Friday, March 24, 2023
Rescissione
Art. 629-bis - Rescissione del giudicato
1. Il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.2. La richiesta è presentata alla corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, a pena di inammissibilità, personalmente dall’interessato o da un difensore munito di procura speciale autenticata nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3, entro trenta giorni dal momento dell’avvenuta conoscenza del procedimento.
3. La corte di appello provvede ai sensi dell’articolo 127 e, se accoglie la richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado. Si applica l’articolo 489, comma 2.
4. Si applicano gli articoli 635 e 640.
Rassegna giurisprudenziale
Rescissione del giudicato (art. 629-bis)
In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, la disciplina di cui all'art. 24, commi 6-bis e ss. DL 137/2020, convertito con modificazione dalla L. 176/2020, in quanto riferita a tutti gli atti di impugnazione comunque denominati, trova applicazione anche in relazione all'istanza di rescissione del giudicato, nonostante la sua natura di impugnazione straordinaria (Sez. 5, 24111/2022)
In tema di rescissione del giudicato, l'effettiva conoscenza del procedimento, ostativa alla revoca della sentenza di condanna emessa nei confronti di imputato assente, deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di "vocatio in iudicium", sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa non sia seguita la notifica dell'atto introduttivo del giudizio in detto luogo, ancorché a mano di soggetto diverso dal destinatario, ma comunque legittimato a ricevere l'atto (Sez. 3, 23853/2022).
Ai fini del positivo accesso all'istituto della rescissione del giudicato ciò che conta non è tanto la pura e semplice mancanza di una conoscenza effettiva del processo, da cui, per effetto a cascata, è derivata la mancata partecipazione ad esso dell'imputato, ma ciò che rileva è la "incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo", per tale dovendosi intendere quella ignoranza che non sia derivata né da negligenza dimostrata dall'imputato né dal mancato rispetto da parte di questo di precise disposizioni normative che avrebbero imposto a lui l'adempimento di un qualche obbligo strumentale, appunto, alla informazione della pendenza del processo a suo carico (Sez. 3, 19433/2022).
In tema di rescissione, nel caso si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato con disposizioni transitorie il passaggio dall'una all'altra, ai fini dell'individuazione della norma applicabile, concernente non già l'an dell'impugnazione, bensì il quomodo, si deve fare riferimento non al momento di emissione della sentenza passata in giudicato, bensì a quello nel quale il condannato in assenza è venuto a conoscenza del provvedimento e può esercitare il diritto di impugnazione straordinaria (Sez. 5, 380/2022).
La conoscenza, costituente presupposto necessario e legittimante la dichiarazione di assenza dell’imputato, deve riguardare non l’esistenza del procedimento a carico dell’indagato, poi divenuto imputato, bensì l’esercizio dell’azione penale e quindi lo svolgimento del processo; pertanto, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari e l’incolpevole mancata conoscenza del processo non è esclusa né dalla notifica all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, né dalla notifica a persona diversa dall’imputato, ma con esso convivente, del decreto di citazione a giudizio, non incidendo il sistema di conoscenza legale in base a notifiche regolari sulla conoscenza effettiva del processo (Fattispecie nella quale la corte di appello aveva rigettato l’istanza di rescissione del giudicato proposta dalla ricorrente, ritenendo che la stessa dovesse considerarsi a conoscenza del procedimento celebrato a suo carico poiché l’avviso di conclusione delle indagini preliminari risultava notificato a mani della madre con lei convivente e la notifica del decreto di citazione era stata tentata presso il medesimo indirizzo, nonostante risultasse non effettuata a causa del trasferimento dell’imputata presso altra località non conosciuta. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la revoca della sentenza di primo grado, sospendendone l’esecuzione e disponendo la trasmissione degli atti al tribunale competente per l’ulteriore corso) (Sez. 2, 38121/2021).
In tema di rescissione del giudicato, l'effettiva conoscenza del processo, che legittima l'aver proceduto in assenza, deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di "vocatio in iudicium" e non può desumersi dalla mera nomina di un difensore di fiducia, con elezione di domicilio presso di lui, effettuata nella fase delle indagini preliminari, nel caso in cui detto difensore si sia cancellato dall'albo e non vi sia prova alcuna del fatto che l'interessato fosse stato avvertito di tale cancellazione o che comunque ne fosse al corrente (Sez. 5, 19949/2021).
