Thursday, October 14, 2021
Intubamento canne fumarie
L’installazione di canne fumarie a doppia parete è principalmente utilizzata nei casi in cui si debba realizzare un nuovo condotto di evacuazione dei fumi esterno all’edificio.
Tale condizione può verificarsi, ad esempio, in ambito civile/residenziale a seguito della sostituzione del generatore (in termini di potenza, funzionamento o combustibile) oppure quando un camino già esistente presenti segni di malfunzionamento e/o inadeguatezza non sanabili con interventi di manutenzione.
Abbiamo visto come in questi casi esistano sistemi in grado di riutilizzare i condotti o i cavedi già esistenti mediante l’operazione di intubamento, tuttavia questo intervento non è sempre possibile, prevalentemente per ragioni di spazio o per l’incompatibilità di funzionamento del nuovo condotto (pressione positiva/negativa, funzionamento a umido/a secco, ecc.) rispetto a condotti attigui, installati nello stesso cavedio, asserventi altri generatori (norma UNI 10845).
In altri ambiti le canne fumarie a doppia parete trovano impiego nell’evacuazione dei prodotti della combustione da gruppi elettrogeni, motopompe, gruppi antincendio, turbine, sistemi di cogenerazione.
Caratteristica delle canne fumarie a doppia parete è quella di essere costituite, appunto, da due condotti circolari concentrici distanziati in misura variabile; il condotto interno è l’effettivo condotto di evacuazione dei fumi, quello esterno è elemento protettivo e di finitura, l’intercapedine tra i due, infine, funge generalmente da strato coibente o, in determinati casi, da canale d’aspirazione per l’apporto dell’aria comburente al generatore asservito.
La parete interna, ossia quella a contatto con i fumi, può essere:
in acciaio inox;
in materiale plastico;
in materiale ceramico refrattario.
La progettazione della canna fumaria va eseguita secondo i Metodi di calcolo termico e fluido dinamico – UNI 13384 (-1 per camini asserviti a un solo apparecchio e -2 per camini asserviti a più apparecchi) garantendo il corretto dimensionamento in relazione ai fattori ambientali e tecnici, tenendo conto delle caratteristiche del generatore, delle dispersioni termiche e di pressione ammissibili in esercizio; sulla base di questi elementi viene effettuata la scelta del materiale più idoneo.
Il materiale più diffuso per la realizzazione della parete interna di canne fumarie a doppia parete è senz’altro l’acciaio inox AISI 316L, acciaio inossidabile austenitico di alta qualità contenente cromo (18%), nichel (8%) e molibdeno (3%), che garantisce un’altissima resistenza alla corrosione dei fumi e delle condense da essi prodotti; l’acciaio inox è senz’altro il prodotto più versatile e che meglio si adatta ad ogni tipologia di installazione. Si stanno tuttavia più recentemente diffondendo pareti interne realizzate con materiali differenti: il materiale plastico (polipropilene) è specifico per i generatori alimentati a gas o gasolio a condensazione e per i canali di esalazione per cappe da cucina; la ceramica refrattaria, a fronte di un ridottissimo spessore, è particolarmente adatta per caminetti e stufe data la sua perfetta impermeabilità e la caratteristica di rimanere inalterata in caso di incendio di fuliggine.
L’intercapedine può essere:
materiale coibente;
ad aria statica;
ad aria ventilata.
Come detto in precedenza, la coibentazione delle canne fumarie ha un ruolo determinante nel mantenere efficiente l’intero impianto: un buon tiraggio evita reflussi di fumo e il mantenimento della temperatura dei fumi al di sopra di un certo valore evitando così il formarsi di condense le quali, se sovrabbondanti, possono danneggiare i canali e l’impianto stesso.
Si è detto anche come essa sia fondamentale per la sicurezza nel caso di installazioni interne a salvaguardia di contatto umano accidentale e nell’attraversamento di materiali combustibili (solette, solai, coperture, ecc.).
I coibenti più diffusi sono le lane minerali, le quali, a seconda dello spessore e della densità, assicurano un elevato isolamento.
