscimento non accademico per l’accesso ai concorsi pubblici deve essere richiesto all’Ufficio per l’Organizzazione ed il Lavoro Pubblico del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per la progressione di carriera nella Pubblica amministrazione o per il riscatto della laurea l’ente responsabile è il Ministero dell’Università e della Ricerca, tuttavia la domanda deve essere rivolta all’amministrazione interessata. La domanda di riconoscimento professionale dei titoli esteri deve essere, invece, indirizzata al ministero che vigila la professione d’interesse. Così, ad esempio, un avvocato dovrà rivolgersi al Ministero della Giustizia, mentre un medico a quello della Salute. Il Centro Informazione sulla Mobilità e le Equipollenze Accademiche (C.I.M.E.A.) è l’ente predisposto a fornire informazioni in merito a riconoscimento ed equipollenza dei titoli esteri. Per ulteriori approfondimenti in merito a procedure e metodologie valutative, si rimanda al sito istituzionale del CIMEA. Equipollenza con titoli esteri di titoli italiani Infine, nella situazione inversa a quelle analizzate finora, in cui è lo studente italiano con titolo conseguito in Italia a richiedere l’equipollenza con i titoli esteri, sarà necessario fare riferimento alla Sezione Culturale dell’ambasciata in Italia del paese presso cui si intende inoltrare la richiesta.