Le nullità che abbiano riguardato la citazione dell’imputato e/o del difensore, coperte dal giudicato, pongono il condannato nella condizione di proporre richiesta di rescissione del giudicato, ai sensi dell’art. 629 bis, allegando l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che, da quelle, sia derivata (Sez. 1, 37052/2020).
In tema di rescissione del giudicato, sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all’art. 625-ter, in tutti i casi in cui l’imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall’applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell’avviso di udienza (Sez. 2, 14787/2017).
La rescissione del giudicato, come già stabilito dall’abrogato art. 625-ter ed ora dall’art. 629-bis comma 1, può essere richiesta dal condannato o dal sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato , nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo , qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata celebrazione del processo, tale rimedio, tuttavia, è esperibile solo con riguardo a procedimenti definiti successivamente all’entrata in vigore della L. 67/2014 (Sez. 2, 45431/2018).
La richiesta finalizzata alla rescissione del giudicato, di cui all’art. 625-ter, che per la sua natura di mezzo di impugnazione deve essere depositata nella cancelleria del giudice di merito la cui sentenza è stata posta in esecuzione con allegazione dei documenti a sostegno, e che è esaminata dalla Corte di cassazione secondo la procedura camerale di cui all’art. 611, si applica solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420-bis, come modificato dalla L. 67/2014. Ai procedimenti contumaciali trattati secondo la normativa antecedente continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art. 175, comma 2 nel testo previgente (SU, 36848/2014).
L’art. 629-bis - che ha sostituito l’art. 625-ter - consente al condannato, giudicato in absentia, di ottenere la rescissione del giudicato “qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo”. Tale norma va letta in correlazione con l’art. 420-bis, che prescrive di procedere in assenza dell’imputato “che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio”, nonché qualora “risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo. Sulla base della norma suddetta è sufficiente, quindi, per procedere in absentia, che l’imputato abbia eletto o dichiarato il domicilio, ovvero sussista la prova che abbia conoscenza del “procedimento”. Conseguentemente, questa Corte ha già statuito che sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all’art. 625-ter (ora, art. 629-bis), in tutti i casi in cui l’imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall’applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell’avviso di udienza (Sez. 5, 44179/2018).
La rescissione del giudicato ex art. 625-ter non si applica al caso in cui l’imputato sia stato dichiarato assente avendo eletto domicilio presso il difensore d’ufficio, poiché, ai sensi degli artt. 420-bis, commi 2 e 3, e 175, comma 2, dall’elezione di domicilio deriva una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato, sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento (Sez. 5, 36855/2016).
L’analisi del testo della disposizione che regola le modalità di proposizione dell’istanza prevista dall’art. 629-bis evidenzia la necessità della presentazione dell’impugnazione “personalmente”, ovvero a mezzo del difensore munito di procura speciale. Tale indicazione, che ripete quella già contenuta nel previgente art. 625-ter, esalta pacificamente la circostanza della presentazione dell’impugnazione con le sole modalità ivi specificate, senza la possibilità di ricorrere a sistemi di invio e comunicazione (quale, appunto, l’invio mediante il servizio postale); e ciò in ragione del carattere straordinario dell’impugnazione in esame e dell’espressa previsione di cause di inammissibilità, per la violazione delle regole attinenti appunto alle modalità di presentazione dell’impugnazione (che derogano alla generale previsione dell’articolo 582, comma 1, in quanto contemplano esclusivamente la presentazione personale – da parte del condannato o del difensore munito di procura speciale –, escludendo l’alternativa della presentazione «a mezzo di incaricato» o con un’altra modalità di invio (Sez. 2, 37880/2018).
È inammissibile la richiesta di rescissione del giudicato presentata, con atto sottoscritto dal condannato, mediante spedizione postale di raccomandata A/R da parte del difensore, insieme all’atto di nomina ed alla procura speciale rilasciatagli (Sez. 5, 45851/2016).
La richiesta ex art. 629-bis è ammissibile solo ove essa sia presentata personalmente dall’interessato, ovvero dal difensore munito di procura speciale, non essendo consentite modalità alternative di proposizione dell’istanza, quale quella dell’invio attraverso il servizio postale (Sez. 2, 37880/2018).