Nelle canne fumarie coibentate inox-inox in genere lo spessore dello strato di lana roccia varia dai 25 ai 50 mm per impianti tradizionali, mentre la sua densità può arrivare a 110 kg/m3 per impianti con funzionamento in pressione positiva elevata (classe H2) e con temperature di esercizio continuo fino a 600°C (gruppi elettrogeni, gruppi antincendio, ecc. come detto in apertura).
Le canne fumarie in polipropilene abbinate ad uno strato di lana di roccia di 50 mm garantiscono, anche nei casi di temperature esterne molto rigide, l’isolamento necessario per l’evacuazione dei fumi freddi tipici delle caldaie a condensazione.
Le canne fumarie con parete interna in ceramico refrattario e coibente di spessore 60 mm ad alta densità sono un’ottima soluzione per le abitazioni ad alta efficienza energetica in quanto capaci di eliminare i ponti termici nei punti strutturali più critici.
Le canne fumarie con intercapedine cosiddetta ad aria statica hanno il vantaggio di avere ingombri ridotti, in quanto prive di un materiale coibente vero e proprio: la distanza tra le pareti interna ed esterna è di appena 10 mm nei quali è una lama d’aria, privata di ogni moto convettivo, a fare da isolante; questa tipologia di canna fumaria è per installazioni esterne, utilizzabile per generatori con scarico in pressione positiva fino a 200 Pa e temperatura massima di esercizio fino a 200°C ed è idonea anche per i generatori a condensazione.
Differente, invece, è il funzionamento delle canne fumarie con intercapedine d’aria ventilata. Tale sistema è idoneo per generatori di tipo C, per generatori a condensazione e per caminetti a gas. Tramite il condotto interno (in inox o materiale plastico) avviene l’evacuazione dei prodotti della combustione, mentre, attraverso l’intercapedine ventilata generalmente dello spessore di 25 mm si apporta al generatore l’aria necessaria per la combustione; questa tipologia di canna fumaria può essere utilizzata anche nel caso di intubamento di camini o vani tecnici esistenti con funzionamento in pressione positiva, sfruttando l’intercapedine tra i condotti come sezione libera di ventilazione (nel caso di combustibili gassosi e liquidi con funzionamento a secco e a umido, nel caso di combustibili solidi con funzionamento a secco).
La parete esterna può essere:
in acciaio inox (generalmente AISI 304);
in rame;
in acciaio zincato verniciato.
Prestazionalmente queste tre soluzioni si equivalgono, le sostanziali differenze sono di aspetto estetico ed economico. Le canne fumarie a doppia parete inox-inox sono altamente impattanti sull’architettura dal punto di vista estetico e per tale ragione esistono dei limiti per il loro utilizzo, ad esempio negli interventi su edifici vincolati, nei centri storici o comunque in aree sulle quali siano prescritte determinate scelte progettuali e di finitura. La parete esterna in rame sopperisce a questi limiti garantendo inoltre una maggiore durabilità, tuttavia il pregio del materiale incide sul prezzo che risulta decisamente più caro; più versatile è la soluzione con parete esterna in acciaio elettrozincato verniciato. La zincatura dell’acciaio costituisce uno strato protettivo sul quale può essere applicata una verniciatura del colore che meglio si adatta alla specifica esigenza architettonica.
A livello costruttivo, tali canne fumarie sono costituite da elementi componibili mediante sistema d’innesto cosiddetto “a bicchiere” che ne semplifica l’assemblaggio e riduce i tempi di installazione; in corrispondenza degli innesti tra un componente e l’altro, sulla parete esterna, vengono poste delle fascette di giunzione atte a garantire la stabilità degli stessi alle sollecitazioni di tipo meccanico (dilatazioni termiche, fenomeni esterni).
Gli stessi innesti, infine, sono dotati, nei casi di funzionamento in pressione positiva e temperature fino ai 200°C, di guarnizioni siliconiche che vanno ad abbattere eventuali perdite di carico del valore della pressione durante il passaggio dei fumi. Nelle canne fumarie a doppia parete in metallo, alcuni fabbricanti dotano gli elementi di una flangia longitudinale di connessione saldata tra la parete interna e quella esterna per conferire loro una maggiore solidità.
