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Wednesday, September 17, 2025
APE
La validità legale di un Attestato di Prestazione Energetica (APE) è di massimo 10 anni dalla data di registrazione, ma questa durata è condizionata al mantenimento delle prestazioni energetiche dell'immobile e al rispetto degli obblighi di manutenzione degli impianti. L'APE deve essere aggiornato in caso di modifiche che influiscono sull'efficienza energetica (come la sostituzione di infissi o della caldaia) o se gli impianti non vengono sottoposti alla regolare manutenzione prevista.
Testosterone che va a mille
A che cosa serve il testosterone nella donna? Perché, a giuste dosi, la può rendere sessualmente vivace ad ogni età e “più morbida”, anche dopo la menopausa? Il testosterone è l’ormone maschile per eccellenza, è noto. Pochi sanno, tuttavia, che anche le donne hanno il testosterone, seppure a livelli dieci volte inferiori a quelli dell’uomo, ma sufficienti a svolgere azioni biologiche potenti per la salute, la sessualità e come “anti-age”. Nella donna normale in età fertile i livelli di testosterone sono addirittura più alti di quelli degli estrogeni, soprattutto nella prima metà del ciclo.
Questo bell’ormone è prodotto dall’ovaio, che contiene le cellule di Leydig, identiche a quelle che lo producono nei testicoli. In più è prodotto dal tessuto adiposo, che non è affatto un lardo inerte, ma una potente ghiandola endocrina. Il nostro amico testosterone stimola il cervello a funzionare al meglio: per agire, anche nel cervello dell’uomo viene trasformato in estrogeni. Interessante, no? Sui fondamentali siamo meno diversi di quanto si pensi: uomini e donne hanno in comune 44 cromosomi su 46, e sono diversi solo per la coppia di cromosomi che determinano il sesso (XX per le femmine, XY per i maschi). A livello sessuale, sul cervello il testosterone ha azioni biologiche simili, che si differenziano per intensità (data la diversità di livelli nel sangue e nei tessuti), ma non per caratteristiche. Sul cervello di entrambi aumenta il desiderio, l’eccitazione, la responsività agli stimoli sessuali, in particolare ai feromoni, sostanze sessualmente attraenti che condizionano i nostri comportamenti erotici. Nella donna aumenta in fase ovulatoria, per renderla più disponibile alle avances di un uomo, possibilmente desiderabile, per aumentare le chances di concepimento. L’evoluzione ha pensato alla procreazione e tutta la biologia gira in funzione di questo comando evolutivo millenario. A livello dei genitali, il testosterone agisce sui corpi cavernosi, strutture vascolari specializzate che si riempiono di sangue durante l’eccitazione, in modo identico in uomini e donne. Solo che nell’uomo sono circondati da una tunica rigida, non distensibile: l’”albuginea”. Ecco perché la congestione, nell’eccitazione, determina un netto aumento di pressione all’interno dei vasi: è questo che, per pure ragioni biomeccaniche, determina l’erezione. Nella donna, quando scatta l’eccitazione, i corpi cavernosi si congestionano nello stesso modo: siccome però non sono circondati e contenuti dall’albuginea, la congestione sessuale aumenta il godurioso gonfiore genitale (“vulvare”) e la morbidezza avvolgente sia dell’entrata vaginale (“vestibolo”) sia del famoso punto G, per le fortunate che l’hanno ben sviluppato (è un residuo embrionale della prostata).
Nella donna il testosterone è massimo a 18-20 anni: ecco perché il desiderio va a mille. A cinquant’anni si è ridotto già del 50% (e dell’80% se la donna ha avuto l’asportazione delle ovaie). Qual è il punto? Per millenni la morte ha anticipato la menopausa. Solo cent’anni fa, l’età media delle donne italiane era 48 anni. L’innaturale è aver conquistato ben 37 anni in così poco tempo, visto che ora l’età media per le italiane è di 85. Senza testosterone, e senza estrogeni, il cervello è più a rischio di Alzheimer, dato dimostrato da solidi studi su donne che avevano avuta una menopausa precoce chirurgica e non avevano assunto né estrogeni, né testosterone. Ma anche i genitali piangono. In parallelo alla caduta dei livelli di testosterone dai vent’anni in poi, i corpi cavernosi iniziano una silenziosa involuzione: a cinquant’anni abbiamo già perso il 50%. Ecco perché l’intensità della congestione genitale si riduce, aumentano secchezza e dolore, e si riduce il piacere. Per molte donne l’orgasmo diventa così difficile, da far dire: «Il mio clitoride è morto!». Ecco la notizia: può resuscitare! Come? Con una tempestiva terapia ormonale locale a base di testosterone (di estrazione vegetale, o sintetico), su prescrizione medica non ripetibile, se non esistono controindicazioni. Questo ormone agisce anche sui fibroblasti, i nostri operai “costruttori” di collagene, elastina e mucopolisaccaridi: i tessuti genitali ringiovaniscono dal punto di vista biologico, strutturale e sessuale, a tutto spessore, diventando più morbidi e “paffuti”. Altro che laser o silicone. Con un partner piacevole, tutta la risposta sessuale va a mille. E quando la donna è appagata, diventa più morbida e sorridente, ad ogni età. Una gatta felice che fa le fusa.
