Thursday, May 26, 2022
todbs.it
Il settore delle telecomunicazioni gioca un ruolo strategico per lo sviluppo del sistema economico nazionale ed europeo. La principale voce di costo di tali progetti è costituita dalle opere civili. Basti pensare che per l’Italia l’investimento necessario per la realizzazione di reti a banda ultralarga da 30 a 100 Mbps è stato valutato tra i 7 e i 15 miliardi di euro, a seconda della tecnologia utilizzata, il 70% del quale si riferisce ai costi degli scavi.
Un passo in avanti verso l’ottimizzazione dei costi delle reti di telecomunicazione di nuova generazione (NGN) è stato compiuto con l’emanazione, lo scorso 29 settembre, del Decreto scavi, che contiene le specifiche tecniche delle operazioni di scavo e ripristino per la posa di infrastrutture digitali nelle infrastrutture stradali. Un provvedimento fortemente voluto dal Ministero dello Sviluppo Economico, che dà attuazione al decreto Crescita 2.0 (DL 179/2012) e che prevede notevoli semplificazioni per la posa della fibra ottica.
Lo spirito del documento, entrato in vigore lo scorso 2 novembre, è, infatti, favorire l’installazione delle infrastrutture digitali anche attraverso metodologie di scavo a limitato impatto ambientale, nel rispetto di quanto previsto dal Codice delle Comunicazioni elettroniche, dal comma 3 dell’articolo 231 del Codice della Strada e dalla delibera n. 622/11/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Il decreto è diviso in sezioni a seconda della tecnologia utilizzata (minitrincea, perforazione orizzontale e scavo tradizionale) e in base all’infrastruttura stradale: urbana, extraurbana e autostrade. Per salvaguardare la sicurezza delle strade, le infrastrutture digitali dovranno essere installate prioritariamente all’esterno della carreggiata, in posizione tale da non inficiare il funzionamento dei dispositivi di ritenuta eventualmente presenti e salvaguardare tutte le altre opere strutturali. Nel caso di impossibilità tecnica nell’utilizzo del marciapiede e della banchina è consentito lo scavo in carreggiata, che dovrà essere realizzato il più vicino possibile al margine. Attenzione è riservata anche alla salvaguardia dell’estetica delle strade, che dovrà essere ripristinata utilizzando gli stessi materiali.
La minitrincea
Un aspetto centrale del decreto è la regolazione dell’utilizzo della minitrincea, una tecnica di scavo a basso impatto ambientale che, grazie alla creazione di trincee di 5 cm di larghezza per una profondità di 30 cm, a fronte di dimensioni di 40 x 100 cm dei sistemi di scavo tradizionali, consente di abbattere drasticamente tempi e costi delle operazioni di posa. Con questa tecnica, infatti, la velocità di posa in ambito urbano è di circa 150 m al giorno, con costi che vanno dai 18 ai 23 euro/m, compresi di ripristino del manto stradale, contro una velocità di avanzamento di 20 m giorno per un costo di circa 45-55 euro/m dei sistemi tradizionali.
Il decreto sottopone l’utilizzo della minitrincea a determinate condizioni. In particolare, si può ricorrere a questa tecnica se la quota altimetrica prevista per l’estradosso della struttura di contenimento dell’infrastruttura digitale sia almeno di 25 cm, nel caso di posizionamento nella banchina non pavimentata o nel marciapiede, e non inferiore a 40 cm, in modo da non creare vincoli alle operazioni di manutenzione della strada. In ambito urbano, invece, nel caso di piattaforma pavimentata, basta garantire un ricoprimento minimo della struttura di contenimento dell’infrastruttura digitale pari a 35 cm.
«Si tratta di un provvedimento importante – commenta Achille De Tommaso, presidente di ANFoV, Associazione per la convergenza nei servizi di comunicazione, che raggruppa oltre 30 realtà del settore -. Tuttavia, esprimere un giudizio completamente positivo sul decreto non è possibile. Sicuramente è da sottolineare la buona volontà dimostrata dal legislatore nel cercare di regolare un tema rimasto in sospeso dal 1998, più o meno la data di inizio della liberalizzazione del settore».
Le principali perplessità riguardano la regolamentazione dell’uso della minitrincee, in particolare la limitazione del ricorso a questa tecnica solo sui marciapiedi e il divieto di impiego in carreggiata. «Una scelta inefficiente e pericolosa, dal momento che proprio sotto i marciapiedi “viaggia” già la maggior parte dei sottoservizi – prosegue De Tommaso -. Ciò rende sempre più difficoltoso trovare spazio per le reti in fibra, e talvolta molto difficoltoso non causare danni alle infrastrutture esistenti, rallentando enormemente il lavoro».
Wednesday, May 25, 2022
Riporto qui di seguito le immagini di Kenneth con i commenti per renderli fruibili anche a chi non mastica l’inglese.
Questo è l’oggetto in questione:
Non si tratta di un transceiver di ultima generazione, nel novembre 2018 Finisar aveva diramato un comunicato di end of life del modello a partire da luglio 2019.