È obbligatorio impiegare esclusivamente materiali in possesso di marcatura CE, secondo quanto previsto dal D.P.R. 246/03, decreto di recepimento della Direttiva Prodotti da Costruzione 89/106/CEE: la marcatura CE definisce le prestazioni (in termini di classe di temperatura, tenuta alla pressione, distanza da materiali combustibili, ecc.) che il prodotto è in grado di garantire in sicurezza.
Tali prestazioni sono identificate tramite la designazione di prodotto, la cosiddetta placca camino compilata ed apposta dall’installatore, che codifica le caratteristiche tecniche che il prodotto deve garantire durante il funzionamento. Introdotta per la prima volta dalla UNI EN 1443/2005 “Camini: requisiti generali” tale designazione di carattere generale dev’essere affiancata alla designazione rispetto alla norma armonizzata di prodotto corrispondente al materiale impiegato: UNI EN 1856 -1 e -2 per i materiali metallici, UNI EN 14471 per i materiali plastici e UNI EN 1457 per condotti ceramici.
Wednesday, October 13, 2021
Due "ARCHITETTI" alla Casa Bianca
Sopravissuto a kennedy e morto nel 2009 ..
Former Defence Secretary Robert McNamara died on Monday, aged 93. He will be remembered most as a leading architect of America's involvement in the Vietnam War.
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AFP - Robert McNamara, the US secretary of defense whose broad career as an industry leader and a global financial aid revolutionary was overshadowed by his role as key architect of the Vietnam war, died Monday aged 93, The Washington Post reported.
From 1961 to 1968, McNamara oversaw the escalation of US combat efforts in the highly divisive Vietnam war that became known as one of the biggest military blunders in US history -- and a war McNamara himself came to describe as "terribly wrong."
He was also an early advocate of counter-insurgency operations and a primary architect of Cold War nuclear policy.
A trained economist, he also helped turn around the Ford auto company in the post-World War II era and then used his talents to improve the image of the World Bank during his long tenure as president from 1968 to 1981.
Brilliant -- arrogant, some would say -- certain of himself and a whirlwind of energy, McNamara was a key member of president John F. Kennedy's cabinet, a team famously described as "The Best and the Brightest" in author David Halberstam's seminal book on the Vietnam war.
But in later years McNamara came to regret his Vietnam role, although he remained silent until the publication of his controversial 1995 memoirs "In Retrospect: The Tragedies and Lessons of Vietnam."
Top US officials "who participated in the decisions on Vietnam acted according to what we thought were the principles and traditions of this nation," McNamara wrote.
"We made our decisions in light of those values. Yet we were wrong, terribly wrong. We owe it to future generations to explain why."
But his term as defense secretary did not start out that way, when Kennedy asked McNamara, then 44, to be his defense secretary soon after the young president was elected.
"I don't object to its being called McNamara's war," he wrote of Vietnam in 1964. "I think it is a very important war and I am pleased to be identified with it and do whatever I can to win it."
Under McNamara's watch the US military role in Vietnam escalated from a few hundred Americans advising South Vietnam's military to some 17,000 soldiers by 1964.
And US involvement in the war escalated even more dramatically following the Gulf of Tonkin incident that year, in which, based on suspect intelligence reports, the US alleged North Vietnamese torpedo boats had fired on two US destroyers.
President Lyndon B. Johnson -- who took over when Kennedy was assassinated in 1963 -- ordered retaliatory air strikes on North Vietnam, and by mid-1968 the number of US soldiers sent to fight in Vietnam had risen to 535,000.
"If it was anyone's war in those early periods, it wasn't LBJ's war, it wasn't (top US general) Maxwell Taylor's war. It was McNamara's war," Barry Zorthian, who headed Vietnam operations for the US Information Service, the government's public diplomacy arm, told AFP Monday.