Tuesday, September 16, 2025
Abolizione della proprietà privata ? Cerchiamo di fare luce
Abolizione della proprietà privata
Cosa significa oggi abolizione della proprietà privata? Per pensare questo concetto -che per Engels e Marx costituiva la cifra della società comunista- occorre confrontarsi con i nuovi regimi di “enclosures” e di appropriazione che si sono estesi fino a coinvolgere la realtà digitale e gli spazi urbani. In questo contesto rivendicare l’inappropriabilità dei “commons” significa mettere in crisi le nuove forme di proprietà
«Il comunismo non è l’abolizione della proprietà in generale, ma, piuttosto, l’abolizione della proprietà borghese». Marx ed Engels ci invitano così, in via preliminare, alla distinzione storica e concettuale della proprietà privata borghese dalle altre forme di proprietà. Tali forme, si noti bene, non si collocano – necessariamente – su un piano di successione temporale, essendo possibile una loro compresenza in una medesima epoca storica.
Pensiamo, ad esempio, allo scritto di Marx, pubblicato nel 1842 sulla Gazzetta Renana e dedicato alla critica della legge sui furti di legna. La repressione di un diritto d’uso comune in capo alle popolazioni dei «nullatenenti», contro cui Marx si scagliava, era l’indice di una differenziazione interna alla formazione giuridica: alla proprietà feudale, ancora vigente nella Confederazione tedesca, ad eccezione della Renania, si opponeva il regime di legalità borghese, sancito nel Codice napoleonico del 1804 come diritto al godimento illimitato del soggetto sulla cosa, fino al suo abuso.
Non basta però ricostruire il pluralismo delle forme proprietarie – potremmo dire, la variazione nello spazio e nel tempo della serie uso-possesso-proprietà. Il Manifesto individua una tendenza e una forma egemone, la proprietà borghese, e ne qualifica lo statuto, formale e materiale, in quanto «espressione della produzione e dell’appropriazione dei prodotti basata sugli antagonismi di classe».
Eccoci di fronte a ciò che, più tardi nel tempo, Carl Schmitt designerà come i tre significati del nomos: la proprietà – la divisione giuridica del «mio» e del «tuo» – è legata a doppio filo al concetto di appropriazione, da un lato, e di produzione, dall’altro. A differenza di Schmitt, però, qui non si tratta di rinvenire una presunta struttura originaria del diritto o di stabilire tra le tre istanze un mero «ordine di successione». Si tratta, invece, di indagarne l’articolazione, come presupposto e come risultato dell’antagonismo tra le classi. Per questa ragione, proprietà e divisione sociale del lavoro sono termini identici, come Marx ed Engels avevano affermato nell’Ideologia tedesca.
La definizione giuridica della proprietà risulta perciò inseparabile dalla ricostruzione della sua genesi. In ogni formazione sociale, in ogni modo di produzione, è cruciale la ricerca della corrispondenza, o della non corrispondenza, tra le forze produttive e i rapporti sociali di produzione. Così, la proprietà da legge eterna si fa rapporto sociale, o più precisamente rapporto sociale di produzione. Tale rapporto ha una particolare connotazione: esso determina una separazione.
Nei Manoscritti economico-filosofici questa separazione si dice estraniazione: il prodotto del lavoro appare all’operaio come un potere estraneo, per il semplice fatto che ciò che l’operaio ha prodotto appartiene a un altro da lui, il capitalista.
È sempre una separazione – del produttore dai suoi mezzi di produzione – a definire le condizioni di possibilità dell’accumulazione capitalistica. La piccola proprietà privata fondata sul lavoro personale viene sostituita dalla proprietà privata capitalistica, fondata sullo sfruttamento del lavoro altrui. Il lavoratore viene così distaccato dalla terra, che va intesa sia come strumento originario di lavoro, sia come suo «laboratorio naturale», sia come serbatoio delle materie prima (si vedano le Forme di produzione precapitalistiche).
Espropriazione dei produttori, appropriazione capitalistica. A questa separazione originaria, che costituisce il «segreto» dell’accumulazione, se ne aggiunge una seconda che si rinnova ogni giorno nel processo di lavoro: l’appropriazione di plusvalore da parte del capitalista.