In tema di rescissione del giudicato, il termine di trenta giorni per la presentazione della relativa richiesta decorre, non già dal momento in cui il condannato ha avuto compiuta conoscenza degli atti del processo e della sentenza conclusiva, bensì da quello in cui lo stesso ha avuto conoscenza del procedimento, ferma restando, in caso di particolare complessità della vicenda processuale, la possibilità per lo stesso di chiedere la restituzione nel termine per esercitare pienamente il diritto all'impugnazione straordinaria (Sez. 4, 36560/2021).
Thursday, March 23, 2023
Monday, March 20, 2023
Sunday, March 19, 2023
Presidi
– Da qualche settimana si è creato un vasto movimento di sostegno ai circa 100 docenti che in tutta Italia continuano a svolgere la funzione di “presidi incaricati” o, come comunemente definiti, di “precari della dirigenza”. L’istituto dell’incarico di presidenza sembrava “defunto” con le ultime tornate concorsuali a posti di dirigente scolastico, nell’ottica del perseguimento della via maestra, indicata all’art. 97 della Costituzione, di “super concorsi” salvifici, rapidi e capaci, secondo l’idea del legislatore, di risolvere i gravosi problemi che affliggono la dirigenza scolastica.
E’ necessario allora ripercorrere brevemente, senza tediare più di tanto, la storia normativa recente dell’istituto di cui sopra.
– Da qualche settimana si è creato un vasto movimento di sostegno ai circa 100 docenti che in tutta Italia continuano a svolgere la funzione di “presidi incaricati” o, come comunemente definiti, di “precari della dirigenza”. L’istituto dell’incarico di presidenza sembrava “defunto” con le ultime tornate concorsuali a posti di dirigente scolastico, nell’ottica del perseguimento della via maestra, indicata all’art. 97 della Costituzione, di “super concorsi” salvifici, rapidi e capaci, secondo l’idea del legislatore, di risolvere i gravosi problemi che affliggono la dirigenza scolastica.
E’ necessario allora ripercorrere brevemente, senza tediare più di tanto, la storia normativa recente dell’istituto di cui sopra.
Il D.Lgs. n. 59/1998, nel ribadire la linea secondo la quale fosse negata la possibilità in via ordinaria di conferire posti dirigenziali a chi non avesse conseguito la relativa qualifica mediante concorso, stabilì pure che essa dovesse decorrere dallo svolgimento della prima tornata di concorsi dirigenziali e dalla redazione delle conseguenti graduatorie.
Fino a quel momento l’art. 28 bis, comma 3, di quest’ultimo decreto stabilì che non solo fosse possibile nella scuola conferire incarichi di presidenza, ma che anzi essi sarebbero stati titolo valutabile proprio ai fini concorsuali. L’art. 28 bis è poi divenuto l’art. 29 del D.Lgs. n. 165/2001, ed è tuttora vigente.
Il legislatore, dunque, nel prevedere l’anzidetta eccezione all’impianto giuridico complessivo della dirigenza, ha tenuto presente le particolari necessità delle istituzioni scolastiche, che esigono, in ogni caso, la continua presenza di un responsabile.
L’incarico di presidenza è regolato contrattualmente dall’art. 69 del CCNL/1995, espressamente richiamato nell’art. 146 del CCNL/2007.
Tuttavia, la legge 43 del 31/03/2005, art. 1/sexies ha previsto che, a decorrere dall’anno scolastico 2006/2007, non siano più disposti nuovi incarichi di presidenza, fatta salva la conferma degli incarichi già assegnati. I posti vacanti di dirigente scolastico sono conferiti con incarico di reggenza.
L’impianto normativo vigente ha tuttavia consentito a chi ne avesse titolo di continuare a svolgere la funzione, anche in mancanza della “idoneità” concorsuale, da conseguire negli ultimi concorsi banditi, di cui uno in corso, che, come è noto, sono infarciti di errori, sconvolti dalle inchieste giudiziarie e dagli annullamenti disposti dalla Magistratura Amministrativa.
Nel caos determinato da concorsi mal gestiti, dichiarati illegittimi, o dall’uso indiscriminato dell’istituto della reggenza, che comporta l’assegnazione senza scrupoli ai dirigenti scolastici(pochi) di una pluralità devastante di istituti scolastici, i “presidi incaricati” rimasti hanno garantito la stabilità, l’efficienza, la continuità di direzione in molte scuole, talvolta nelle sedi più disagiate.
Esistono dunque ancora dei “precari della dirigenza”, dei presidi a termine illegittimamente utilizzati dal legislatore per coprire le falle di un sistema ormai in cancrena.