"He was very controversial," added Zorthian, who said he traveled in 1964 with McNamara from Saigon to Hue and witnessed the defense secretary's "can-do attitude" toward the war.
"His mood was upbeat. 'What do you need?'" Zorthian recalled McNamara saying. "'Whatever you need you'll get it.'"
By the time the war ended in 1975 more than 58,000 US soldiers had been killed, as well as more than three million Vietnamese from the North and South and around 1.5 million Laotians and Cambodians.
But McNamara had already left as defense secretary, increasingly at odds with the administration's policies.
"Although he loyally supported administration policy," reads his official Pentagon biography, "McNamara gradually became skeptical about whether the war could be won" by sending in more troops and intensifying the bombing.
McNamara "became increasingly reluctant to approve the large force increments requested by the military commanders," the biography reads.
After years of clashes with Johnson and the top military brass, and facing a growing anti-war movement at home, McNamara resigned in early 1968.
Robert Strange McNamara -- the odd middle name was his mother's maiden name -- was born June 9, 1916 in San Francisco, California, the son of a wholesale shoe firm sales manager.
He studied economics and philosophy at the University of California at Berkeley, then obtained a masters degree in business administration at Harvard.
McNamara entered the US Army Air Force in 1943. Weak eyesight prevented him from flying, so he worked at an office that analyzed the efficiency of US bombing raids.
After the war he was one of 10 ex-Air Force statisticians that Henry Ford II hired to turn around his automotive company. The team, dubbed the Whiz Kids, turned Ford into the second most popular US auto brand.
McNamara shot up the ranks and become company president -- the first ever outside of the Ford family -- in November 1960.
One month later he accepted the job as Kennedy's secretary of defense.
In 1968, when he left the Pentagon, McNamara went on to head the World Bank and "shaped the bank as no one before him," according to the institution's official biography.
During his tenure, which ended in 1981, McNamara focused the bank on representing the needs of its developing member countries and aggressively sought funding for development projects.
Tuesday, October 12, 2021
Incidente di esecuzione
3. Giudice dell’esecuzione e fenomeni di successione normativa incidenti sulla legalità della condanna. Un secondo ambito di ampliamento giurisprudenziale dell’incidente esecutivo coinvolge i casi in cui fenomeni di successione norma- tiva, non riconducibili alle tradizionali – e codificate – ipotesi di abrogazione o dichiarazione di incostituzionalità di una norma incriminatrice, mettano in di- scussione l’an – non soltanto la species o il quantum sanzionatorio – della con- danna irrevocabile.
Tramite un adattamento interpretativo dell’art. 673 c.p.p., un’ormai pacifica giurisprudenza, sul presupposto che il contrasto fra una norma incriminatrice nazionale e una norma di diritto UE si traduca – almeno nel caso in cui la seconda sia sopravvenuta alla prima – in un fenomeno di abolitio criminis, ri- conosce al giudice dell’esecuzione il potere di revocare la condanna, per il reato “comunitariamente” illegittimo, in adempimento dell’obbligo, fondato sull’art. 11 Cost., di disapplicare la norma che lo prevede41. Seppure il richiamo “di- retto” dell’art. 673 c.p.p. susciti qualche perplessità – data la differenza fra l’abrogazione, a cui la disposizione testualmente si riferisce, e la disapplica- zione42 –,l’interventoinexecutivistrovacomunquesolidofondamentonell’art.
40 V.,infra,§3.
41 Cass.,Sez.III,3giugno2014,n.30591,SeckTalla,inwww.cortedicassazione.it;Id.,Sez.I,23settembre 2011, Isoken, in DeJure; Id., Sez. I, 20 aprile 2011, Sall, in Cass. pen., 2011, 3763; Id., Sez. I, 28 aprile 2011, Tourghi, ivi, 2011, 3766.
42 Mentre, infatti, il primo istituto risolve un’antinomia attraverso il criterio cronologico, il secondo la risolve attrevareso il criterio gerarchico.