Si tratta di un transceiver che opera con quattro frequenze (colori) attorno ai 1310 nm e dispone di due connettori LC, uno per la ricezione e l’altro per la trasmissione, e un connettore QSFP lato switch.
Al momento della prima redazione di questo articolo (dicembre 2021), su eBay è possibile acquistare questo articolo ad un prezzo attorno ai 1.000 dollari.
Ma passiamo alla parte interessante, alla vera pornografia.
(c) by Kenneth Finnegan
Ecco come si mostra il transceiver aperto, in grigio la pasta termica che collega termicamente la componentistica al guscio esterno per regolare il calore, aspetto molto importante per il corretto funzionamento, come vedremo dopo.
A sinistra la parte ottica (trasmissione in alto) con i due connettori LC e a destra l’elettronica con l’interfaccia QSFP verso lo switch. Di solito i connettori più lunghi sono quelli che portano la massa o dei segnali di rilevamento per far capire allo switch che sta per essere connesso qualcosa su quella porta.
(c) by Kenneth Finnegan
Una volta rimossa la pasta conduttiva, il dettaglio dei componenti è questo, con evidenziato il flusso dei dati. Riconosciamo la parte ottica, più piccola, di ricezione (ROSA, receiver optical sub-assembly), la parte di trasmissione ottica (TOSA, transmitter optical sub-assembly) e la parte superiore del circuito stampato elettronico con i due chip che fanno da retimer.
Il retimer (approfondimento in inglese) è sostanzialmente un chip che ricostruisce il segnale in modo ottimale in modo tale che la sua elaborazione successiva sia la più agevole possibile. Compito del retimer è anche di [de]serializzare il segnale.
(c) by Kenneth Finnegan
Qui notiamo un particolare interessante: ci sono due linee separate di trasmissione per ognuna delle componenti ottiche. Questo permette di tenere separati i dati veri e propri dal resto dei segnali di controllo e dall’alimentazione per ridurre i disturbi.
(c) by Kenneth Finnegan
Nella parte elettronica opposta ai retimer ci sono i componenti di controllo e di alimentazione.
Al centro fa la sua bella mostra un STM32F103C6, un Cortex M-3 con 32k di flash e 10 k di SRAM. Lo scopo di questo chip è di dialogare con lo switch sull’interfaccia QSFP su un bus I2C per scambiare dati di servizio come telemetria e le informazioni del transceiver oppure per aggiornare il firmware del transceiver. Difficile pensare che si possa flashare un firmware che legge o modifica i dati, in quanto la velocità di trasmissione del dispositivo è troppo elevata per le capacità di elaborazione del Cortex.
Questo chip ha un aspetto metallico perché è un pezzo di silicio senza la corazza esterna in plastica realizzato con la tecnica del flip-chip.
Il resto della componentistica su questo lato del circuito stampato è essenzialmente un regolatore di tensione. Il componente più alto con i lati arrotondati in basso a sinistra è l’induttore.
(c) by Kenneth Finnegan
Qui inizia la parte davvero bella: ecco il modulo di trasmissione (TOSA) in tutta la sua gloria.
Partendo da sinistra vediamo le quattro linee dati che entrano nel chip nero di controllo dei laser, i quattro componenti verdi. Appena dopo si riconoscono quattro lenti di focalizzazione (grigie) e una singola lente di focalizzazione viola-azzurra. Le parti ottiche trasparenti con delle sbarre sono dei prismi che servono a convogliare i quattro laser su un unico punto di uscita.
Nella parte superiore di fronte alla prima lente grigio scuro si nota un componente con quello che sembra un punto di saldatura. Si tratta di un diodo che funge da sensore di temperatura, in quanto la tensione di giunzione del diodo varia al variare della temperatura. A parte una rilevazione telemetrica della temperatura, il sensore serve a fornire informazioni al chip a sinistra che controlla due celle di Peltier, le due cose a forma di U a sinistra della lente azzurra. La parte TOSA lavora, infatti, a temperatura costante perché la minima dilatazione o contrazione termica potrebbe causare problemi di allineamento dei laser.
(c) by Kenneth Finnegan
Questa è la ricostruzione presunta dei percorsi dei quattro fasci laser dagli emettitori verso il connettore LC attraverso i prismi.
(c) by Kenneth Finnegan
La parte di ricezione è meno interessante, la parte nera a destra sembra essere un insieme di prismi per separare i quattro fasci, purtroppo non è possibile disassemblare la parte ottica per vedere i dettagli.
Sulla sinistra i quattro sensori dei fasci e le linee dati verso la parte elettronica.
Come detto in apertura, stiamo parlando di una tecnologia non nuovissima, quindi i GBIC ad alta velocità di ultima generazione potrebbero essere ancora più bizzarri.
Se avete osservazioni che possono chiarire meglio aspetti su cui ho sorvolato, aggiungetele pure nei commenti.
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