Questi soggetti hanno dimostrato competenze sul campo e continuano a svolgere degnamente, nel rispetto di una professione ormai bistrattata, le funzioni ad esse per legge assegnate.
Recentemente sono state presentate due interrogazioni parlamentari, di cui una alla Camera dei Deputati(on. Di Giuseppe, Atto n. 4-13296) e una al Senato della Repubblica(sen. Salvo Flores, Atto n. 4-05950), nelle quali si fa riferimento alla problematica dei presidi incaricati e si pone l’attenzione sulla illegittimità della reiterazione dei contratti a tempo determinato di tali soggetti, che si perpetua, per alcuni, addirittura da quasi un decennio.
Scrive l’on. Di Giuseppe: “…alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale, potrebbero partire dei ricorsi per la trasformazione del contratto e il risarcimento danni alla pubblica amministrazione, che risulterebbe soccombente in quanto i presidi incaricati svolgono a tempo determinato da 10 anni la funzione, senza che sia mai stata determinata un’esigenza eccezionale, così come invece vorrebbe l’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001…” e, ancora: “i contratti a tempo determinato sono stati posti in essere secondo gli interroganti in violazione della normativa che regola la materia e, in particolare, del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 con il quale l’ordinamento italiano ha inteso dare attuazione alla direttiva 1999/70/Ce relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (che si applica alla pubblica amministrazione in forza della clausola 2 del medesimo accordo quadro)”.
Il sen. Fleres punta inoltre l’attenzione sulla capacità professionale degli incaricati, sottolineando che: “i suddetti presidi incaricati, svolgendo tali funzioni da diversi anni, hanno acquisito capacità, competenze ed esperienze messe a disposizione di un’amministrazione che li ha, peraltro, incaricati, formati ed aggiornati con spese a carico dello Stato”.
Bisogna però specificare che nel pubblico impiego, in merito alla illegittima reiterazione di contratti a termine, la norma di riferimento è il comma 5, art. 35 del d.lgs. 165/2001:
“5.In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative.”
Dunque, sebbene, forse, non sia ipotizzabile una mera conversione del contratto, in rispetto anche al disposto dell’art. 97 della Carta Costituzionale, è altamente probabile che la P.A. sia colpita da più di 100 ricorsi per il risarcimento danno.
La giurisprudenza recente è molto propensa, soprattutto per quanto riguarda la reiterazione dei contratti a termine dei docenti, ad accordare risarcimenti danno faraonici, parametrati sulla retribuzione globale di fatto, in media sulle 15 mensilità lorde.
Fatto un breve calcolo ciò potrebbe costare al Miur circa 40000 euro netti a preside incaricato, per un totale di 4000000 euro per tutti questi “precari della dirigenza” rimasti.
Naturalmente tutto a carico della comunità che dopo le recenti manovre finanziarie è vessata da tassazioni già a livelli esponenziali!
Alcune sigle sindacali, su tutte la Dirpresidi, ma anche l’Uglscuola e, ultima, l’Unicobas, stanno avviando procedure di vertenza a tutela di questa categoria di lavoratori.
Che fine hanno fatto i Confederali( Cgil, Cisl e Uil)? Il loro silenzio assordante sulla vicenda sembra un’acquiescenza non molto celata alla volontà di continuare ad ignorare questa forma di precariato.
Quanto conviene ancora allo Stato disprezzare, umiliare, gettare e riusare i presidi incaricati? E quanto conviene economicamente, per una volontà incomprensibile, rischiare risarcimenti milionari a carico dei contribuenti, al solo scopo di evitare l’assunzione di 100 docenti che hanno dimostrato in un decennio di essere preparati, formati sul campo e disposti, a capo chino, a servire la Pubblica Amministrazione?
Nell’era della meritocrazia valutata in base a quiz, test di puro nozionismo, il legislatore farebbe bene, ogni tanto, a compiere gesti legittimi di riparazione a errori del passato, in favore del merito dimostrato giorno dopo giorno sul campo.
Avvio class action a favore dei dirigenti scolastici a tempo determinato
Il MIUR reitera i contratti dei presidi incaricati? Ricorso!
Studenti stranieri, integrazione e inclusione, FORMAZIONE OBBLIGATORIA: Metodologie, Italiano L2, unità di apprendimento pronte, tic e valutazioni. 25 ore di certificazione
Diventa docente di sostegno, bando a breve: corso di preparazione, con video su strategie per superare la preselettiva e simulatore. 100 euro
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