Thursday, June 26, 2025

TEORIA DI COULOMB e i CALCOLI DELLA SPINTA ATTIVA

NUOVO CODICE DEGLI APPALTI

PALI PER RINFORZO STRADALE

Ponte Morandi e il ruolo dell'Arch. Roberto Ferrazza nella vicenda

Le vittime del Ponte Morandi non trovano pace ed è come se lo Stato facesse di tutto per disonorare il loro nome. E oggi un'altra figuraccia del governo che macchia la memoria delle 43 persone morte nel Polcevera. Un nome: Roberto Ferrazza. Ai più non dice nulla, ma questo signore fa parte di quegli oltre 70 indagati. Ferrazza è un architetto ed è attualmente provveditore interregionale per le opere in Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria. Il suo nome compare a pagina 43 dell'atto numero 241 che il governo ha sottoposto al parere della Camera dei deputati. È lo schema del decreto che individua le opere pubbliche da commissariare e i nomi dei commissari. Tra i quali, appunto, quello di Ferrazza. Un indagato per il crollo del Morandi. A lui, in qualità di commissario, verrebbero affidate la ristrutturazione della caserma Ilardi di Genova e una serie di altre ristrutturazioni di commissariati e caserme a Torino. È pur vero che l'iscrizione nel registro degli indagati non preclude la nomina a commissario (Ferrazza, come riferiscono sempre fonti di governo «è indagato per omesso controllo, non è rinviato a giudizio»). Eppure, il ministero dei Trasporti non è sempre stato accondiscendente nei confronti di Ferrazza. Nominato a capo della commissione d'inchiesta sul crollo del viadotto dall'allora ministro Danilo Toninelli, il 23 agosto 2018, pochi giorni dopo la sciagura, viene rimosso. Per generici «motivi di opportunità», si disse. Ferrazza rilascia un'intervista al Corriere della Sera dove denuncia la congiura nei suoi confronti. Oggi ritorna in auge. L'Huffington Post riferisce che fonti di governo dicono che «sulle opere del ministero degli Interni, abbiamo concordato con la ministra Lamorgese che i poteri venissero assegnati ai provveditori dove territorialmente si trovano le caserme. Ferrazza è provveditore per le opere pubbliche della Liguria».

Giuseppe Samonà incontrato tra i corridoi del Politecnico nel 1982 prima che lui passasse a Venezia