Tra il Capitale e i Grundrisse, l’abolizione della proprietà borghese equivale a un’appropriazione collettiva: dei mezzi di produzione, del processo produttivo, delle stesse forze produttive. Questa seconda appropriazione – appropriazione reale e materiale della ricchezza sociale – si dà nell’analisi del processo di lavoro e va tenuta distinta dall’appropriazione in senso strettamente giuridico, dall’appropriazione come condizione fenomenica della proprietà privata.[1]
Come si ridefinisce oggi il problema dell’abolizione della proprietà borghese? Come separare, in via conclusiva, la relazione di appropriazione reale dalla relazione di proprietà? Com’è noto, per Marx, lo stesso processo di crescente centralizzazione dei mezzi di produzione e di socializzazione del lavoro, a un certo livello di sviluppo, sarebbe entrato in «contraddizione» con la forma capitalistica. Nell’intreccio di lotta di classe e di ristrutturazione capitalistica, sarebbe suonata l’ora della proprietà privata capitalistica.
Guardando al contesto odierno non sembra che l’ora sia ancora suonata. Di fronte alle modificazioni del modo di produrre e delle soggettività del lavoro vivo, la proprietà, per riprodursi in quanto rapporto, ha dovuto superare sé stessa. Così, alla funzione sociale della proprietà, tipica del welfare state, si sostituisce una variante dispotica del dominio, la proprietà intellettuale, tanto pervasiva quanto aleatoria.
Essa tende a unificare, sotto il segno dell’esclusivismo, le differenti forme di tutela giuridica della creazione e dell’invenzione: il diritto d’autore, il copyright e i brevetti. Il suo affermarsi, a partire dagli anni Ottanta, ha inaugurato il «secondo movimento di enclosures», investendo tanto il settore industriale quanto la ricerca scientifica, per poi estendersi alla privatizzazione del welfare e del vivente.
L’architettura del codice proprietario – nel software, nelle reti sociali, nelle piattaforme, nei processi di dataware – supera la tradizionale mediazione statuale, poiché è dotata di normatività autonoma: Code is law, secondo la celebre formula di Lawrence Lessig. L’internet degli oggetti (internet of things) ci indica come questa forma proprietaria non sia relegabile alla sola sfera dell’immateriale, tendendo a investire l’insieme delle relazioni sociali, nello spazio urbano, nell’organizzazione del processo produttivo, nei rapporti di lavoro, nelle forme di distribuzione e di consumo.
Il programma di abolizione della «proprietà borghese» si ridefinisce e si rinnova oggi a questo livello. Con una precisazione importante: all’abrogazione del regime della proprietà intellettuale vanno fatti corrispondere regimi giuridici di common property fondati sullo stesso grado di autotutela raggiunto dal codice proprietario, regimi che consentano di sfuggire alla trappola delle res nullius, le cose appartenenti «a nessuno», dunque liberamente appropriabili. Appropriazione del comune significa dunque istituzione di regimi di inappropriabilità, al fine di preservare ciò che è prodotto in comune dalla sua espropriazione capitalistica. Esperimenti che già avvengono sul terreno della produzione dei commons urbani e digitali.
Sunday, September 14, 2025
il calendario Civile
L'affermazione che il calendario si ripeta ogni 33 anni è falsa per quanto riguarda il calendario gregoriano, che non si ripete in modo identico ogni 33 anni, ma presenta un ciclo più complesso a causa degli anni bisestili. Tuttavia, esiste un concetto di ciclo di 33 anni legato alle celebrazioni del Giubileo, istituite da Papa Bonifacio IX nel 1389, o al significato attribuito da Rudolf Steiner ai cicli di 33 anni in ambito sociale.
Il Calendario Gregoriano
Il calendario che usiamo comunemente oggi, il calendario gregoriano, non si ripete esattamente ogni 33 anni.
Si ripete ogni 400 anni con grande precisione, ma un calendario specifico può ripetersi anche in altri intervalli, ad esempio, il calendario del 2025 si è ripetuto in diversi anni precedenti (come il 2014) e si ripeterà in anni futuri, ma non con una periodicità fissa di 33 anni.
Questo perché la durata degli anni (365 o 366 giorni) e l'introduzione degli anni bisestili influenzano la sequenza dei giorni della settimana
Il Ciclo di 33 anni e il Giubileo
Il numero 33 è importante perché Papa Urbano VI, tramite la bolla Salvator noster Unigenitus, stabilì che le celebrazioni del Giubileo dovessero avvenire ogni 33 anni, anticipando così il primo Giubileo straordinario al 1390.
Il Significato Filosofico di 33 anni
Per Rudolf Steiner, pensatore e fondatore dell'antroposofia, il ciclo di 33 anni ha un'importanza profonda, rappresentando un ritmo che influisce sul ruolo dell'individuo nella società e nel modo in cui le sue azioni e i suoi pensieri si ripercuotono sulla collettività dopo 33 anni.
Saturday, September 13, 2025
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