12
ARCHIVIO PENALE 2019, n. 3
2 co. 2 c.p., la cui lettera – «nessuno può essere punito per un fatto che, se- condo una legge posteriore, non costituisce reato e se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e tutti gli effetti penali» – lascia più ampi margini interpre- tativi43: ben possono qualificarsi ‘legge’, infatti, gli atti normativi comunitari, e finanche le sentenze della Corte di Giustizia, alle quali cui il nostro Giudice delle leggi ha riconosciuto efficacia erga omnes e rango para-legislativo44. Nulla osta, allora, a individuare per via analogica nell’art. 673 c.p.p. il canale proces- suale dell’intervento del giudice esecutivo: non si tratta, infatti, di applicare per analogia un rimedio post-iudicatum – operazione certamente non consentita – , ma di applicare per analogia ad un intervento post-iudicatum, comunque le- gislativamente previsto nell’an, la disciplina più adatta a calibrarne il quomodo, ciò che, in una prospettiva di favor rei, appare pienamente legittimo45.
Di un’estensione della portata dell’art. 673 c.p.p. si è peraltro discusso – e si sta ancora discutendo – anche con riguardo alla condanna in contrasto col prin- cipio convenzionale di legalità penale, con particolare riguardo al caso in cui il conflitto, fra la norma incriminatrice interna e l’art. 7 CEDU, discenda dalla valenza che, sul piano convenzionale, è attribuita a fenomeni “successori” – in mitius o in peius – di mera fonte giurisprudenziale, in ragione della nozione autonoma di law – comprensiva appunto del diritto giurisprudenziale – adottata a Strasburgo.
Sul fronte della retroattività in mitius la Corte costituzionale, come è noto, ha bloccato sul nascere il tentativo di estendere l’art. 673 c.p.p. all’abolitio criminis di matrice giurisprudeziale, escludendo che tale disposizione, in quanto «non prevede l’ipotesi di revoca della...condanna...in caso di mutamento giurispru- denziale – intervenuto con decisione delle Sezioni Unite della Corte di cassa- zione – in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge penale come reato», confligga, fra l’altro, con gli artt. 25 co. 2 Cost., 117 Cost. e 7 CEDU. In termini decisamente tranchant, la Corte ha fatto leva, oltreché su una certa
43 DEAMICIS,L’efficaciadirettadelladirettivacomunitariasuirimpatrinell’ordinamentointerno,inCass. pen., 2011, 3773; MASERA - VIGANÒ, Addio all’art. 14: nota alla sentenza El Dridi della Corte di Giustizia UE in materia di contrasto all’immigrazione irregolare, in Rivista AIC, 2011, n. 3, 14.
44 Fralealtre,Cortecost.n.113del1985eId.n.389del1989.Indottrina,VIGONI,Relativitàdelgiudicato ed esecuzione della pena detentiva, Milano, 2009, 192.
45 Dopoavernenegatol’applicazionediretta,ritengonol’art.673applicabileperanalogiaCass.,Sez.I,20 gennaio 2011, Titas Lucas, in DeJure; Id., Sez. VII, 6 marzo 2008, Bujilab, in Mass. Uff., n. 239960. In dottrina GAMBARDELLA, Lex mitior e giustizia penale, Torino, 2013, 218 ss.; MANGIARACINA, Quale sorte per il giudicato nazionale a fronte di un revirement delle Sezioni unite?, in Dir. pen. proc., 2013, 1100.
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ARCHIVIO PENALE 2019, n. 3
ambiguità della giurisprudenza di Strasburgo46, da un lato, sulla diversa portata del principio convenzionale di legalità penale rispetto all’omologo principio costituzionale – dato che solo quest’ultimo è comprensivo del principio di ri- serva di legge formale –, dall’altro, sul principio di soggezione del giudice alla sola legge, il quale sarebbe gravemente minato se il giudice esecutivo, in virtù dell’intervento additivo richiesto, fosse tenuto a revocare la condanna a fronte di una decisione “abolitiva” delle Sezioni unite che, seppure non condividesse, non avrebbe alcuna possibilità di contestare47.
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