Prof. Ingegnere - Architetto Enzo Siviero e il Ponte sullo stretto di Messina

Giornale dei Lavori

Diagramma di Gant

Wednesday, June 25, 2025

IL VERO GABRIELE D'ANNUNZIO

Gabriele D'Annunzio, allo stato civile Gabriele d'Annunzio[2] (Pescara, 12 marzo 1863 – Gardone Riviera, 1º marzo 1938), è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano, simbolo del decadentismo e dell'estetismo[3] e celebre figura della prima guerra mondiale[4][5], dal 1924 insignito dal re Vittorio Emanuele III del titolo di Principe di Montenevoso. Soprannominato il Vate (allo stesso modo di Giosuè Carducci), cioè "poeta sacro, profeta", cantore dell'Italia umbertina, o anche "l'Immaginifico", occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. È stato definito «eccezionale e ultimo interprete della più duratura tradizione poetica italiana».[6][7] Come figura politica, lasciò un segno nella sua epoca ed ebbe un'influenza notevole sugli eventi che gli sarebbero succeduti.[8] La sua arte fu così determinante per la cultura di massa, che influenzò usi e costumi nell'Italia – e non solo – del suo tempo: un periodo che più tardi sarebbe stato definito, appunto, dannunzianesimo.[9] Biografia (latino) «Hoc habeo quodcumque dedi.» (italiano) «Io ho quel che ho donato.» (Motto dannunziano[10]) La famiglia e gli anni di formazione La casa natale di Gabriele D'Annunzio a Pescara Gabriele D'Annunzio a 7 anni Nacque a Pescara Vecchia, in corso Manthoné, il 12 marzo 1863 da una famiglia borghese benestante. Terzo di cinque figli, visse un'infanzia felice, distinguendosi per intelligenza e vivacità. Dalla madre, Luisa de Benedictis (1839-1917), erediterà la fine sensibilità; il temperamento dal padre, Francesco Paolo Rapagnetta-D'Annunzio (1838-1893). Il padre Francesco aveva acquisito nel 1851 il cognome D'Annunzio aggiungendolo al proprio, traendolo dal cognato della madre Rita Olimpia Lolli, cioè lo zio acquisito Antonio D'Annunzio che sposato con Anna Giuseppa Lolli non aveva avuto eredi a causa dell'infertilità della moglie e per questo aveva lasciato l'eredità ai Rapagnetta che invece avevano avuto 8 figli, tra cui il padre di Gabriele. Riguardo all'infanzia del poeta, qualche detrattore fece l'ipotesi che il suo nome fosse Gaetano Rapagnetta e fosse un orfano adottato dai D'Annunzio; in realtà era già il padre a chiamarsi Rapagnetta-D'Annunzio, avendo aggiunto legalmente con relativo Atto di Adozione della Corte Civile de L’Aquila del 1851, il cognome d'adozione al suo cognome di nascita. Sembra che il nome "Gabriele" fosse forse stato scelto in onore del fratello dello zio, morto in mare.[11] Per quanto riguarda il cognome del futuro Vate, in ogni suo documento ufficiale ed estratto di nascita apparirà unicamente come d'Annunzio, anche se non è per nulla chiaro il motivo per cui sia sparito il doppio cognome comprendente il cognome originale di cui non si ha più traccia. Il padre Francesco aveva un carattere e temperamento sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel contrarre debiti, che in effetti portarono la famiglia da una condizione agiata a una difficile situazione economica. Reminiscenze della condotta paterna, la cui figura è ricordata nelle Faville del maglio e accennata nel Poema paradisiaco, sono presenti nel romanzo Trionfo della morte.[12] Ebbe tre sorelle, cui fu molto legato per tutta la vita, e un fratello minore[13]: Anna (Pescara, 27 luglio 1859 - Pescara, 9 agosto 1914); Elvira (Pescara, 3 novembre 1861 - Pescara, 1942); Ernestina (Pescara, 10 luglio 1865 - Pescara, 1938); Antonio (Pescara, 1867 - New York, 1945), direttore d'orchestra, si trasferì negli Stati Uniti dove fece l'insegnante di oboe, ma subì un tracollo finanziario nella crisi economica del 1929; Gabriele lo aiutò finanziariamente con alcuni prestiti, ma le continue richieste di denaro spinsero Gabriele a rompere i rapporti e a rifiutare di incontrarlo al Vittoriale. Il giovane D'Annunzio non tardò a manifestare un carattere ambizioso e privo di complessi e inibizioni, portato al confronto competitivo con la realtà. Ne è testimonianza la lettera che, ancora sedicenne, scrisse nel 1879 a Giosuè Carducci, il poeta più stimato nell'Italia umbertina,[14] mentre frequenta il liceo al prestigioso istituto Convitto Cicognini di Prato. Nel 1879 il padre finanziò la pubblicazione della prima opera del giovane studente, Primo vere, una raccolta di poesie che ebbe presto successo.

Pier Luigi Nervi e figli

Stadio Flaminio, 1956-1959, con Antonio Nervi Realizzato sullo stesso perimetro del preesistente Stadio Nazionale, poi Torino, progettato da Marcello Piacentini nel 1911, il nuovo impianto viene affidato alla Ingg. Nervi e Bartoli a seguito di un appalto concorso aggiudicato ad aprile del 1957. Il progetto, firmato da Pier Luigi e dal figlio maggiore Antonio, è ritenuto il più valido dal punto di vista funzionale, statico e architettonico ma soprattutto economico, essendo l'offerta di Nervi (810 milioni di lire) assai più bassa di quella delle altre ditte partecipanti.
Lo Stadio, da 50000 posti di cui più della metà in piedi, è concepito con grande rigore: un anello di gradinate circonda il campo da gioco e funziona anche come copertura inclinata per i suggestivi spazi sottostanti, che accolgono 5 palestre, una piscina e tutti i servizi. La composizione è risolta iterando 92 telai in cemento armato a due cerniere, perfettamente disegnati e lasciati ben in vista, senza finiture, collegati direttamente dai gradoni prefabbricati a sagoma cava, che oltre alle sedute disegnano anche i soffitti a fasce delle palestre. La pensilina, che copre il rettifilo della tribuna d'onore, è un capolavoro geometrico- costruttivo: la sagoma dello sbalzo si snellisce con continuità dall'incastro all'estremità libera, per effetto dell'elegante superficie rigata. Il cantiere comincia il 10 luglio 1957. I lavori durano solo 500 giorni, applicando il Sistema Nervi. Mentre sul sito si realizzano i pali di fondazione e si gettano in opera i telai - sfruttando sempre le stesse casseforme adattate in altezza -, a fianco, in parallelo, si organizza il cantiere di prefabbricazione dei gradoni e dei conoidi della pensilina, che sforna migliaia di pezzi (di media 35 al giorno). Il 18 marzo 1959 l'opera è inaugurata ufficialmente, con la partita di calcio dilettantistico Italia - Olanda. Adresse Piazza Maresciallo Pilsudski, 00196 Roma, Italy.